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Il verbo עור (ʿwr) significa letteralmente «alzarsi in piedi», anche con un coinvolgimento emotivo: «sdegnarsi», «eccitarsi», «esultare» (cf. Gb 17,8; 31,29).
Il verbo ἀγρυπνέω (agrupnèo) segnala la prima sfumatura dell’invito a vegliare, che verrà ripetuto ben 4 volte in 5 versetti con sfumature diverse. In questo caso può significare: 1) rimanere «senza sonno» (ὕπνος, ypnos), quindi stare svegli, per non mancare al “momento” (καιρός, kairòs) rivelativo in cui Dio si farà riconoscere come il Signore in mezzo agli sconvolgimenti del mondo e della storia; oppure 2) restare svegli per «prendersi cura» di qualcosa o di qualcuno.
Commento alla Liturgia
I Domenica di Avvento
Prima lettura
Is 63,16b-17.19b.64,2-7
16perché tu sei nostro padre, poiché Abramo non ci riconosce e Israele non si ricorda di noi. Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. 17Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. 19Siamo diventati da tempo gente su cui non comandi più, su cui il tuo nome non è stato mai invocato. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti, 2Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. 3Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. 4Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. 5Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. 6Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. 7Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 79(80)
R. Signore, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
Tu, pastore d'Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. R.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell'uomo che per te hai reso forte. R.
Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. R.
Seconda Lettura
1Cor 1,3-9
3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! 4Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. 6La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente 7che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. 8Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. 9Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Vangelo
Mc 13,33-37
33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!".
Note
Approfondimenti
Con le sue 3 occorrenze nei versetti 34, 35 e 37, il verbo γρηγορέω (gregorèo) riconduce la veglia alla radice etimologica ἐγείρω (eghèiro), che non significa solo non dormire, ma rimanere «all'erta», «pienamente vivi». L’opposizione veglia/sonno richiama qui quella vita/morte: il verbo ἐγείρω, infatti, è usato nei vangeli anche nei racconti di resurrezione.
L’insistente invito a vegliare è motivato dal tema del “non sapere”, anch’esso ripetuto. Il “potere” che il Signore dà ai suoi amici non è quello di conoscere come e dove andrà a finire la storia, ma quello di credere che il Signore tornerà. Per questo la vigilanza può essere fiduciosa e operosa, capace di attendere la venuta di qualcosa di veramente nuovo, sorprendente.
Vegliate!
Con il suo triplice invito a vegliare, il Vangelo della I domenica di Avvento ci immerge nell’atmosfera dell’attesa propria di questo tempo “forte”, che ci è dato per esercitarci nell’arte di accogliere il Signore che viene. Nel capitolo 13 di Marco la storia viene presentata come un lento travaglio che darà alla luce il Figlio dell’uomo. I riflettori della comunità cristiana sono posti su questo evento di cui nessuno però conosce la data. Per questo risuona il monito:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento» (13,33).
L’invito a fare attenzione fa pensare a un evento di estrema importanza e l’invito a vegliare rimanda ad un’ambientazione notturna perché «vegliare» significa «illuminare la notte». Per farci comprendere il suo invito, Gesù ci racconta una parabola essenziale pervasa dall’atmosfera della fiducia: un padrone parte per un lungo viaggio e lascia la sua casa e i suoi beni nelle mani dei suoi servi dando loro il potere di gestire tutto, ciascuno secondo il proprio compito, e assegna al portiere l’incarico di supervisore, di sentinella deputata a vegliare sulla casa e sui servi.
Il Signore affida a noi con piena fiducia la sua casa (il mondo, la storia), contando sulla nostra capacità di amministrare i suoi beni. Non avendo però indicato l’ora precisa in cui rincaserà («sera» o «a mezzanotte» o «al canto del gallo» o «al mattino», cf. Mc 13,35), il ritorno sarà necessariamente caratterizzato da un’irruzione improvvisa (cf. Mc 13,36), sarà difficile da prevedere. Pertanto, per non mancare all’appuntamento con il padrone e celebrare degnamente l’evento del suo ritorno, occorre prontezza, fedeltà e lucidità, come ricorda l’evangelista Luca:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» (Lc 12,35).
Occorre non aver paura delle tenebre, ma imparare a illuminarle, ad abitarle come se fosse già spuntata la luce del nuovo giorno e sia necessario rendersi operativi, rimettersi in marcia.
La parabola si muove su due assi: quello escatologico, che rimanda alla fine, quando il padrone verrà per il giudizio e il compimento della storia, ma anche quello più esistenziale che contempla la venuta del Signore «in ogni uomo e in ogni tempo», una venuta che la notte della prova può offuscare.
Vegliare allora è il ministero di chi sa attendere con amore la manifestazione del Signore (2Tm 4,8), di chi sa pregare per non cadere in tentazione (Mc 14,38), di chi tiene desto il cuore (Ct 5,2) fedele alla propria vocazione, impedendo che le tenebre offuschino la visita di Dio, che sa di fuoco di purificazione ma è sempre salvifica. Come ricorda l’apostolo Paolo ai cristiani di Roma:
«è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce» (Rm 13,11-12).
Vegliare è scegliere di venire alla luce, è saper attendere la salvezza riconoscendo il Signore che irrompe nel nostro quotidiano per fargli spazio nei pensieri, nei sentimenti, nelle azioni.
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