Il “vino buono” è “tenuto da parte”

Gv 2,1-10

Gv 2,1-10

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". 4E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". 5Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela". 6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. 8Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo 10e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".

Commento alla Lettura  

Il “vino buono” è “tenuto da parte”

Il matrimonio come partecipazione alla vita nuova in Cristo

Roberto Pasolini

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Nel contesto delle nozze, che richiama l’idea dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, la menzione della madre di Gesù, che nel quarto vangelo compare solo qui e ai piedi della croce (19,25-27), fa emergere la relazione madre-figlio invece che quella sposo-sposa. Così si opera la transizione dal piano del matrimonio, simbolo dell’alleanza, al loro effetto ultimo: la fecondità materna e filiale che caratterizza l’alleanza nuova, la comunità degli ultimi tempi a cui la madre, il Figlio e i discepoli danno vita. Letteralmente, si legge nel testo “il vino bello” (kalòs, καλός). Questa espressione permette una sintesi di tutta la Scrittura – Torah, profeti, scritti sapienziali – che parlano del banchetto messianico in testi di grande ricchezza, attraversati dal simbolismo del vino. Con questo stesso aggettivo, Giovanni al cap. 10 descrive anche il “pastore bello/buono”, aggiungendo forse una dimensione di gratuità sia al dono del vino che all’agire del pastore, come segno dell’era escatologica inaugurata da Gesù, l’amato, lo Sposo.

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