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La menzione della Pasqua non è solo un’indicazione temporale, ma rinvia all’orizzonte simbolico della festa giudaica, in particolare alla vicenda dell’esodo, che è lo sfondo e la chiave interpretativa degli eventi narrati in questo cap. 6 del quarto Vangelo. Nella prima ricorrenza pasquale (cf. cap. 2), gli elementi unificanti erano la fede e il tempio, nella seconda sono ancora la fede in Gesù e il significato simbolico del “nutrimento”. Anche le azioni di Gesù sono lette alla luce di quelle di Mosè, prefigurazione del futuro Messia.
Anche il richiamo al fatto che i pani sono di orzo rinvia alla Pasqua. Infatti, oltre a richiamare l’episodio di Eliseo in 2Re 4,38-41, i pani azzimi del pasto pasquale venivano preparati con farina di orzo, che era il primo dei cereali a maturare.
"Mettersi a tavola” è il significato del verbo anapìptō (ἀναπίπτω), ripetuto due volte nello stesso versetto e ricco di reminiscenze nella Scrittura. Alla lettera, si potrebbe tradurre “cadere giù di fianco”, posizione consueta per prendere i pasti nel mondo antico. Soprattutto, è il verbo usato in Gv 13,25 per descrivere il gesto del discepolo amato che “si sdraia” sul petto di Gesù. Nella versione greca dell’Antico Testamento, è usato per lo più per indicare la partecipazione a un banchetto. Il verbo preannuncia così l’ordine simbolico del pasto che sta per cominciare.
Questo dettaglio sottolinea ulteriormente il carattere primaverile ¬– e quindi pasquale –¬ dell’evento. L’abbondanza di erba potrebbe anche sottintendere che Gesù è il pastore messianico che conduce il gregge verso i verdi pascoli del pane di vita.
Il verbo empiplēmi (ἐμπίπλημι) sembra avere una sfumatura più spirituale e figurata rispetto al verbo chortazō utilizzato dai vangeli sinottici, poiché indica non solo la sazietà per il cibo ma anche la felicità per i beni concessi da Dio (cf. a dimostrazione Lc 1,53; 6,25; At 14,17; Rm 15,24).
Commento alla Liturgia
Venerdì della II settimana di Pasqua
Prima lettura
At 5,34-42
34Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento 35e disse: "Uomini d'Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. 36Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. 37Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero. 38Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest'opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; 39ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!". Seguirono il suo parere 40e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. 41Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. 42E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 26(27)
R. Una cosa ho chiesto al Signore: abitare nella sua casa.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? R.
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario. R.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. R.
Vangelo
Gv 6,1-15
1Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". 10Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: "Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!". 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Note
Moltiplicare
Il luogo del miracolo raccontato nel Vangelo di oggi è Tiberiade. Deve rimanerci impresso questo dettaglio perché la moltiplicazione dei pani e dei pesci avviene nello stesso posto dove Gesù apparirà risorto per l’ultima volta facendo eucarestia con i suoi discepoli. Tiberiade rappresenta lo scenario di tutta l’umanità, il mondo pagano. Ed è qui che il miracolo raccontato nel Vangelo di oggi fa da prefigurazione all’ultimo segno che compirà prima della Sua ascensione. La domanda che Gesù rivolge a Filippo sul dove si potrà trovare pane per tutti è domanda rivolta a ognuno di noi quando davanti alla sproporzione delle cose che ci accadono ci sentiamo interpellati: “E adesso dove troverai tutte le forze per affrontare questo?”. C’è sempre la presa di coscienza di una grande sproporzione che c’è tra le nostre forze e ciò che ci tocca vivere. Se ci pensiamo davvero, sperimentiamo lo stesso spaesamento che avrà provato il povero Filippo. Solo un miracolo può salvarci. E il miracolo accade.
“Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: ‘C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?’”.
Bisogna avere almeno l’umiltà di sapere quel poco che si ha. Se sappiamo fare solo l’elenco di ciò che ci manca rimaniamo schiacciati dal solo pensiero delle cose. Gesù moltiplica quei cinque pani e due pesci, ma moltiplica non crea. Moltiplicare cinque è cosa diversa dal moltiplicare zero. Nessuno di noi ha zero. Ha qualcosa, che non sarà certamente abbastanza. Lo metta però con fiducia davanti al Signore ed Egli farà il resto. L’errore è il pensare che il poco che noi abbiamo non conti nulla. In realtà non conta nulla quando rimane da solo, ma quando è consegnato a Lui non solo basta ma avanza. Non è magia, ma è il miracolo del possibile offerto con fiducia. Dovremmo diventare esperti nel fare questo tipo di miracoli, cioè nel fare ciò che ci è possibile fare senza pretendere da noi stessi l’impossibile. Quest’ultimo lasciamolo a Lui.
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