Commento alla Liturgia

Venerdì della XXX settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Fil 1,1-11

1Paolo e Timòteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: 2grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo. 3Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. 4Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia 5a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. 6Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. 7È giusto, del resto, che io provi questi sentimenti per tutti voi, perché vi porto nel cuore, sia quando sono in prigionia, sia quando difendo e confermo il Vangelo, voi che con me siete tutti partecipi della grazia. 8Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù. 9E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, 10perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, 11ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.

Vangelo

Lc 14,1-6

1Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. 2Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. 3Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no guarire di sabato?". 4Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5Poi disse loro: "Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?". 6E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Commento alla Liturgia

Accorciare le distanze

MichaelDavide Semeraro

Pochi versetti formano il Vangelo che guida e ritma il cammino di questa giornata, eppure sono capaci di aprire uno spazio di speranza amplissimo: «Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia» (Lc 14,2). La prima cosa che va notata e sottolineata è il fatto che il Signore Gesù si accorge di questa persona bisognosa di attenzione, di cura, di accoglienza. In un contesto in cui sarebbe stato comprensibile che tutta l’attenzione del Signore fosse catturata dall’invito a pranzo, invece di preoccuparsi di coloro «che stavano ad osservarlo» (14,1), Gesù non dimentica di osservare e di lasciarsi toccare proprio dalla situazione di fragilità che, di certo, non destava alcun interesse negli altri convitati. La prima cosa che il Signore fa è accorciare la distanza e minimizzare la differenza tra l’uomo «malato» e il mondo circostante. Anzi, è proprio questo malato ad essere posto al centro dell’attenzione, diventando la pietra di paragone della sensibilità degli astanti, fino a verificare il grado di compatibilità con il cuore della Legge di Dio. La domanda è graffiante:

«È lecito o no guarire di sabato?» (14,3).

Il silenzio dei farisei non blocca il Signore nella sua determinazione ad onorare quell’uomo per onorare lo stesso Creatore per cui, senza battere ciglio «Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò» (14,4). Potremmo parlare di una guarigione totale e piena che si realizza in tre gradi: la distanza viene radicalmente accorciata con quella che potremmo definire una stretta di mano, che rappresenta il massimo della vicinanza. Il cuore di questa guarigione sta proprio nel superamento della distanza fisica che permette di trarre fuori quell’uomo dalla stretta dell’isolamento. Solo in questa prossimità ridonata e ritrovata è possibile che si attui la guarigione, che sembra coincidere con il ristabilimento della comunicazione profonda. Eppure non basta avvicinare, è necessario anche rimandare. Il terzo grado della guarigione sta nel fatto che il Signore rende a quest’uomo la sua vita come una possibilità e un dovere di libertà in cui è chiamato a camminare, a rischiare, a costruire il suo futuro.

Il silenzio imbarazzato dei farisei non imbarazza certo il Signore, che continua ad interrogare nella segreta speranza di toccare il cuore dei suoi ascoltatori: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?» (14,5). I più integristi erano del parere di dover abbandonare il bue alla sua sorte pur di non infrangere il sabato! Non è questo il modo di sentire del Signore, sulle cui labbra e nel cui cuore potremmo mettere le stesse parole di Paolo:

«E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili» (Fil 1,9-10).

Il senso profondo del sabato non è legato a ciò che in esso non si può e non si deve fare, ma a ciò che una ritrovata relazione con Dio nella preghiera e nell’ascolto della sua Parola ci dà la capacità e la creatività di fare per noi stessi e per i nostri simili, specialmente quando l’immagine e la somiglianza con Dio rischia di sbiadire e va, necessariamente e urgentemente, ravvivata.

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