Matteo è l’unico evangelista a usare l’aggettivo tèleios (τέλειος), qui e in 19,21 con il giovane ricco. Questa idea è presente soprattutto nelle lettere paoline, in 1Gv e in Gc.
L’aggettivo, tuttavia, è ben radicato nell’Antico Testamento e nella tradizione giudaica, con diverse possibili sfumature: l’irreprensibilità di Israele, l’uomo interamente rivolto a Dio, l’animale idoneo al sacrificio in quanto privo di imperfezioni (Es 12,5). Noè, l’unico “giusto” nel libro della Genesi, è definito anche “perfetto” (Gen 6,9), nel senso di “integro”.
Qui, nel contesto del Discorso della Montagna, l’invito alla perfezione potrebbe indicare la scelta di andare oltre il senso letterale della Legge per individuarne e metterne in pratica il cuore.
Commento alla Liturgia
Sabato della I settimana di Quaresima
Prima lettura
Dt 26,16-19
16Oggi il Signore, tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il cuore e con tutta l'anima. 17Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce. 18Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. 19Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 118(119)
R. Beato chi cammina nella legge del Signore.
Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore. R.
Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti. R.
Ti loderò con cuore sincero,
quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi.
Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai. R.
Vangelo
Mt 5,43-48
43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Approfondimenti
Matteo è l’unico evangelista a usare l’aggettivo tèleios (τέλειος), qui e in 19,21 con il giovane ricco. Questa idea è presente soprattutto nelle lettere paoline, in 1Gv e in Gc.
L’aggettivo, tuttavia, è ben radicato nell’Antico Testamento e nella tradizione giudaica, con diverse possibili sfumature: l’irreprensibilità di Israele, l’uomo interamente rivolto a Dio, l’animale idoneo al sacrificio in quanto privo di imperfezioni (Es 12,5). Noè, l’unico “giusto” nel libro della Genesi, è definito anche “perfetto” (Gen 6,9), nel senso di “integro”.
Qui, nel contesto del Discorso della Montagna, l’invito alla perfezione potrebbe indicare la scelta di andare oltre il senso letterale della Legge per individuarne e metterne in pratica il cuore.
Parole destabilizzanti
Credo che delle volte dovremmo metterci seriamente nei panni dei discepoli contemporanei di Gesù, non solo perché lo siamo anche noi seppur con qualche millennio di differenza, ma perché ci farebbe bene provare la vertigine di ascoltare parole destabilizzanti come quelle del Vangelo di oggi:
“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”.
Si può comprendere la richiesta di non rispondere al male con il male, ma rispondere con l’amore a chi è nostro nemico è davvero una richiesta che rasenta l’impossibile. Eppure Gesù lo domanda ai suoi discepoli mettendoli in una seria difficoltà nel comprendere come ciò sia possibile.
“Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
La verità è che umanamente parlando nessuno di noi è capace di liberarsi dalla logica di azione-reazione. Ci viene quasi spontaneo reagire anche soltanto interiormente al male che riceviamo. Ma chi fa un’esperienza potente d’amore non ha più la preoccupazione di reagire perché è talmente grande il senso di gratitudine e di pienezza che prova, che nemmeno il male può togliergli davvero quello che conta. Ora, se facciamo fatica ad amare così, ciò è segno che ancora non abbiamo fatto un’esperienza decisiva dell’amore di Dio. Non dovremmo quindi chiedere al Signore di farci amare i nemici, o di saper perdonare gli imperdonabili, ma dovremmo chiedergli di darci una così grande esperienza del Suo amore da avere come conseguenza le due cose precedenti. La richiesta di Gesù può essere solo la conseguenza di un amore così. È questo ciò che va cercato.
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