Paolo afferma che i figli di Dio «vengono edificati insieme» (συνοικοδομέω). Con questa espressione vuole dire due cose:
- L'edificio che Dio va costruendo lungo i secoli, nella storia di salvezza, è come un corpo formato da diverse membra, poste in una relazione armonica, coesa e coerente.
- La costruzione di Dio è un'opera che si realizza necessariamente con materiali differenti.
Questa edificazione plurale e variegata diventa, per mezzo del dono dello Spirito, una vera e propria «abitazione di Dio». Per indicare questo sublime e grande mistero, Paolo ricorre a un sostantivo particolare (κατοικητήριον) che significa letteralmente «luogo dove avviene qualcosa». L'avvenimento di Dio che prende dimora nella nostra umanità non è dunque né un'idea (astratta), né un evento (statico), ma un processo che si compie e si perfeziona continuamente attraverso il dinamismo dello Spirito, la forza e la presenza di Dio dentro la storia umana.
Commento alla Liturgia
Ss. Simone e Giuda
Prima lettura
Ef 2,19-22
19Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 20edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. 21In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; 22in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 18 (19)
R. Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.
I cieli narrano la gloria di Dio,
l'opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia. R.
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio. R.
Vangelo
Lc 6,12-19
12In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. 13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: 14Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; 16Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. 17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, 18che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. 19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.
Note
Approfondimenti
Paolo afferma che i figli di Dio «vengono edificati insieme» (συνοικοδομέω). Con questa espressione vuole dire due cose:
Questa edificazione plurale e variegata diventa, per mezzo del dono dello Spirito, una vera e propria «abitazione di Dio». Per indicare questo sublime e grande mistero, Paolo ricorre a un sostantivo particolare (κατοικητήριον) che significa letteralmente «luogo dove avviene qualcosa». L'avvenimento di Dio che prende dimora nella nostra umanità non è dunque né un'idea (astratta), né un evento (statico), ma un processo che si compie e si perfeziona continuamente attraverso il dinamismo dello Spirito, la forza e la presenza di Dio dentro la storia umana.
Intimi contenitori
Gli apostoli Simone e Giuda vengono ricordati dalla liturgia con un’unica festa, probabilmente a causa di un comune apostolato in Mesopotamia e in Persia, dove sarebbero stati inviati a predicare il Vangelo. Oltre a essere un po’ oscurati dai più conosciuti omonimi nella cerchia dei Dodici (Simon Pietro e Giuda Iscariota), i due apostoli non hanno lasciato molte notizie di sé. Nelle liste dei Dodici, che Cristo scelse e chiamò dopo aver trascorso «tutta la notte pregando Dio» (Lc 6,12), i loro nomi variano, lasciandoci intuire qualcosa della loro personalità.
Mentre Luca definisce Simone come «Zelota» (6,15), Matteo e Marco lo presentano come «il Cananeo» (Mt 10,4; Mc 3,18). In realtà i due appellativi si equivalgono, poiché esprimono lo stesso significato. Il verbo qana’ nella lingua ebraica significa «essere geloso» oppure «ardere di zelo» e può riferirsi tanto a Dio che è geloso del suo popolo, quanto a uomini che ardono di autentica passione nei confronti del Signore e della sua Legge. Come gli Zeloti, un movimento nazionalista che rivendicava l’indipendenza politica del regno ebraico e difendeva l’ortodossia religiosa. Possiamo certo pensare che, pur non appartenendo necessariamente a un simile gruppo politico, il nome di Simone stia a indicare un tipo ardente e molto appassionato nel servire l’unico Dio.
A Giuda è riconosciuta la paternità di una breve lettera, che compare nel canone del Nuovo Testamento in coda a tutte le altre, appena prima dell’Apocalisse. In questo breve scritto possiamo riconoscere il cuore di questo apostolo, abituato a stare in secondo piano, ma sicuramente così persuaso della pasqua di Cristo da saper mettere sempre in primo piano la questione della salvezza di Dio:
«Voi invece, carissimi, costruite voi stessi sopra la vostra santissima fede, pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna» (Gd 20-21).
Questi apostoli — insieme agli altri — ci ricordano oggi due cose importanti. La prima è l’immensa dignità che il battesimo regala a quanti si immergono nella vita e nello Spirito del Signore:
«Fratelli, voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19).
Anche se nella vita ci capita di sentirci fuori posto o fuori tempo, fondati sulla dolce memoria apostolica noi cristiani possiamo ricordare il momento in cui abbiamo scoperto di essere divenuti «abitazione per mezzo dello Spirito» (2,22). Di questo mistero non ci viene sempre data l’evidenza, né tanto meno il gusto o la certezza. Mai, però, il nostro cuore può restare orfano della dolce speranza che le promesse del Signore Gesù non conoscano smentite, ma eventualmente rinvii ad altri tempi e ad altri luoghi nei quali possiamo essere condotti.
Inoltre, ci è stato donato un criterio di verifica per questa grande eredità spirituale, che è la seconda bella notizia che la festa di oggi vuole donarci attraverso il racconto evangelico:
«Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie» (Lc 6,17-18).
La chiamata a essere intimi “contenitori” di Dio non è qualcosa che deve chiuderci dentro i confini di una gioia tutta personale. È al contrario un invito a diventare capaci di essere una casa aperta a tutti, ospitale e accogliente. Dove risuonano quelle parole di vita che hanno cominciato a guarire la nostra umanità inferma e ferita. Rendendola — così — umile testimonianza del Regno.
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