Meditazione su Mc 1-2 (2/2)

MC 1-2

MC 1-2

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. 2Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. 3Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri , 4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo". 9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento". 12E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. 14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo". 16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. 21Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". 25E Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!". 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!". 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea. 29E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. 32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. 35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: "Tutti ti cercano!". 38Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!". 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. 40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. 1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. 3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: "Figlio, ti sono perdonati i peccati". 6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7"Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?". 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: "Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua". 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!". 13Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. 14Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì. 15Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: "Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?". 17Udito questo, Gesù disse loro: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". 18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: "Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?". 19Gesù disse loro: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. 22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!". 23Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. 24I farisei gli dicevano: "Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?". 25Ed egli rispose loro: "Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? 26Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!". 27E diceva loro: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! 28Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato".

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Meditazione su Mc 1-2 (2/2)

MichaelDavide Semeraro

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Il termine archē (ἀρχή), sia in greco che in ebraico, non rinvia solo a un aspetto cronologico, ma anche a un principio, a un’autorità, a qualcosa che governa tutto ciò che segue. Marco ama il termine euaggelion (εὐαγγέλιον): lo usa 7 volte, di cui 6 in bocca a Gesù, il che fa pensare che possa risalire proprio a lui. Condivide la predilezione per il termine con Paolo (60 occorrenze su 72 nel NT), mentre Luca e Giovanni nel loro vangelo lo ignorano e in Matteo ricorre solo 4 volte. L’espressione “vangelo di Gesù, Cristo” indica che è lui stesso questo vangelo: un annuncio di perdono, consolazione, vittoria sul male, pace, in linea con la citazione di Isaia. Nella tradizione ebraica, l’acqua simboleggia la Torah. Il battesimo d’acqua ci colloca quindi nella dimensione della vita, tanto che Gesù stesso si è lasciato battezzare nell’acqua. Al di là della Torah vi è l’immersione nello Spirito, passaggio che i profeti hanno intravisto e annunciato e il NT attesta parlando dello Spirito di colui che è stato unto dall’alto. Che lo si traduca letteralmente con “immergere” o in senso traslato con “lavare per purificare” o nella traslitterazione a noi nota “battezzare”, ciò che balza agli occhi qui è la forma passiva di βαπτίζω (baptìzo), avente Gesù come soggetto che riceve su di sé una forte azione simbolica, capace di richiamare sia la morte sia la nascita. Eppure, il Battista lo presenta subito prima come colui che avrebbe amministrato un nuovo battesimo nello Spirito Santo. Marco sembra suggerire che Gesù, il cui nome significa “Salvatore” o “Dio salva”, vuole anzitutto essere salvato. È con la sua discesa nelle acque, solidale con quella di tutti gli uomini sommersi dalla realtà del peccato, che diventa il loro salvatore. Con il verbo σχίζω (skìzo), Marco si differenzia dagli altri sinottici nel descrivere quanto appare agli occhi di Gesù