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La titolatura tēs hodoù ontas (τῆς ὁδοῦ ὄντας) è un’autodesignazione molto antica della Chiesa, che non si trova altrove nel Nuovo Testamento, è il titolo ecclesiologico che i cristiani si danno al loro interno. L’uso assoluto di hodòs (ὁδός) è un’abbreviazione di “via della salvezza, via del Signore, via di Dio”. Accanto alla dimensione etica presente negli scritti veterotestamentari ed ebraici, in cui la “via” indica una forma di vita conforme alle prescrizioni divine, nel Nuovo Testamento la formula ha un valore soteriologico: questa via in cui Gesù ha preceduto i suoi è destinata alla salvezza escatologica, voluta da Dio.
La Vulgata traduce l’espressione con “vas electionis”, che si può tradurre “l’oggetto della mia scelta”. Il sostantivo skèuos (σκεῦος) ha un significato più definito: “recipiente, vaso, strumento”, in breve ogni oggetto di equipaggiamento. Lo stesso termine è usato per indicare la tela discesa dal cielo in occasione dell’estasi di Pietro (At 10 e 11). La metafora è biblica: si collega con il potere creatore del Dio-vasaio (cf. Ger 18; “vasi d’ira” in Rm 9,22; “vasi di misericordia” in Rm 9,23). Il destino di Saulo sarà interamente modellato dal fatto di essere stato scelto da Cristo.
Il verbo bastàzō (βαστάζω) viene comunemente usato in relazione a un peso, ma nel greco classico ha anche il significato di “esaltare, rendere celebre”. Dunque, portare il nome di Gesù equivale a renderlo celebre indossando l’identità del discepolo. Nel vocabolario cristiano, “portare il nome” non appartiene tanto alla terminologia missionaria quanto piuttosto alla confessione pubblica. Tuttavia, qui assume il senso di “assumere, rispondere di”: Saulo infatti assume la vocazione cristiana in un modo del tutto specifico, non limitandosi a confessare pubblicamente di essere diventato cristiano, ma proclamando l’identità di Gesù, Figlio di Dio e Messia, quindi avviando un’evangelizzazione.
Declinato al passivo, il verbo σῴζω (sòzo) indica il carattere decisivo della salvezza, quello di essere dono di un altro, cioè di Dio, la cui azione salvifica è espressa spesso con il cosiddetto “passivo divino”. I due verbi che lo affiancano – credere e essere battezzati – riprendono l’inizio del Vangelo di Marco per sottolineare che la salvezza si riceve dentro una relazione personale con il Cristo, ormai risorto. E nella relazione con lui “essere salvati” vuol dire che i limiti non possono più nuocere ma diventano segni – strumenti e occasioni – di un’eccedenza che ciascun credente porta in sé.
Commento alla Liturgia
Conversione di S. Paolo
Prima lettura
At 22,3-16
3"Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell'osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. 4Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, 5come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. 6Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; 7caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?". 8Io risposi: "Chi sei, o Signore?". Mi disse: "Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti". 9Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. 10Io dissi allora: "Che devo fare, Signore?". E il Signore mi disse: "Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia". 11E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. 12Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, 13venne da me, mi si accostò e disse: "Saulo, fratello, torna a vedere!". E in quell'istante lo vidi. 14Egli soggiunse: "Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, 15perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. 16E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome".
oppure
At 9,1-22
1Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. 3E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?". 5Rispose: "Chi sei, o Signore?". Ed egli: "Io sono Gesù, che tu perséguiti! 6Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". 7Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. 8Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. 9Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. 10C'era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: "Anania!". Rispose: "Eccomi, Signore!". 11E il Signore a lui: "Su, va' nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando 12e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista". 13Rispose Anania: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. 14Inoltre, qui egli ha l'autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome". 15Ma il Signore gli disse: "Va', perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele; 16e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome". 17Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: "Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo". 18E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, 19poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, 20e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. 21E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: "Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?". 22Saulo frattanto si rinfrancava sempre di più e gettava confusione tra i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 116(117)
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. R.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre. R.
