Commento alla Liturgia

Giovedì della VIII settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Sir 42,15-26

15Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. 16Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. 17Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l'Onnipotente, ha stabilito perché l'universo stesse saldo nella sua gloria. 18Egli scruta l'abisso e il cuore, e penetra tutti i loro segreti. L'Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, 19annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. 20Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta. 21Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere. 22Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare. 23Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempre per tutte le necessità, e tutte gli obbediscono. 24Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all'altra, egli non ha fatto nulla d'incompleto. 25L'una conferma i pregi dell'altra: chi si sazierà di contemplare la sua gloria?

Vangelo

Mc 10,46-52

46E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". 49Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". Chiamarono il cieco, dicendogli: "Coraggio! Àlzati, ti chiama!". 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: "Che cosa vuoi che io faccia per te?". E il cieco gli rispose: "Rabbunì, che io veda di nuovo!". 52E Gesù gli disse: "Va', la tua fede ti ha salvato". E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Commento alla Liturgia

Scompostezza

Luigi Maria Epicoco

Un cieco, una strada, Gesù che passa, un grido, un grido più forte, una domanda, una guarigione. Potremmo sintetizzare così il racconto del Vangelo di oggi che sembra descrivere attraverso la storia di quest’uomo la condizione di ciascuno di noi e i rischi che a volte come Chiesa corriamo. Infatti è proprio di ogni uomo rimanere bloccato e fermo su una strada quando non vede più un senso, un motivo, un orizzonte. E quando ciò accade si può solo mendicare la vita non viverla. Ma anche in una condizione simile Gesù può venire a salvarci. Per farlo usa la Chiesa, che altro non è che un popolo che fa sentire la Sua presenza:

“Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!»”.

Noi non siamo Gesù, ma di fatto siamo ciò che più lo dovrebbe ricordare, annunciare, indicare. E davanti a un annuncio simile l’unica preghiera possibile è quella di questo cieco:

“Allora egli gridò: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!»”.

Non è una preghiera composta, misurata, a bassa voce. Non è un esercizio di stile e di equilibrio. È la preghiera urlata di chi sta annaspando, di chi sente la possibilità di un cambiamento che davvero può capovolgere la vita. La preghiera quando è vera assomiglia al grido di quest’uomo. Ma paradossalmente davanti alla scompostezza di questo cieco la medesima folla che aveva annunciato il passaggio di Gesù diventa ostacolo:

“Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!»”.

Può sembrare schizofrenico l’atteggiamento di chi annuncia e poi sgrida, ma è quello che sovente capita anche oggi nelle nostre comunità. Da una parte annunciamo, e dall’altra parte siamo noi stessi il motivo per cui l’uomo disperato di oggi non incontra Gesù. Fortunatamente però Gesù è più forte anche della nostra mediocrità, e sa ascoltare contro ogni tentativo di mettere a tacere:

“Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!»”.

 

Cerca nei commenti

Il verbo eleèō (ἐλεέω) è di uso piuttosto raro in Marco: se ne trova una sola altra occorrenza in 5,19, dove Gesù lo riferisce a come Dio ha avuto compassione dell’indemoniato. È un verbo che appartiene al linguaggio tecnico della preghiera, ai salmi e alla liturgia. Qui, nell’incontro con la pietà di Gesù, Bartimeo sperimenta la salvezza, non solo la guarigione. Il verbo eleèō (ἐλεέω) è di uso piuttosto raro in Marco: se ne trova una sola altra occorrenza in 5,19, dove Gesù lo riferisce a come Dio ha avuto compassione dell’indemoniato. È un verbo che appartiene al linguaggio tecnico della preghiera, ai salmi e alla liturgia. Qui, nell’incontro con la pietà di Gesù, Bartimeo sperimenta la salvezza, non solo la guarigione. Il verbo apobàllō (ἀποβάλλω) esprime il gesto con cui il cieco “abbandona” il suo mantello per correre da Gesù che lo chiama, atteggiamento tipico del discepolo perfetto che per seguire Gesù lascia tutto. Gettare via il mantello, inoltre, richiama questa totalità riferendola alla Legge di Mosè, secondo la quale il mantello è la sola ricchezza del povero (Es 22,25-26). Letteralmente, il verbo anablèpō (ἀναβλέπω) significa “alzare lo sguardo”, ma qui assume il senso di “acquistare la vista” o “tornare a vedere”, “vedere di nuovo”. Implica quindi che il cieco chieda e ottenga di recuperare una funzione che nel passato deve avere avuto e poi perso. La risposta di Gesù lascia intendere che è la fede a permettergli di vedere veramente. Il vedere, poi, nei capitoli centrali del Vangelo di Marco (8-10) coincide con il comprendere l’identità di Gesù, primo passo della sequela. Letteralmente, il verbo anablèpō (ἀναβλέπω) significa “alzare lo sguardo”, ma qui assume il senso di “acquistare la vista” o “tornare a vedere”, “vedere di nuovo”. Implica quindi che il cieco chieda e ottenga di recuperare una funzione che nel passato deve avere avuto e poi perso. La risposta di Gesù lascia intendere che è la fede a permettergli di vedere veramente. Il vedere, poi, nei capitoli centrali del Vangelo di Marco (8-10) coincide con il comprendere l’identità di Gesù, primo passo della sequela.

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