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Il verbo telèō (τελέω), che significa “venire a capo, terminare, realizzare” non è il verbo teologico del compimento (plēroō, πληρόω, cf. 13,27.33), ma della messa in pratica delle Scritture (cf. per esempio Lc 2,39).
Il termine tòpos (τόπος), letteralmente “luogo”, si riferisce qui al simbolismo del tempio, come l’espressione “la casa del Padre mio”. È anche un richiamo esplicito alla teologia del Deuteronomio sull’unicità di Dio e la molteplicità dei membri del popolo. Nel resto del Vangelo, le occorrenze di questo termine rimandano tutte al tempio, simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma qui si esplicita che il “luogo” dell’incontro tra Dio e il suo popolo è la Parola fatta carne, e che siamo noi il “luogo” della sua gloria.
Il termine tòpos (τόπος), letteralmente “luogo”, si riferisce qui al simbolismo del tempio, come l’espressione “la casa del Padre mio”. È anche un richiamo esplicito alla teologia del Deuteronomio sull’unicità di Dio e la molteplicità dei membri del popolo. Nel resto del Vangelo, le occorrenze di questo termine rimandano tutte al tempio, simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma qui si esplicita che il “luogo” dell’incontro tra Dio e il suo popolo è la Parola fatta carne, e che siamo noi il “luogo” della sua gloria.
Nelle sue possibili sfumature di “strada” (e per estensione “viaggio”) e “modo di vivere”, il sostantivo odòs (ὁδός) in questi versetti assume un valore sapienziale collegato al “luogo” in cui, per Gesù, i discepoli sanno come arrivare: essi, infatti, hanno visto la “via” seguita da Gesù fino a quel momento, la “via” dell’amore glorificato, l’amore fino alla fine per colui che lo tradisce (cf. Gv 13).
Nelle sue possibili sfumature di “strada” (e per estensione “viaggio”) e “modo di vivere”, il sostantivo odòs (ὁδός) in questi versetti assume un valore sapienziale collegato al “luogo” in cui, per Gesù, i discepoli sanno come arrivare: essi, infatti, hanno visto la “via” seguita da Gesù fino a quel momento, la “via” dell’amore glorificato, l’amore fino alla fine per colui che lo tradisce (cf. Gv 13).
Nelle sue possibili sfumature di “strada” (e per estensione “viaggio”) e “modo di vivere”, il sostantivo odòs (ὁδός) in questi versetti assume un valore sapienziale collegato al “luogo” in cui, per Gesù, i discepoli sanno come arrivare: essi, infatti, hanno visto la “via” seguita da Gesù fino a quel momento, la “via” dell’amore glorificato, l’amore fino alla fine per colui che lo tradisce (cf. Gv 13).
Commento alla Liturgia
Venerdì della IV settimana di Pasqua
Prima lettura
At 13,26-33
26Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza. 27Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato; 28pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso. 29Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. 30Ma Dio lo ha risuscitato dai morti 31ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. 32E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, 33perché Dio l'ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 2
R. Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
«Io stesso ho stabilito il mio sovrano
sul Sion, mia santa montagna».
Voglio annunciare il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato. R.
Chiedimi e ti darò in eredità le genti
e in tuo dominio le terre più lontane.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vaso di argilla le frantumerai». R.
E ora siate saggi, o sovrani;
lasciatevi correggere, o giudici della terra;
servite il Signore con timore
e rallegratevi con tremore. R.
Vangelo
Gv 14,1-6
1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via". 5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". 6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Note
Approfondimenti
L’indicazione del riferimento esatto della citazione è un caso unico del Nuovo Testamento. Il salmo secondo è un salmo regale, composto per l’insediamento di un re sul trono davidico: quando accede al potere entra nella famiglia divina. Questa dichiarazione filiale risuona nella voce celeste al battesimo di Gesù (Lc 3,22).
Ma come avviene il legame tra condizione filiale del Re-Messia e risurrezione di Gesù? Segnaliamo due ipotesi possibili:
Nessuno si salva da solo!
“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Le persone affidate sono sempre in una inspiegabile pace. Credo che il Vangelo di oggi si spinga fino al punto di fissare i nostri occhi e rivolgerci le parole di Gesù: fidati di me e torna sereno! E credo che sia lo stesso tentativo che qualche geniale mente ha messo in atto quando non molto tempo fa ha tappezzato Roma di cartelli pubblicitari in cui era scritto: “Dio esiste, ma non sei tu!”. Dietro quest’ironia c’è una verità di fondo, la stessa verità del Vangelo di oggi. Giocare a fare Dio, ci toglie la pace. E si gioca a fare Dio quando ci si convince che bisogna salvarsi da soli, che bisogna darsi da soli una soluzione, una risposta. Si gioca a fare Dio quando si pensa che bisogna trovare autonomamente un posto giusto dove sentire significato.
“Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”.
È Gesù colui che ci prepara un posto. È Lui che anche quando sperimentiamo assente in realtà sta facendo qualcosa per noi. Gesù ha aperto una via su ciò che in fondo al nostro cuore sappiamo esistere ma che non sappiamo come raggiungere.
“Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
Gesù è la via che ci conduce a ciò che davvero desideriamo e che non riusciamo a darci da soli. In questo senso la fede cristiana parte da una constatazione di umiltà imprescindibile: nessuno può salvarsi da solo. E Gesù è venuto esattamente perché non rimaniamo abbandonati nella nostra solitudine. Il dramma dell’uomo, il suo vero inferno è proprio la solitudine. Accettare Cristo significa vincere questo inferno una volta per tutte. Ma l’accettazione presuppone la nostra libertà.
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