mentre riemerge dall’acqua del Giordano: egli vede i cieli “strapparsi”, mentre per gli altri vangeli i cieli “si aprono”. La differenza sta nella portata di questo evento: mentre ciò che si apre potrebbe richiudersi, lo strappo è invece irrimediabile. Così Marco preannuncia quel compimento del tempo che Gesù sta per proclamare (cf. 1,15), il tempo in cui Dio ha scelto definitivamente di visitare i suoi figli, di lasciare il cielo strappato, di restare con loro per sempre. Il verbo ekballō (ἐκβάλλω) ricorre spesso in Marco (16 volte in 12 capitoli). È il verbo con il quale Marco dice che Gesù “caccia” i demoni e gli spiriti impuri. Gesù, che qui è espulso, eserciterà attivamente questa azione di espulsione. Letteralmente, “fu consegnato” (paradidōmi, παραδίδωμι). In realtà, da quanto sappiamo Giovanni non è stato tradito/consegnato, ma è stato arrestato da Erode. Il verbo paradidōmi, tuttavia, ricorre spesso nel NT e serve specificamente per esprimere ciò che Gesù ha sperimentato. Giovanni quindi è il precursore fino alla morte, e questo comune destino che lo lega a Gesù dona una grande profondità al racconto di Marco, fin dall’inizio. Qui la Galilea ha una doppia risonanza: è il luogo da cui Gesù proviene e a cui ritorna, ma il termine evoca anche la regione dei “goyim”, i pagani. La terra che per Gesù è casa propria risuona anche come un altrove, un luogo aperto agli altri. Qui Gesù inizia la sua missione, senza peraltro ritornare nella casa paterna a Nazaret. È un verbo di movimento – ἐγγίζω (enghìzo) – a evocare le categorie dello spazio e del tempo a cui fa riferimento l’intero versetto per esprimere, nel linguaggio biblico, l’idea di totalità. L’espressione si potrebbe rendere non solo con “sta per venire”, ma anche con “si è avvicinato”, quindi in qualche misura è presente. Nello stesso tempo, però, il verbo denota prossimità, il non definitivo raggiungimento di un punto di arrivo. Marco conduce così il lettore sulla soglia di una tensione irrisolta tra un tempo compiuto e un regno di Dio che deve ancora compiersi, tensione che esige una conversione nel modo di pensare la realtà e la presenza di Dio dentro la storia. Letteralmente, il verbo ekplēssō (ἐκπλήσσω) significa “essere colpito, scioccato”, addirittura “schiacciato, sovrastato”. Lo stesso verbo si ritrova in 6,2 per descrivere lo stesso effetto, stavolta nella sinagoga di Nazaret. Alla lettera, si dice che l’uomo è “nello spirito impuro”. Marco non precisa di quale impurità si tratta, ma l’espressione “spirito impuro” si trova in Zaccaria 13 in riferimento ai profeti di menzogna. Il verbo phimoō (φιμόω) significa “mettere la museruola”, come nel proverbio biblico di Dt 25,4 – citato due volte nel NT in 1Corinzi e in 1Timoteo: “Non mettere la museruola al bue che trebbia”. Questo gesto si riferisce anche all’atto di chiudere la bocca ai contraddittori e agli oppositori. Il verbo suzēteō (συζητέω), che significa “interrogarsi, discutere”, è frequente in Marco e riguarda sempre una discussione problematica dalla quale non si riesce a uscire. L’aggettivo utilizzato qui è kainos (καινός), che esprime la novità come qualità. Il greco distingue infatti kainos e neos, che si riferisce più specificamente a ciò che è recente nel tempo. In greco il verbo egeirō (ἐγείρω) evoca il risveglio della risurrezione. Il verbo all’imperfetto può esprimere allo stesso modo il senso che Gesù “si mise a pregare” oppure che “perseverava nella preghiera”. Marco nota varie volte la preghiera notturna di Gesù, da considerare probabilmente una sua pratica abituale, come quella del digiuno, cominciata ben prima della sua vita pubblica. Il tema del cercare è frequente nel Vangelo di Marco e, come il verbo zetèo (ζητέω) indica, può assumere valenze diverse, a seconda che si cerchi qualcosa che si conosce e che si è perduto, oppure ciò con cui si desidera entrare in relazione, senza sapere dove trovarlo. Vuol dire anche chiedere con insistenza, fare di tutto per ottenere. In Marco, l’uso più frequente è quello di cercare Gesù con la strana volontà di prenderlo o riprenderlo, di fermarlo, di mettere le mani su di lui, perfino di eliminarlo. Così il secondo Vangelo ci mostra la possibile ambiguità di questa ricerca: che cosa cerchiamo quando cerchiamo Gesù? Generalmente il verbo exèrkomai (ἐξέρχομαι), che significa “uscire”, è seguito dall’indicazione del luogo da cui si esce o della ragione per cui ci si muove, che possono essere sottintesi ma si intuiscono dal contesto. Qui invece è lecito chiedersi qual è il senso poiché