www.nellaparola.it
Alla lettera, il nome significa “casa della pesca”. Probabilmente si trattava di un piccolo villaggio di pescatori, situato a est del punto in cui il Giordano si immetteva nel lago di Ghennesaret. Un territorio, quindi, a stretto contatto con il mondo ellenistico e segnato dalla cultura greca. Questo villaggio era stato trasformato dal tetrarca Filippo in una città chiamata Julias in onore della figlia di Augusto.
Questo discepolo compare solo nel quarto vangelo e, con i dati disponibili, non è possibile desumere se fosse uno dei Dodici. Un’antica tradizione lo ha identificato con Bartolomeo poiché, nel racconto dei sinottici, Bartolomeo ricorre sempre in collegamento con Filippo.
Unica occorrenza del termine Israēlitēs (Ἰσραηλίτης) in tutto il quarto vangelo. Accostato all’avverbio alēthōs (ἀληθῶς), che invece ricorre 7 volte – di cui 5 in riferimento a Gesù – caratterizza Natanaele, come i discepoli, in riferimento al campo semantico della “verità”.
Stare sotto il fico può evocare la situazione di pace e tranquillità scaturita dalla venuta del Messia, come annunciato dai profeti, oppure alludere alla consuetudine dei dottori della Legge, attestata nei testi rabbinici, di studiare e insegnare la Scrittura all’ombra di un albero di fico. L’aggettivo meizō (μείζω), comparativo di megas (μέγας, grande) non intende stabilire un confronto tra la rivelazione cristologica e l’AT, ma tra l’esperienza di fede iniziale di Natanaele e la rivelazione che il Padre realizzerà con la missione del Figlio. La solenne formula amēn amēn legō humin (ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν), che nel quarto vangelo ricorre 25 volte, introduce dichiarazioni particolarmente autorevoli, sottolineando l’autonomia di Gesù, che fonda il proprio insegnamento non sull’autorità di altri maestri, ma sulla propria intima relazione con il Padre.
La visione riguarda un tempo futuro ma l’evento di cui si parla è espresso al perfetto – aperto, dal verbo anoigō (ἀνοίγω) – che indica un evento accaduto in passato ma i cui effetti perdurano fino al presente. Nella letteratura profetica e apocalittica, l’aprirsi dei cieli indica l’apertura di una via di comunicazione tra il mondo di Dio e il mondo degli uomini. In questo caso, la missione terrena del Figlio dell’uomo, il Logos fatto carne.
Questo discepolo compare solo nel quarto vangelo e, con i dati disponibili, non è possibile desumere se fosse uno dei Dodici. Un’antica tradizione lo ha identificato con Bartolomeo poiché, nel racconto dei sinottici, Bartolomeo ricorre sempre in collegamento con Filippo.
Unica occorrenza del termine Israēlitēs (Ἰσραηλίτης) in tutto il quarto vangelo. Accostato all’avverbio alēthōs (ἀληθῶς), che invece ricorre 7 volte – di cui 5 in riferimento a Gesù – caratterizza Natanaele, come i discepoli, in riferimento al campo semantico della “verità”.
Stare sotto il fico può evocare la situazione di pace e tranquillità scaturita dalla venuta del Messia, come annunciato dai profeti, oppure alludere alla consuetudine dei dottori della Legge, attestata nei testi rabbinici, di studiare e insegnare la Scrittura all’ombra di un albero di fico. L’aggettivo meizō (μείζω), comparativo di megas (μέγας, grande) non intende stabilire un confronto tra la rivelazione cristologica e l’AT, ma tra l’esperienza di fede iniziale di Natanaele e la rivelazione che il Padre realizzerà con la missione del Figlio. La solenne formula amēn amēn legō humin (ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν), che nel quarto vangelo ricorre 25 volte, introduce dichiarazioni particolarmente autorevoli, sottolineando l’autonomia di Gesù, che fonda il proprio insegnamento non sull’autorità di altri maestri, ma sulla propria intima relazione con il Padre.
