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Pesi da condividere per il bene comune
Es 17-18
Es 17-18
1Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin, camminando di tappa in tappa, secondo l'ordine del Signore, e si accampò a Refidìm. Ma non c'era acqua da bere per il popolo. 2Il popolo protestò contro Mosè: "Dateci acqua da bere!". Mosè disse loro: "Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?". 3In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: "Perché ci hai fatto salire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?". 4Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: "Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!". 5Il Signore disse a Mosè: "Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d'Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va'! 6Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà". Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d'Israele. 7E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no?". 8Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. 9Mosè disse a Giosuè: "Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio". 10Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. 11Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. 12Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada. 14Allora il Signore disse a Mosè: "Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!". 15Allora Mosè costruì un altare, lo chiamò "Il Signore è il mio vessillo" 16e disse: "Una mano contro il trono del Signore! Vi sarà guerra per il Signore contro Amalèk, di generazione in generazione!". 1Ietro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele, suo popolo, cioè come il Signore aveva fatto uscire Israele dall'Egitto. 2Allora Ietro prese con sé Sipporà, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata, 3con i due figli di lei, uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: "Sono un emigrato in terra straniera", 4e l'altro si chiamava Elièzer, perché: "Il Dio di mio padre è venuto in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone". 5Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui, venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio. 6Egli fece dire a Mosè: "Sono io, Ietro, tuo suocero, che vengo da te con tua moglie e i suoi due figli!". 7Mosè andò incontro al suocero, si prostrò davanti a lui e lo baciò; poi si informarono l'uno della salute dell'altro ed entrarono sotto la tenda. 8Mosè raccontò al suocero quanto il Signore aveva fatto al faraone e agli Egiziani a motivo di Israele, tutte le difficoltà incontrate durante il viaggio, dalle quali il Signore li aveva liberati. 9Ietro si rallegrò di tutto il bene che il Signore aveva fatto a Israele, quando lo aveva liberato dalla mano degli Egiziani. 10Disse Ietro: "Benedetto il Signore, che vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popolo dalla mano dell'Egitto! 11Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi: ha rivolto contro di loro quello che tramavano". 12Ietro, suocero di Mosè, offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d'Israele, per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio. 13Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. 14Allora il suocero di Mosè, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: "Che cos'è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?". 15Mosè rispose al suocero: "Perché il popolo viene da me per consultare Dio. 16Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l'uno e l'altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi". 17Il suocero di Mosè gli disse: "Non va bene quello che fai! 18Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; non puoi attendervi tu da solo. 19Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta' davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. 20A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. 21Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità, per costituirli sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 22Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. 23Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina, potrai resistere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta". 24Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito. 25Mosè dunque scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. 26Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori. 27Poi Mosè congedò il suocero, il quale tornò alla sua terra.
Pesi da condividere per il bene comune
Sui passi dell'Esodo
Il viaggio dell’Esodo è affannoso, imprevedibile e pieno di agguati. Accampati a Refidim, gli ebrei vengono a combattimento con gli Amaleciti, discendenti di Esaù – fratello di Giacobbe – che si mostrano affatto ostili verso i migranti provenienti dall’Egitto. Si può immaginare l’angoscia che dovette cadere sul cuore degli ebrei già provati dalla fame e dalla sete. Ci voleva anche una certa dose di malvagità per infierire su quella folla di disperati e nullatenenti. Ma la malvagità è una “merce” che non scarseggia mai in nessun angolo della terra e, soprattutto, là dove arrancano i poveracci.
Mosè non si sottrae al compito di difendere il suo popolo e lo fa con un’unica “arma”: il bastone di Dio. Quello che aveva appena usato per far scaturire l’acqua dalla roccia, quello da cui passava la forza della sua fede in Lui e la misericordia di Dio verso Israele. Oltre al bastone Mosè usa le mani: le sue risorse umane. Nella Bibbia la “mano” viene celebrata come una grande ricchezza, uno strumento davvero decisivo per potercela fare:
«Contro la selce l’uomo porta la sua mano, nelle rocce scava gallerie» (Gb 28,9–10)
recita il libro di Giobbe, elogiando la potenza della tecnica;
«il Signore Onnipotente li ha respinti con la mano di una donna» (Gdt 16,5)
canta Giuditta dopo aver liberato Betulia dagli invasori. Ma le mani di Mosè sono più tenere di quelle di una donna! C’è bisogno di chi le sostenga, a destra e a sinistra. Stupenda la “trinità” di oranti formata da Mosè, Aronne e Cur: immaginiamo i loro profili sulla collina dove, unitamente, supplicano Dio mentre infuria la battaglia. La preghiera è una lotta e si deve fare insieme. Così le mani di Mosè:
«Rimasero ferme fino al tramonto del sole» (Es 17,12)
finché la guerra non si fu placata.
L’esperienza della fragilità è una scuola di saggezza per Mosè. Egli è un uomo pieno d’entusiasmo e gli parrebbe di riuscire a far tutto da solo ma presto si avvede del contrario. Preziosa è per lui la parola di suo suocero Ietro che gli suggerisce comportamenti umili e prudenti. Vedendo come suo genero svolgesse anche il ruolo di giudice e sedesse a dirimere le cause che il popolo intentava, Ietro lo fa riflettere dicendogli:
«Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera? (…) Non va bene quello che fai! Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; non puoi attendervi tu da solo» (18,14.17–18).
Mosè diede ascolto al monito del suocero e designò uomini validi che giudicassero gli affari del popolo e, solo nei casi difficili, si rivolgessero a lui. Così dovremmo fare anche noi sia nella società civile che nella Chiesa: condividere il peso e la responsabilità di ogni servizio indispensabile alla vita e al benessere comune. Non cedere alla tentazione di concentrare ogni “potere” e ogni ruolo nelle mani di uno solo o di pochi. Ma conferire a ciascuno il suo compito, riconoscendogli il carisma per l’edificio comune. Se ne otterrà successo e salute per la comunità e, cosa ancor più importante, impareremo ad amarci.
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