www.nellaparola.it
L’espressione βίβλος γενέσεως (bìblos ghenèseos), che letteralmente significa “libro dell’origine (γένεσις, ghènesis)”, deriva da Genesi 2,4 e 5,1, in cui si parla delle “origini del cielo e della terra” e del “libro della discendenza di Adamo”, secondo una modalità propria dell’Antico Testamento di raccontare e avvalorare la storia attraverso lunghi elenchi o “genealogie”. In realtà, questo incipit solenne del Vangelo di Matteo sembra non solo esprimere la genealogia di Gesù in senso tecnico, ma anticipare l’intero Vangelo, il “libro” che racconta come Gesù di Nazaret sia il Messia d’Israele.
Troviamo qui il verbo γεννάω (ghennào) al passivo, che letteralmente andrebbe tradotto “fu generato”. Alcuni codici antichi riportano invece una traduzione del verbo in forma attiva: “Giuseppe generò Gesù”. Le implicazioni teologiche della scelta adottata dalla traduzione attuale, che segue i codici più accreditati, sono importanti, poiché attestano la paternità legale e non naturale di Giuseppe, richiamando la dichiarazione che segue pochi versetti dopo, secondo cui Maria “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,18).
Commento alla Liturgia
17 Dicembre
Prima lettura
Gen 49,2.8-10
2Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate Israele, vostro padre! 8Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. 9Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? 10Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 71 (72)
R. Venga il tuo regno di giustizia e di pace.
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. R.
Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
Ai poveri del popolo renda giustizia,
salvi i figli del misero. R.
Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. R.
Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato. R.
Vangelo
Mt 1,1-17
1Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. 17In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
Note
Accogliere l'Imprevisto
Entriamo oggi nella seconda parte dell’Avvento, caratterizzata dalle ferie prenatalizie, che ci fanno ascoltare, nei vangeli dell’infanzia di Matteo e Luca, ciò che accade immediatamente prima della nascita di Gesù. Anzi, oggi il Vangelo ci conduce in una memoria ancora più remota, facendoci ascoltare quella che, secondo Matteo, è la genealogia di Gesù. Risaliamo dunque fino ad Abramo.
Questa pagina di Matteo può sembrarci molto arida, con questa lunga serie di nomi i più dei quali non ci dicono molto. Eppure è una pagina che nasconde più di una sorpresa, se la si legge con attenzione. Ne evidenzio una. Matteo è molto abile a combinare qui, insieme, ordine e disordine. C’è un ordine anzitutto, con questi nomi raggruppati in modo molto regolare in tre serie di quattordici, come l’evangelista stesso si premura di spiegarci: quattordici generazioni da Abramo a Davide; quattordici da Davide alla deportazione babilonese; ancora quattordici dalla deportazione a Gesù Cristo. Cristo non nasce in un momento casuale della storia; nasce in un kairòs che mette ordine ai giorni, ai mesi, agli anni, ai secoli.
Possiamo però anche scomporre questa numerazione simbolica che Matteo costruisce con cura. Tre serie di quattordici generazioni significano anche sei volte la cifra sette. Sette è nella Bibbia una cifra di perfezione, di pienezza; sei è l’esatto contrario: evoca l’imperfezione, la mancanza. Nell’Apocalisse tre volte sei è il nome della bestia. Il mistero dell’incarnazione racconta anche questo: la perfezione di Dio, il suo ordine, entra nell’imperfezione umana, nel suo disordine. Ci sono infatti altri elementi di disordine in questa genealogia. Ad esempio i nomi di cinque donne: Tamar, Racab, Rut, la moglie di Uria e infine Maria, «dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo». La Bibbia conosce molte altre genealogie, ma sono sempre intessute di soli nomi maschili. Qui abbiamo invece anche nomi femminili, e dietro queste donne ci sono storie irregolari: Tamar si finge una prostituta, Racab lo è; Rut è una straniera, addirittura una moabita, la moglie di Uria un’adultera, Maria è incinta, ma non per opera di Giuseppe, il suo promesso sposo. C’è del disordine in questa genealogia, che ci rivela però un tratto del volto di Dio, un suo modo di venire a visitare la nostra storia, gettandovi sempre un po’ di scompiglio, che consente così al disordine della storia di tornare ad allinearsi con l’ordine della sua salvezza. Credo che uno dei nomi con i quali possiamo chiamare Dio sia «imprevisto». Dio è imprevedibile, e per quanti sforzi fai non puoi incasellarlo dentro un tuo ordine o dentro una tua previsione. Dio è imprevedibile e si presenta sempre come un imprevisto che provoca la nostra reazione, che getta all’aria le nostre previsioni e le nostre organizzazioni. Occorre imparare a riconoscerlo e accoglierlo dentro quegli imprevisti che spesso ci disturbano ma che poi, se vissuti bene, di fatto ci convertono e ci trasformano. Ci tolgono la pretesa di essere noi a trasformare la realtà e ci donano la docilità a lasciarci trasformare dalla realtà, soprattutto da quella che sfugge al nostro controllo o alla nostra presa di dominio.
La tradizione liturgica ambrosiana definisce questi ultimi giorni di Avvento come le ferie de exceptato, cioè dell’«accolto». Ci preparano a riconoscere in Gesù colui che deve essere accolto e ci chiedono di apprendere la difficile arte dell’accoglienza. Oggi mi pare che Matteo, tra i tanti, sottolinei questo aspetto: accogliere il Signore ci chiede di imparare ad accogliere con pace e discernimento l’imprevisto, ciò che è imprevedibile. E che può essere segno di Dio, un tratto del suo volto, un nome che rivela il suo mistero.
Cerca nei commenti