La visione riguarda un tempo futuro ma l’evento di cui si parla è espresso al perfetto – aperto, dal verbo anoigō (ἀνοίγω) – che indica un evento accaduto in passato ma i cui effetti perdurano fino al presente. Nella letteratura profetica e apocalittica, l’aprirsi dei cieli indica l’apertura di una via di comunicazione tra il mondo di Dio e il mondo degli uomini. In questo caso, la missione terrena del Figlio dell’uomo, il Logos fatto carne.
Commento alla Liturgia
5 Gennaio
Prima lettura
1Gv 3,11-21
11Poiché questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. 12Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello. E per quale motivo l'uccise? Perché le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste. 13Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. 14Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui. 16In questo abbiamo conosciuto l'amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. 17Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l'amore di Dio? 18Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. 19In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, 20qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. 21Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio,
Salmo Responsoriale
Dal Sal 99(100)
R. Acclamate il Signore, voi tutti della terra.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza. R.
Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo. R.
Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome. R.
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione. R.
Vangelo
Gv 1,43-51
43Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: "Seguimi!". 44Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. 45Filippo trovò Natanaele e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret". 46Natanaele gli disse: "Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi". 47Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità". 48Natanaele gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi". 49Gli replicò Natanaele: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!". 50Gli rispose Gesù: "Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!". 51Poi gli disse: "In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo".
Note
Approfondimenti
La provenienza di Gesù da Nàzaret suscitava scetticismo per un duplice motivo: Nàzaret è un villaggio della Galilea di scarsissima importanza, mai menzionato nelle Scritture e nella letteratura giudaica; inoltre, nelle attese dell’AT il Messia doveva sorgere dalla discendenza di David e provenire da Betlemme (cf. 7,41-43; Mi 5,1).
Si introduce così un tema fondamentale e ricorrente del quarto vangelo: la vera origine di Gesù. Gli uomini del suo tempo ritengono di conoscerla perché sanno chi sono i suoi genitori terreni, ma più volte Gesù dirà che solo chi crede in lui può realmente conoscere da dove egli venga. Anche Filippo suggerisce, invece degli argomenti dialettici delle autorità di Gerusalemme, la via dell’esperienza: “Vieni e vedi”.
Pregiudizi
Il Vangelo di oggi è un mescolio di passa parola e pregiudizi:
“Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?»”.
Se il passa parola è lo strumento principale dell’evangelizzazione, il pregiudizio invece ne è il suo grande impedimento. Infatti il cristianesimo lo apprendiamo sempre attraverso la contaminazione delle relazioni. Gesù lo si incontra sempre in un incontro umanissimo che segna la nostra vita e che a volte ha il volto degli amici, di un familiare, di qualcuno incontrato per caso. Ma c’è dentro di noi sempre un pregiudizio che sta a guardia di tutte le nostre esperienze. Solitamente il pregiudizio che ci abita è un modo di difenderci, di tenere sotto controllo la vita, di gestirla perché non ci riservi fregature, ma è proprio a causa dei pregiudizi che a volte tagliamo fuori ciò che conta. Natanaele è uno studioso della Legge, e proprio per questo fa fatica a comprendere cosa ci possa entrare un uomo venuto da Nazaret con tutto quello che le scritture e le profezie dicono del messia. In un certo senso ha ragione, ma in un altro senso ha torto. Ha ragione se si fida solo di ciò che ha imparato, ha torto quando dà la precedenza alle idee invece che alla realtà. Ecco perché il più grande esorcismo nei confronti del pregiudizio lo pronuncia Filippo:
“Filippo gli rispose: «Vieni e vedi»”.
Solo un’esperienza può toglierci o confermarci in un pregiudizio. Chi non si mette in gioco “provando” non ha nemmeno diritto a dire è vero o è falso. Il cristianesimo lo si può accogliere o scartare a partire dall’esperienza. Chi combatte il cristianesimo a tavolino, non ha diritto di parola perché può parlare solo chi c’ha provato.
Cerca nei commenti