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Per presentare quelli che conosciamo come i Dodici apostoli, Matteo usa il termine μαθητής (mathetès), la cui radice è il verbo μανθάνω (manthàno), che significa imparare. L’evangelista segnala così, con la scelta di questo termine, che chiunque è chiamato da Gesù, in ogni tempo, è anzitutto un discepolo, e che quanti sono disposti a imparare ricevono lo stesso potere del Maestro.
Commento alla Liturgia
Martedì della XIV settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gen 32,23-33
23Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. 24Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi. 25Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora. 26Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. 27Quello disse: "Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora". Giacobbe rispose: "Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!". 28Gli domandò: "Come ti chiami?". Rispose: "Giacobbe". 29Riprese: "Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!". 30Giacobbe allora gli chiese: "Svelami il tuo nome". Gli rispose: "Perché mi chiedi il nome?". E qui lo benedisse. 31Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: "Davvero - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva". 32Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all'anca. 33Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l'articolazione del femore, perché quell'uomo aveva colpito l'articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.
Vangelo
Mt 9,32-38
32Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. 33E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: "Non si è mai vista una cosa simile in Israele!". 34Ma i farisei dicevano: "Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni". 35Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. 36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!".
Note
Oltrepassare
I sogni — dicevamo ieri — Dio li realizza sempre in forme, tempi e modi quasi sempre lontani dalle nostre aspettative. Questo non solo perché ama stupirci o perché le sue vie sono, per definizione, diverse dalle nostre vie. Ciò accade anche perché egli non può che compiere i sogni di noi e di tutti solo attraversando il mistero delle nostre libertà, che noi — ora distrattamente ora colpevolmente — dimentichiamo troppo spesso di considerare.
Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora (Gen 32,25).
Dopo aver escogitato l’ennesimo stratagemma per schermarsi dalla collera del fratello Esaù, Giacobbe rimane solo a combattere con un personaggio misterioso, che solo alla fine si rivelerà essere l’angelo del Signore. Il piano è intelligente: farsi precedere da un esercito di doni, per evitare di dover dialogare con il fratello dei torti subiti e inferti. Ciò nonostante Giacobbe non riesce a oltrepassare questa notte, prima di essersi scoperto prigioniero ferito di un passato non ancora superato, vittima di logiche segnate ancora dalla paura.
Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui (Gen 32,26).
Giacobbe si consuma in una lotta estenuante — dalla quale uscirà solo zoppicando — senza sapere che, nel frattempo, anche il fratello Esaù ha compiuto un suo cammino di purificazione e lo sta aspettando senza alcuno spirito di rivalsa dall’altra parte del fiume. Anche noi, spesso, ignoriamo quanta riconciliazione sia possibile costruire ogni giorno, affidandoci alla forza della compassione, presente nel cuore di ogni persona. Siamo convinti che alcune situazioni siano impossibili da sciogliersi, risolversi, ricomporsi. Luoghi di morte su cui è ormai calato il silenzio della più profonda rassegnazione.
In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare (Mt 9,32-33).
Chiudersi, cercando di oltrepassare le soglie della vita con le sole nostre forze, non è poi così diverso dal rimanere muti, cioè convinti che sia meglio evitare di entrare in relazione con gli altri e, dunque, con noi stessi. Sono entrambe forme di sopravvivenza con cui ci ostiniamo a cercare di capire la realtà, anziché lasciarci benedire da essa e da Colui che sempre la orienta e la sostiene.
Giacobbe allora chi chiese: «Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse (Gen 32,30).
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