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La parola con cui Paolo designa il «progetto eterno» di Dio significa, letteralmente, «presentazione» (πρόθεσις). Si tratta di un sostantivo con cui si designa l'intenzione di porre qualcosa in pubblico, oppure di pianificare l'uscita di qualcosa destinato allo sguardo e all'attenzione di molti.
Il termine hōra (ὥρα) ha una grande importanza in Luca, come in Giovanni. Può designare un momento determinato, una parte del giorno, un’ora importante, il momento utile di cui dispone qualcuno (per es, l’ora delle tenebre, o degli avversari di Gesù). In questi versetti, unita alla coscienza dell’ignoranza, è connessa al tema della vigilanza.
La parola «pronti» (ἕτοιμος) può indicare anche il feto, quando giunto al sesto mese, è ormai vicino alla capacità di evolvere verso una vita piena e autonoma.
il verbo che traduciamo con immaginare (δοκέω) può avere il significato di: «ritenere probabile», «pensare», «credere».
Il termine hōra (ὥρα) ha una grande importanza in Luca, come in Giovanni. Può designare un momento determinato, una parte del giorno, un’ora importante, il momento utile di cui dispone qualcuno (per es, l’ora delle tenebre, o degli avversari di Gesù). In questi versetti, unita alla coscienza dell’ignoranza, è connessa al tema della vigilanza.
Il vocabolo therapèia (θεραπεία) significa “il servizio”, in particolare il servizio domestico, ma anche “le cure” date ai malati e “il culto” reso agli dei. L’economo, dunque, è stato posto a capo del servizio, cioè dei servitori. Dal momento che Luca ama cumulare i significati, probabilmente considera queste cure per gli altri una forma di culto reso a Dio.
L’aggettivo phrònimos (φρόνιμος), “accorto, saggio”, va considerato come espressione di sapienza religiosa, non di intelligenza autonoma; qualifica l’intelligenza del ministro cristiano che compie la volontà di Dio nel servizio reso a beneficio degli altri. Rarissimo in Luca, l’aggettivo rispecchia il senso che ha nella letteratura sapienziale giudaica e paleocristiana: essere “saggi in Dio”.
Letteralmente, il testo dice “lo taglierà in due”, dichotomèō (διχοτομέω). Unica occorrenza di questo verbo nel Nuovo Testamento, forse si riferisce a due punizioni successive: un supplizio di origine persiana applicato allo schiavo condannato e poi la pena definitiva inflitta da Dio come condivisione della sorte degli infedeli. Anche il profeta Geremia aveva evocato questa reazione da parte di Dio verso gli abitanti di Gerusalemme che, dopo aver liberato i loro schiavi, li ridussero di nuovo in schiavitù (34,18: io li renderò come il vitello che tagliarono in due passando fra le due metà).
Commento alla Liturgia
Mercoledì della XXIX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Ef 3,2-12
2penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: 3per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. 4Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. 5Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: 6che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, 7del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l'efficacia della sua potenza. 8A me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo 9e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell'universo, 10affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, 11secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, 12nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.
Salmo Responsoriale
Da Is 12,2-6
R. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza. R.
Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime. R.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele. R.
Vangelo
Lc 12,39-48
39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo". 41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?". 42Il Signore rispose: "Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: "Il mio padrone tarda a venire" e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. 47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
Note
Approfondimenti
In questo versetto si opera una distinzione tra ogni servitore, che ha ricevuto perché gli è stato dato (dìdōmi, δίδωμι) in termini di talenti naturali e di salvezza, e ogni responsabile, colui al quale il padrone ha affidato (paratìthēmi, παρατίθημι) un incarico direttivo particolare nella sua chiesa.
Una distinzione che non riguarda la quantità (definita in entrambi i casi con “molto”), ma lo statuto del gesto: dono esigente in un caso e affidamento di responsabilità nell’altro.
Senza inasprire la distinzione, a tutti Dio dona, ad alcuni affida. Per Luca, poi, la vita cristiana e la vita ecclesiale includono necessariamente una resa dei conti, prevista dalla benevolenza di Dio, cioè nel senso dell’amore.
In questo versetto si opera una distinzione tra ogni servitore, che ha ricevuto perché gli è stato dato (dìdōmi, δίδωμι) in termini di talenti naturali e di salvezza, e ogni responsabile, colui al quale il padrone ha affidato (paratìthēmi, παρατίθημι) un incarico direttivo particolare nella sua chiesa.
Una distinzione che non riguarda la quantità (definita in entrambi i casi con “molto”), ma lo statuto del gesto: dono esigente in un caso e affidamento di responsabilità nell’altro.
Senza inasprire la distinzione, a tutti Dio dona, ad alcuni affida. Per Luca, poi, la vita cristiana e la vita ecclesiale includono necessariamente una resa dei conti, prevista dalla benevolenza di Dio, cioè nel senso dell’amore.
I programmi del ladro
“Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate”. Potrebbe sembrare una paura che suscita paura quella che ci viene rivolta nel Vangelo di oggi. Ma in realtà Gesù ci aiuta a fare solo un bagno di realismo. Allontaniamo spesso l’idea della morte, pensiamo che essa esiste ma che in fondo non ci riguarda. Eppure il Vangelo non vuole lasciarci in compagnia dell’angoscia di morte ma vuole che consideriamo la nostra vita a partire da questo dato certo, e cioè che è un viaggio e che ha un termine. Questa consapevolezza ci ridimensiona e fa cadere molte cose inutili per cui ci impuntiamo o per cui viviamo. Quando hai qualcosa in questa vita noi sei fortunato, ne sei solo infinitamente responsabile. La salute, una casa, l’intelligenza, degli amici, dei talenti, tutte queste cose Dio ce le dà non come proprietà privata ma come custodia, anzi come amministratori che sanno far fruttificare, gestire a favore di tutti, conservare perchè nulla vada perduto. Il padrone ultimo non è l’ “io”, ma “Dio”. Vivere la vita come proprietà privata è solo illudersi che il vero “proprietario” alla fine non tornerà… eppure tornerà e domanderà conto della fiducia che aveva riposto in ciascuno di noi il giorno che ci diede la vita, che ce la consegnò nelle nostre mani, che la rischiò mettendola in balia della nostra pochezza. La memoria di ciò ci rende prudenti, non paurosi. “Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”. E’ interessante che tutto questo discorso sia fatto ai discepoli, e a Pietro soprattutto. Infatti è lui che chiede spiegazioni, e a lui Gesù risponde inchiodandolo in un dono esigente.
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