Ci sono diversi modi di intendere questa risposta di Gesù.
- Ricerche recenti suggeriscono che le usanze funerarie nelle vicinanze di Gerusalemme dal 20 a.C. al 70 d.C. determinarono una ricollocazione delle delle ossa un anno dopo la sepoltura iniziale, quando la carne cominciava a marcire. A quel punto il figlio avrebbe riposto le ossa del padre in una speciale scatola nota come ossario da incastonare nel muro della tomba. In questo caso, Gesù potrebbe benissimo rimproverare l'uomo per aver voluto aspettare fino a un anno prima di impegnarsi a seguirlo. Nella cultura ebraica del I secolo, aver seguito Gesù piuttosto che seppellire il proprio padre avrebbe gravemente disonorato il proprio padre (cf. Tb 4,3-4).
- La risposta di Gesù sarebbe un’idioma (forse un detto proverbiale) che significa: «La questione in questione non è il vero problema», nel qual caso Gesù starebbe facendo un gioco di parole sulla formulazione della richiesta (letterale) dell'uomo, mettendolo in discussione e provocandolo.
- Questa osservazione potrebbe essere un riferimento simbolico a vari tipi di persone, cioè: «Lascia che i morti spiritualmente seppelliscano i morti».
- Le parole di Gesù potrebbero anche essere prese alla lettera, e comprese come un forte invito finalizzato a scioccare l'ascoltatore con la sorpresa del contrasto.
Qualunque opzione si scelga, è evidente che qui Gesù vuole indicare come prioritaria la scelta urgente per il regno di Dio.
Commento alla Liturgia
Mercoledì della XXVI settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gb 9,1-12.14-16
1Giobbe prese a dire: 2"In verità io so che è così: e come può un uomo aver ragione dinanzi a Dio? 3Se uno volesse disputare con lui, non sarebbe in grado di rispondere una volta su mille. 4Egli è saggio di mente, potente di forza: chi si è opposto a lui ed è rimasto salvo? 5Egli sposta le montagne ed esse non lo sanno, nella sua ira egli le sconvolge. 6Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne tremano. 7Comanda al sole ed esso non sorge e mette sotto sigillo le stelle. 8Lui solo dispiega i cieli e cammina sulle onde del mare. 9Crea l'Orsa e l'Orione, le Plèiadi e le costellazioni del cielo australe. 10Fa cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare. 11Se mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non mi accorgo. 12Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire? Chi gli può dire: "Cosa fai?". 14Tanto meno potrei rispondergli io, scegliendo le parole da dirgli; 15io, anche se avessi ragione, non potrei rispondergli, al mio giudice dovrei domandare pietà. 16Se lo chiamassi e mi rispondesse, non credo che darebbe ascolto alla mia voce.
Vangelo
Lc 9,57-62
57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". 58E Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". 59A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre". 60Gli replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio". 61Un altro disse: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". 62Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio".
Ragione
La parola di Giobbe non solo può accompagnare questa nostra giornata, ma può darci una mano nell’accogliere e nel lasciarci attraversare dall’austera parola che il Signore Gesù ci rivolge nel suo vangelo. All’inizio e alla fine della prima lettura, il giusto Giobbe si mostra capace di prendere le distanze dalle sue ragioni. Ai suoi amici che sono un portento di ragionevolezza, Giobbe così risponde:
In verità, io so che è così: e come può un uomo aver ragione dinanzi a Dio? Se uno volesse disputare con lui non gli risponderebbe una volta su mille (Gb 9, 2-3).
E dopo aver elencato la forza e la potenza con cui il Creatore accompagna e dirige il fluire delle cose nel mondo, aggiunge quasi come atto finale di resa: «Se avessi anche ragione, non risponderei, al mio giudice dovrei domandare pietà» (9, 15).
Talora – non solo al cospetto degli altri, ma persino e spesso ancora di più al cospetto di Dio – sentiamo di avere ragione e avvertiamo il diritto di farla valere; talora ci sentiamo persino in dovere di presentare e difendere le nostre ragioni… rimanendo così prigionieri del nostro piccolo mondo.
Quanti si accostano al Signore Gesù, nel vangelo di quest’oggi, hanno tutte le loro ragioni, eppure sembrano avere il grande torto di non comprendere che cosa – la presenza e la chiamata del Maestro - possa significare per la loro vita:
<Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre> (Lc 9, 59).
Cosa c’è di più ragionevole e di più raccomandabile di un simile desiderio che non è un rifiuto della chiamata, ma semplicemente la necessità di obbedire al comandamento di onorare e custodire i propri genitori? Eppure vi è qualcosa di più – o di meno – nel lodevole desiderio di seppellire i propri cari: nella reazione di quel tale si può indovinare un profondo attaccamento a quel passato – di cui i genitori sono simbolo – e da cui si fa fatica a prendere una reale distanza. E la distanza esige una certa ignoranza:
<Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio> (Lc 9, 60).
La forza evangelica di questa parola del Signore non sta nella prima parte, bensì nella seconda che rende necessaria la prima e che viene ribadita nell’altro detto: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» (9, 62). Il vangelo e il regno di Dio esigono una disponibilità assoluta e un amore incondizionato alla vita e al suo dinamismo senza il quale non è possibile vivere nella logica del regno di Dio. Persino i grandi slanci di generosità: «Ti seguirò dovunque tu vada» (Lc 9, 57) devono essere verificati sulla disponibilità a seguire il Signore della vita attraverso tutte le sorprese e le esigenze della vitalità, senza cedere nessuno spazio agli attaccamenti e alle paure che danno spazio alla logica della morte nell’apparenza della vita. Per questo il Signore ci chiede di riappropriaci di quella caratteristica “selvatica” da cui tutte le specie viventi devono passare:
Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (9, 58).
Davanti alle esigenze del Vangelo che è Gesù Cristo non ci resta che fare nostra la reazione di Giobbe: «Tanto meno io potrei rispondergli, trovare parole da dirgli» (Gb 9, 14).
Non è questione di ragione ma di consenso.
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