il verbo, che Gesù riferisce a se stesso, è espresso in forma assoluta come “uscito per”, “venuto per”. Sembra voler esprimere il passivo “sono stato mandato”, che allude a Dio: ciò che solo Dio può determinare lascia aperta la ricerca verso l’“altrove” di un annuncio, di una promessa. Il verbo thelō (θέλω), che significa “volere, desiderare, avere intenzione di”, è riferito a Gesù in entrambe le occorrenze, ma nella prima è inserito nella preghiera del lebbroso, nel suo dubbio sulla volontà di Gesù di fare quanto lui solo può fare. L’interpretazione della volontà di Dio è il grande tema della fede, ma Marco se ne serve qui per rivelare chi è Gesù. In quanto Messia e profeta di Dio, Gesù è l’unico che può guarire dalla lebbra, equiparata nella Scrittura a una resurrezione dalla morte, ma soprattutto è colui che, con il gesto e la parola, elimina il “se”, il dubbio sulla volontà di Dio. Il verbo thelō (θέλω), che significa “volere, desiderare, avere intenzione di”, è riferito a Gesù in entrambe le occorrenze, ma nella prima è inserito nella preghiera del lebbroso, nel suo dubbio sulla volontà di Gesù di fare quanto lui solo può fare. L’interpretazione della volontà di Dio è il grande tema della fede, ma Marco se ne serve qui per rivelare chi è Gesù. In quanto Messia e profeta di Dio, Gesù è l’unico che può guarire dalla lebbra, equiparata nella Scrittura a una resurrezione dalla morte, ma soprattutto è colui che, con il gesto e la parola, elimina il “se”, il dubbio sulla volontà di Dio. Il verbo embrimàomai (ἐμβριμάομαι) è un verbo raro, che esprime una forte emozione, come “agitarsi, urlare, tuonare”. L’espressione potrebbe tradursi “tuonando contro di lui”: Gesù se la prende con l’uomo che ha appena purificato dalla lebbra quasi per invitarlo ad assumere un comportamento più sobrio. La purificazione ricevuta, infatti, comporta anche sottomettersi alla regola di vita della Torah. Marco introduce qui una tensione fortissima: subito dopo aver “tuonato” al lebbroso purificato di non parlare con nessuno dell’accaduto, lo manda dal sacerdote, incaricato di verificare questi casi, per farsi vedere, cioè per sottomettersi alla Torah, che resta via alla vita. Il verbo dèiknumi (δείκνυμι), che vuol dire “rendere conosciuto” – contiene infatti il sostantivo dèigma (δεῖγμα), esempio, prova – sottolinea proprio la contraddizione di un tempo messianico che non cerca il sensazionalismo, ma nemmeno può restare nascosto ed è sempre fecondo. Notiamo qui la prima delle 4 occorrenze del sostantivo πίστις (pìstis) nel Vangelo di Marco. Il narratore ci fa notare i due movimenti verticali che Gesù vede: quello del paralitico e dei suoi sostenitori dall’alto verso il basso e quello della fede che, sul medesimo asse, esprime la relazione con Dio. Con questo termine, Marco offre la chiave interpretativa del racconto: la fede è il luogo di incontro fra Gesù e il paralitico, lo spazio di libertà e di abbandono che permette al Signore di agire. Con il significato di “riconoscere, rendersi conto, notare”, grazie all’influenza della preposizione rafforzativa ἐπί (epì) il verbo ἐπιγινώσκω (epighinòsko) indica un modo preciso e profondo di conoscenza, proprio di Gesù il quale, a differenza degli scribi che si lasciano attraversare il cuore da ragionamenti increduli e critici, pensa, conosce e si esprime “nel suo spirito”, luogo e strumento della sua vita interiore, della sua conoscenza penetrante e profetica, frutto della relazione con Dio. Letteralmente, “i figli dello sposo” (oi uioi toū numphōnos, οἱ υἱοὶ τοῦ νυμφῶνος), un ebraismo con cui si indicavano i compagni dello sposo, poi applicato per indicare gli stessi discepoli di Gesù. Qui Gesù indica indirettamente se stesso alla terza persona. L’immagine del Messia atteso come lo Sposo e il suo tempo come il tempo delle nozze circolava all’epoca e i testi cristiani l’hanno recuperata. Alla lettera, il testo contiene il termine schisma (σχίσμα) che, nel senso di divisione tra gruppi, offre una pista interpretativa di questa immagine che doveva essere eloquente in sé, dal momento che né Marco né Gesù ne suggeriscono un significato. Se la novità riguarda la venuta dello Sposo, il testo suggerisce che non sarà conciliabile con le vecchie forme raccomandate dal giudaismo. Lo scisma fra tradizioni o scuole e fra discepoli dell’una o dell’altra sarà inevitabile. A meno che non si formuli una condotta (halakha) nuova, fondata sul criterio cristologico, sulla via segnata dal Figlio dell’uomo.

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