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L’accostamento è un’endiadi, poiché i due vocaboli indicano la stessa cosa. Con il termine chronos (χρόνος) si designa lo scorrere o la durata del tempo, mentre con kairos (καιρός) si sottolinea la qualità del tempo come occasione unica e irripetibile. Nella Bibbia greca i due termini sono utilizzati in coppia per rafforzarne il significato.
Nell’epistolario paolino, con il termine skotos (σκότος) si indica la situazione di chi è estraneo alla fede o la rinnega con uno stile di vita incoerente. Nella tradizione biblica e giudaica, le tenebre sono associate alle esperienze negative di ogni tipo. Su 31 occorrenze del termine nel NT, 10 si trovano nelle lettere di Paolo.
L’espressione “figli della luce” compare nel NT in contrapposizione con le tenebre o con la mondanità (cf. Lc 16,8; Gv 12,36…), mentre in nessun testo del NT si trova l’espressione antitetica “figli delle tenebre”. In 1Ts, l’espressione simmetrica “figli del giorno” è una creazione paolina che non ha riscontro in altri testi e rimanda al “giorno del Signore”, riletto in chiave positiva.
Il verbo utilizzato per la consegna dei beni è παραδίδωμι (paradidōmi), il cui significato va ben al di là del semplice affidamento. Si tratta di una trasmissione vera e propria, senza necessità di restituzione.
Il talento (talanton, τάλαντον) è un’unità di peso di 30-40 kg, e significa anche “ciò che è pesato”. Un talento corrisponde a 6.000 denari e un denaro è il corrispettivo per un giorno di lavoro (cf. Mt 20,2). Si tratta quindi di una somma ingente.
La traduzione di questa espressione, in greco συναίρει λόγον (synairei logon), cioè «sollevare insieme una parola», forse non rende adeguatamente il senso. Più che esaminare il lavoro dei suoi servi da un punto di vista prettamente contabile, il padrone sembra maggiormente interessato a parlare perché i suoi servi possano «rendersi conto» di quello che ha potuto generare la sua fiducia nei loro confronti.
Il significato più comune dell’aggettivo pistos (πιστός) nell’ambito extracristiano implica la coscienziosità, l’essere fidato. Il termine implica, però, anche l’atteggiamento credente, “di fede”. Questa potrebbe essere una chiave della parabola, secondo cui i servi sono chiamati a non sprecare il dono della fede, a credere in Dio nel tempo intermedio che precede il ritorno del Signore.
Commento alla Liturgia
XXXIII Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Pr 31,10-13.19-20.30-31
10Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. 11In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. 12Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. 13Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. 19Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. 20Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. 30Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. 31Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 127(128)
R. Beato chi teme il Signore.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene. R.
La tua sposa come vite feconda
nell'intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d'ulivo
intorno alla tua mensa. R.
Ecco com'è benedetto l'uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita! R.
Seconda Lettura
1Ts 5,1-6
1Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; 2infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. 3E quando la gente dirà: "C'è pace e sicurezza!", allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. 4Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. 5Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. 6Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Vangelo
Mt 25,14-30
14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". 21"Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". 23"Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo". 26Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
Note
Approfondimenti
Nella Bibbia dei Settanta, questa espressione traduce l’ebraico yôm JHWH, che in senso metaforico si riferisce all’intervento di Dio giudice, che condanna l’infedeltà del popolo e l’empietà delle nazioni, ma allo stesso tempo difende i poveri e libera i giusti dall’oppressione.
Nei testi profetici post-esilio, il giorno del Signore è anche il giorno del riscatto di Israele.
La Lettera ai Romani riprende le espressioni dei profeti, chiamando il giudizio di Dio “giorno dell’ira” (Rm 2,6), mentre in 1-2Corinzi assume una valenza positiva come compimento della salvezza.
Qui in 1Ts 5,2, “il giorno del Signore”, associato all’immagine minacciosa del ladro notturno, si riferisce al giudizio di Dio della tradizione profetica, giorno di rovina per gli empi.
Viaggio
Un Dio che si mette in viaggio: è questa la rivelazione di questa domenica. A pensarci bene, chi viaggia ha un'attitudine non solo all’avventura, ma soprattutto, alla fiducia. La fiducia di poter scoprire cose nuove e cose belle, di poter essere accolto e persino aiutato nel proprio cammino. I sedentari rischiano di diventare sospettosi! Il nostro non è un Dio sospettoso e meno ancora un Dio dispettoso. Sono tante le immagini e le suggestioni che ci vengono offerte dalla liturgia della parola di questa domenica, con cui cominciamo a gustare il compimento di un altro anno liturgico. Tra le tante, vogliamo privilegiarne e sottolinearne una in particolare, proprio quella del viaggio!
La parabola che il Signore Gesù ci racconta quest’oggi certo parla di quei tre servitori con cui siamo chiamati a misurarci e a commisurarci, ma prima di tutto attira il nostro sguardo e la nostra attenzione su
«un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni» (Mt 25,14).
In realtà, mentre quest’uomo sta per mettersi in viaggio, ne rende indirettamente partecipi anche i suoi servi, a cui affida i suoi beni e in questo modo li rende partecipi del suo cammino, trasformando il tempo dell’assenza e della lontananza in un momento di vera e profonda comunione. La liturgia ci aiuta a comprendere il mistero di questi tre servi che, in certo modo, ci rappresentano in quelli che sono i momenti più generosi e più timorosi della nostra esistenza e della nostra sequela. Per farci coraggio ci viene offerto l’esempio di «una donna forte» (Pr 31, 10).
Il segreto della fortezza di questa donna non sta certo nei muscoli, né – c’è da augurarselo! – nei baffi, ma proprio nella sua perseverante e tenace laboriosità, fondata su un rapporto con il tempo assolutamente vigilante e capace di approfittare di ogni occasione e di ogni situazione per dare il meglio di se stessa e di farlo a favore degli altri, con un’attitudine significativa che fa la differenza nel senso della qualità: «e li lavora volentieri con le mani» (31,13).
Forse il vero rimprovero che viene fatto al «servo malvagio e pigro» (Mt 25,26) non è quello di aver fatto perdere un certo profitto al suo padrone, bensì di non essere stato in grado di cogliere una possibilità per la sua vita di compiere un piccolo grande viaggio interiore: quello che ci permette di passare dall’orizzonte mortificante e mortifero della «paura» (25,25) al coraggio di rischiare, tanto da diventare, nonostante tutto e attraverso tutto, una persona in cui si «confida» (Sir 31,11). L’apostolo Paolo, a sua volta, ci dà uno svegliarino perché non ci lasciamo prendere dal torpore spirituale ed esistenziale:
«Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (1Ts 5,6).
Come quando la mattina ci svegliamo, ancora una volta, e ci mettiamo in cammino per affrontare «volentieri» le sfide di una nuova giornata, così in ogni momento siamo chiamati a fare della nostra esistenza un vero viaggio, fatto di fatica, ma anche di gioia. Tutti sappiamo che nessun viaggio – degno di questo nome – sarebbe possibile senza una buona dose di curiosità e di disponibilità all’avventura e alla scoperta. Il Signore si rivela a noi, oggi, come perennemente in «viaggio» e ci invita a non rimanere prigionieri delle nostre paure e delle nostre ossessioni, per dare alla nostra vita una possibilità di incremento, una speranza di novità, senza lasciarci addormentare dal timore di sbagliare. Riprendendo il salmo potremmo dire: «Beato chi… cammina» (Sal 127,1).
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