Vangelo
Mc 16,15-18
15E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
Note
Proseguire
Solitamente la Chiesa è solita commemorare il giorno della nascita al cielo come momento di preghiera e di intercessione, in cui il Corpo di Cristo rinnova e approfondisce la sua fede nella Pasqua e nel dono dello Spirito Santo, attraverso l’intercessione di un santo. Di Giovanni Battista – l’amico dello sposo – e della Vergine Maria – la madre del Verbo – ricordiamo invece il giorno della nascita al mondo, per sottolineare come anche la preparazione della via del Signore sia importante perché la sua venuta non sia in alcun modo né improvvisata né indesiderata. Per quanto riguarda il grande fariseo diventato apostolo delle genti, la tradizione propone invece di celebrare addirittura l’evento della sua conversione, perché questa memoria sia un pungolo per la vita di ogni credente e di ogni comunità a riflettere sulla necessità di convertire il cuore a Dio.
L’autocoscienza con cui Paolo si presenta nel libro degli Atti non può che indurci a rivedere gli stereotipi con cui siamo soliti confrontarci, ogni volta che cerchiamo di mettere mano al nostro itinerario di conversione a Dio per intensificare o raddrizzare il cammino della nostra fede. Il modo con cui Paolo ha provato a osservare fedelmente la Legge di Dio nella prima parte della sua vita è documentato, nella sua stessa memoria, con grande lucidità:
«Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani» (At 22,4-5).
Il luogo in cui il Signore fa scendere «dal cielo» (22,6) la folgore della sua luce e la potenza della sua parola è proprio questa parte dell’umanità di Paolo così intrisa di devozione e così intransigente da diventare persino diritto di annullare il cammino di chi appare diverso o avverso alle proprie convinzioni. Questa è proprio la circostanza in cui Paolo viene raggiunto dall’invito a conversione da parte del Signore, proprio mentre si sta recando a Damasco «per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti» (22,5). Per poter salvare il fariseo dai suoi radicati convincimenti, il Signore non ha altra strada se non quella di far brillare davanti ai suoi occhi il mistero e le conseguenze dell’Incarnazione:
«Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti» (At 22,8).
La chiesa non dovrebbe mai dimenticare il mistero di grazia che celebra in questa memoria liturgica: non tanto il passaggio dall’incredulità alla fede, ma la radicale rinuncia a ogni forma di sopraffazione dell’altro in nome della fede, costante tentazione che attraversa il cuore credente quando è chiamato a misurarsi con qualcosa o qualcuno fortemente estraneo alla propria sensibilità religiosa. Naturalmente questa mitezza è il corollario del vero fulcro della conversione vissuta da Paolo, cioè il passaggio non tanto dai peccati a una vita moralmente irreprensibile, quanto quello da un volto di Dio esigente e intransigente a uno compatibile con la logica inclusiva del vangelo.
Un particolare nel racconto degli Atti ci autorizza a cogliere anche una certa continuità nel processo di conversione a cui la provvidenza di Dio conduce l’apostolo delle genti. Alzandosi da terra, Paolo non riceve l’ordine di fare un’inversione, ma di continuare – e approfondire – il suo cammino credente:
«Alzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia» (At 22,10).
Proseguire – senza indugiare nei sensi di colpa – è l’invito che il Risorto rivolge agli Undici apostoli, ancora traumatizzati dallo scandalo della passione, eppure raggiunti e rilanciati da uno guardo di speranza:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).
Convertirsi alle conseguenze della Pasqua di Cristo non significa cambiare il costume o i costumi della propria vita, ma avventurarsi in un tempo di maturazione nel quale ogni paura – di vivere e di morire – ha bisogno di consumarsi lentamente nel fuoco dell’amore di Cristo, perché i «segni» della sua vita in noi si possano manifestare:
«nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17-18).
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