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Anna entra in scena intonando preghiere: anthomologhèomai (ἀνθομολογέομαι) è un verbo unico nel Nuovo Testamento e significa “avallare, riconoscere”. Nella LXX è impiegato per lo più in senso assoluto come “ringraziare, lodare, celebrare Dio”. Per la presenza di antì (ἀντί), intuiamo che si tratta di una risposta.
Nella profezia di Anna compare un termine tecnico relativo al settore legale e commerciale, che indica il riscatto di qualcosa o di qualcuno dietro pagamento di un prezzo: il sostantivo lùtrōsis (λύτρωσις). Pur senza articolo, ha qui un senso ben determinato, cioè la “liberazione” escatologica, che per Luca riguarda sia la dimensione storico-salvifica legata alla tradizione dell’esodo, sia la dimensione giuridica sia quella liturgica richiamata da Eb 9,12, con il culto perfetto di Cristo. Gesù è già “santo”, cioè appartiene a Dio, quindi non ha bisogno di essere riscattato e può a sua volta riscattare Gerusalemme, sineddoche per “tutto il popolo” di Israele.
Commento alla Liturgia
6° giorno fra l'ottava di Natale
Prima lettura
1Gv 2,12-17
12Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome. 13Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio. Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il Maligno. 14Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre. Ho scritto a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno. 15Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; 16perché tutto quello che è nel mondo - la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita - non viene dal Padre, ma viene dal mondo. 17E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!
Salmo Responsoriale
Dal Sal 95 (96)
R. Gloria nei cieli e gioia sulla terra.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome. R.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra. R.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
È stabile il mondo, non potrà vacillare!
Egli giudica i popoli con rettitudine. R.
Vangelo
Lc 2,36-40
36C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. 39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Note
Accogliere... servire
Mentre scorrono i giorni della gioia del Natale, la Liturgia ci fa incontrare una figura che sembra mettere nel nostro presepio, accanto alla gioia, anche il dolore e la prova. Mentre il bambino Gesù viene presentato al Tempio, ecco che «una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser» (Lc 2,36) si unisce a Simeone per accogliere questo bambino come tutti, che pure è diverso da tutti. Di Anna il Vangelo ci dice due cose. La prima è che «era molto avanzata in età… era poi rimasta vedova» (2,36-37). In una parola, che è una donna che ha molto sofferto ed è stata provata dalla vita. Eppure, questa prova e questa sofferenza invece di ripiegarla su se stessa l’hanno resa ancora più sensibile alla vita nel suo duplice rimanere aperta interamente a Dio nella preghiera e completamente attenta a ciò che avviene attorno a lei nella vita. L’evangelista Luca ci dice che:
«Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere» (Lc 2,37).
La devozione di Anna la rende capace di riconoscere – quasi intercettare acutamente – i passaggi della vita fino a sentire la promessa che questo bambino rappresenta per tutti, quasi preoccupandosi che tutti se ne possano rendere conto:
«si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (Lc 2,38).
A questa donna si può ben applicare quanto dice l’apostolo: «Ho scritto a voi padri, perché avete conosciuto colui che è da principio» (1Gv 2,14). E questo vale chiaramente anche per le “madri”. Anna, forgiata dalle prove della vita e illuminata dalla preghiera assidua, è capace di avere occhi di «profetessa» tanto da vedere più lontano, tanto da vedere più in profondità. Anche noi siamo chiamati a diventare come lei, per cogliere e far cogliere la presenza di Dio nella pieghe della nostra storia e su ogni volto di umanità. Karl Barth scrive in proposito: «Poiché Dio è umano, l’uomo si trova rivestito di una distinzione tutta speciale; ogni essere che si rivela in un volto umano, ogni persona dunque, con le sue opere e i suoi cammini, riceve così una dignità particolare. Tutto ciò non ha niente a che vedere con una visione ottimistica dell’uomo. È qualcosa di più! Dal momento che Dio è diventato umano, questa distinzione è accordata ad ogni persona e non le può essere sottratta per nessuna ragione e in nessun modo» (K. BARTH, L’humanité de Dieu, Sierre 1999, p. 32).
Il segno di questa nostra umanità divinizzata è la passione di servire Dio e di mettersi al servizio di tutti, in particolare dei più piccoli, per aprire davanti a loro le vie della vita, che cominciano sempre con il riconoscimento e l’ammirazione. La profetessa Anna ci permette di fare un passo in più in quel cammino assolutamente necessario per essere capaci di servire – Dio e i fratelli – in tutte le età della vita, in tutte le stagioni delle emozioni, in tutte le situazioni della storia… con un’agilità che dovrebbe crescere con la vecchiaia, in modo direttamente proporzionale alla crescita della libertà interiore.
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