Il verbo splagchnizomai (σπλαγχνίζομαι) contiene un riferimento alle viscere (splagchnon, σπλάγχνον), che nella Bibbia sono la sede dei sentimenti di pietà, compassione e misericordia. Nel greco classico, invece, le viscere sono sede di altre forti passioni, come l’ira, il furore, il trasporto amoroso. In Matteo questo verbo ha sempre come soggetto Gesù verso le folle, tranne in questo caso in cui è il re del racconto – facilmente identificabile con Dio – a provare compassione per il servo.
A differenza di Marco che ne parla, Matteo normalmente non esplicita le reazioni umane di Gesù, ad eccezione proprio della compassione. In questa parabola esclusivamente matteana, la compassione diventa perdono e condono dei debiti. E proprio per questo Gesù costituisce i Dodici, che ne dovranno essere il segno concreto.
Commento alla Liturgia
Martedì della III settimana di Quaresima
Prima lettura
Dn 3,25.34-43
25Azaria si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: 34Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; 35non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, 36ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. 37Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. 38Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. 39Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. 40Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c'è delusione per coloro che confidano in te. 41Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. 42Fa' con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. 43Salvaci con i tuoi prodigi, da' gloria al tuo nome, Signore.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 24 (25)
R. Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza. R.
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore. R.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. R.
Vangelo
Mt 18,21-35
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". 22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. 23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. 31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello".
Note
Approfondimenti
Il verbo splagchnizomai (σπλαγχνίζομαι) contiene un riferimento alle viscere (splagchnon, σπλάγχνον), che nella Bibbia sono la sede dei sentimenti di pietà, compassione e misericordia. Nel greco classico, invece, le viscere sono sede di altre forti passioni, come l’ira, il furore, il trasporto amoroso. In Matteo questo verbo ha sempre come soggetto Gesù verso le folle, tranne in questo caso in cui è il re del racconto – facilmente identificabile con Dio – a provare compassione per il servo.
A differenza di Marco che ne parla, Matteo normalmente non esplicita le reazioni umane di Gesù, ad eccezione proprio della compassione. In questa parabola esclusivamente matteana, la compassione diventa perdono e condono dei debiti. E proprio per questo Gesù costituisce i Dodici, che ne dovranno essere il segno concreto.
Fino in fondo
Oggi le Scritture ci pongono a distanza ravvicinata con la sfida di un amore che si rende disponibile a raggiungere l’intensità e la qualità della misura divina. La domanda da cui prende avvio il Vangelo, con cui Pietro si rivolge a Gesù a nome dei discepoli di ogni tempo, ci risulta molto comprensibile e, persino, legittima, pensando alla fatica con cui ci misuriamo ogni volta che dobbiamo restare in relazione con qualcuno che ci ha ferito, abbandonato o tradito:
«Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?» (Mt 18,21).
Il dubbio sulla quantità degli atti di misericordia che saremmo tenuti a fare nei confronti dei nostri debitori manifesta molto chiaramente che, dal nostro punto di vista, si tratta soprattutto di uno sforzo che non vorremmo ripetere troppo a lungo, per non correre il rischio di essere logorati troppo in fretta dalle esigenze dell’altro. Inoltre attesta che, nella fatica relazionale, abbiamo l’abitudine di conservare in tasca una calcolatrice, pronti a conteggiare quanta pazienza dobbiamo ancora manifestare e quante altre occasioni siamo tenuti ad accordare all’altro, prima di poterci prendere una sottile e raffinata rivincita nei suoi confronti.
La lunga parabola del «re che volle regolare i conti con i suoi servi» (18,23) lascia intendere che, in realtà, il perdono sia più un problema di qualità che di quantità. Il racconto del servo a cui viene condonato un grosso debito (circa trecento tonnellate d’oro), incapace di avere misericordia nei confronti di chi gli è debitore soltanto di una piccola somma (circa mezzo chilogrammo d’argento), vuole segnalare un drammatico disturbo di (auto)coscienza da cui siamo tutti affetti. Smarriamo facilmente la consapevolezza di quanto la nostra vita sia dono gratuito, che non possiamo – ma soprattutto non dobbiamo – ripagare o conquistare con le nostre forze. A causa di questo oblio di memoria del cuore, spesso ci sentiamo in diritto di rivalerci sul nostro prossimo, tirandogli il collo, insensibili al grido di pietà del nostro fratello soffocato dal morso della nostra rabbia:
«Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”» (Mt 18,29).
Molto diverso è invece lo sguardo mite con cui Anania, dentro la fornace ardente, solleva umilmente gli occhi al Dio del cielo. Nel fondo di un’angoscia che brucia e consuma, la sua voce diventa preghiera in prima persona plurale, manifestando una capacità di non concepirsi mai soli, nemmeno dentro una grande sofferenza:
«Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia» (Dn 3,34).
La parola di Dio ci chiede, oggi, di provare a guardare le cose da un diverso punto di vista, per poter riconoscere nell’altro che sbaglia – magari rovinosamente contro di noi – un corpo debole e fragile, che soffre e sanguina proprio come il nostro:
«Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (Mt 18,33).
Solo partendo dal ricordo che siamo una radicale povertà amata da Dio, possiamo ritrovare uno sguardo di compassione verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, cercando le strade più favorevoli per vivere insieme una comunione di pace e di perdono. Diventare misericordiosi è l’unica vera conversione a cui, in fondo, siamo chiamati per consentire a Dio di trasformare la realtà nel mistero del «regno dei cieli» (18,23). Essere misericordiosi ci libera dalla schiavitù del rancore e del risentimento, rendendoci in grado di camminare gli uni verso gli altri «con tutto il cuore» (Dn 3,14), fino in fondo:
«Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,22).
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