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Il volto del Dio della legge. Le vie della libertà
Dt 30,15-20
Dt 30,15-20
15Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. 16Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. 17Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, 18oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. 19Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, 20amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe".
Il volto del Dio della legge. Le vie della libertà
Contemplare il volto di Dio
PRESENTAZIONE
Questo passo del Libro del Deuteronomio è di straordinaria importanza, perché mette in evidenza la natura intima della Legge. Lungi dall’essere un elenco di precetti e divieti che cadono dall’alto sugli uomini e le donne, come la volontà di un Legislatore lontano ed estraneo, essa si rivela, al contrario, come una ragionevole e preziosa parola di orientamento per la condotta e la ricerca dell’uomo. Frutto di una sapienza che incrocia la pretesa divina e i limiti umani, la Legge è innanzitutto una stella polare sulle rotte della nave dove l’uomo si imbarca per costruire e custodire la vita e la società.
PER LEGGERE E COMPRENDERE: la responsabilità di una scelta
“Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30,15).
Chi parla è Dio, attraverso la bocca del profeta Mosè. Lo fa con un linguaggio sorprendentemente familiare, dando del “tu” a Israele, o meglio rivolgendosi a tutto il popolo come se fosse un unico corpo e, allo stesso tempo, a ciascuna persona. Dio non parla dall’alto, riversando su Israele lunghi elenchi di norme e di leggi da osservare solo perché vengono da Lui, ma ragiona con lui come un partner, su di un piano di rispetto reciproco. Il Suo modo di parlargli fa capire come Dio stimi il suo popolo e lo reputi capace di farsi artefice del suo stesso destino. La Sua parola è un prezioso aiuto a decidere responsabilmente per sé: la vita è frutto del bene e la morte è frutto del male, pertanto la vita di Israele è nelle sue stesse mani!
“Io ti dico di amare il Signore Dio tuo, di camminare nelle sue vie (…) perché tu viva e ti moltiplichi” (Dt 30,16).
L’essere umano non è sottomesso né al bene, né al male. Dio l’ha creato libero, cioè capace di valutare sia l’uno, sia l’altro e di scegliere la via migliore. Lungi dal presentare un’antropologia negativa, in cui la creatura fosse considerata succube delle forze sovrumane del male, che non sarebbe in grado di contrastare, la Parola del Deuteronomio esprime verso di lei grande stima: la creatura ha potere di bene e di male. Tale libertà è stata stabilita da Dio. E proprio perché l’uomo possa con efficacia esercitare la facoltà della decisione e della scelta, Dio stesso ha donato la sua parola e ha aperto davanti agli occhi di lui la via della vita: essa è scritta nella Legge. Israele ha un compagno di viaggio fedele che gli suggerisce consigli di saggezza, norme ragionevoli e feconde, che gli traccia, come su di una mappa, le tappe da percorrere per giungere al giardino della vita. L’essere umano non è solo nella sua ricerca, ma ha un prezioso alleato: il Suo Dio.
“Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza” (Dt 30,19).
Le parole qui usate da Dio proiettano sul suo partner una grande prerogativa: quella di essere responsabile del bene (= la benedizione) e del male (=la maledizione), non solo per la propria vita di individuo, ma per quella della sua famiglia, del suo popolo, della sua città e della sua discendenza. L’uomo è munito di una facoltà di giudizio che gli permette di capire, di volere e di compiere sia il bene, sia il male; non è certo un burattino nelle mani di un dio onnisciente e onnipotente. Il rapporto dialogico tra Dio e l’essere umano conferisce a quest’ultimo un’estrema dignità, fatta dell’esercizio della libertà e del compito della scelta. Se Paolo dice che: “(…) non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto” (Rm 6,15) denunciando un’aporìa all’interno della stessa coscienza umana; nel nostro testo, invece, quella coscienza appare affatto sovrana di fronte alla libertà delle sue decisioni e agli effetti conseguenti sulla sua fortuna futura.
PER MEDITARE E ATTUALIZZARE
1. La cultura occidentale vive un tempo di grandi cambiamenti nel campo morale come in quello istituzionale e giuridico. Quanto è importante il rapporto tra l’etica e diritto, tra la morale e le istituzioni?
2. Il laico cattolico di oggi non può più delegare al clero il suo rapporto con il bene e con il male, ma deve assumere la responsabilità di agire secondo la propria coscienza nel dialogo costante con la Parola di Dio. Quanto ancora in tutte le questioni in cui è chiamato a decidere e scegliere nei vari ambiti del vivere sociale, egli si comporta come un “minorenne”, incapace, cioè, di rendere responsabilmente ragione della sua fede?
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