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La distinzione tra anima e corpo può apparire sorprendente in Matteo, che di solito ragiona con categorie ebraiche che non ammettono questa distinzione. In realtà, con il termine psuchē (ψυχή) Matteo intende proprio la nepheš, cioè la realtà umana nella sua globalità, il “soffio di vita” di Gen 2,7, insufflato nelle narici dell’uomo rendendolo una persona. Il corpo, poi, non è opposto a questo soffio di vita, ma indica l’uomo nella sua fragilità.
Il nome Geènna (γέεννα) deriva da un toponimo aramaico che significa “valle di Hinnom”, poi ripreso dall’ebraico nel libro di Giosuè, e indica il luogo a sud-ovest di Gerusalemme dove si offrivano sacrifici umani a Molok (cf. Ger 32,35) e venivano gettati i rifiuti, che bruciavano di continuo.
Letteralmente “per un assario” (assarion, ἀσσάριον), o “asse”, una moneta di bronzo forse di conio locale, come quelle di Erode il Grande, diversa dall’asse di Roma, troppo raro e diffuso soprattutto nella parte occidentale dell’impero. Valeva un sedicesimo di denaro.
Il termine “volere” non è presente nel testo greco, quindi letteralmente il testo suona “senza il Padre vostro”. La preposizione “senza” (aneu, ἄνευ) è rara nel Nuovo Testamento. Potrebbe significare, quando è riferita a una persona come in questo caso, “senza la conoscenza o il volere di”, il che spiega l’attuale traduzione. San Girolamo, invece, lasciava il testo più aderente alla lettera del greco, optando per la prima ipotesi.
Il verbo homologheo (ὁμολογέω) equivale a “confessare, lodare”, ma anche “dichiararsi pubblicamente a favore di qualcuno”, come in questo caso: “chiunque si dichiarerà per me” (en emoi, ἐν ἐμοὶ).
Commento alla Liturgia
Sabato della XIV settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gen 49,29-33.50,15-26a
29Poi diede loro quest'ordine: "Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l'Ittita, 30nella caverna che si trova nel campo di Macpela di fronte a Mamre, nella terra di Canaan, quella che Abramo acquistò con il campo di Efron l'Ittita come proprietà sepolcrale. 31Là seppellirono Abramo e Sara sua moglie, là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là seppellii Lia. 32La proprietà del campo e della caverna che si trova in esso è stata acquistata dagli Ittiti". 33Quando Giacobbe ebbe finito di dare quest'ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò, e fu riunito ai suoi antenati. 15Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: "Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?". 16Allora mandarono a dire a Giuseppe: "Tuo padre prima di morire ha dato quest'ordine: 17"Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male!". Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!". Giuseppe pianse quando gli si parlò così. 18E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: "Eccoci tuoi schiavi!". 19Ma Giuseppe disse loro: "Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? 20Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. 21Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini". Così li consolò parlando al loro cuore. 22Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni. 23Così Giuseppe vide i figli di Èfraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. 24Poi Giuseppe disse ai fratelli: "Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa terra, verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe". 25Giuseppe fece giurare ai figli d'Israele così: "Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa". 26Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 104(105)
R. Voi che cercate Dio, fatevi coraggio.
Oppure:
R. Cerchiamo il tuo volto, Signore, colmaci di gioia.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie. R.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto. R.
Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi. R.
Vangelo
Mt 10,24-33
24Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; 25è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! 26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! 32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Note
Sufficiente
Le parole del Signore Gesù rivolte ai suoi discepoli coniugano una dose di assoluta verità con una buona dose di tenerezza. La dura verità è che vi sono anche «quelli che uccidono» (Mt 10,28), ma la grande consolazione consiste nel fatto che
«è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo Signore» (Mt 10,25).
Se leggiamo con attenzione le parole che il Signore rivolge ai suoi discepoli, possiamo cogliere una sorta di ritornello che ne fonda la vita e ne orienta il cammino a livello più profondo: «Non abbiate dunque paura» (10,26) che potrebbe diventare «non abbiate pura di diventare come me» perché questo processo di trasformazione e di identificazione, oltre che essere la cosa fondamentale, è anche quella sufficiente alla nostra vita.
A conferma dell’importanza fondamentale di questo processo di liberazione dalla paura, vediamo che, al contrario, i fratelli di Giuseppe al momento della morte del loro padre «cominciarono ad avere paura» (Gen 50,15). Il lungo e non facile cammino percorso non è stato sufficiente per i fratelli di Giuseppe per capire il cuore del loro fratello: non hanno intuito che basta essere fratelli e il resto – persino il dolore che ci si è inflitto l’un l’altro – perde di importanza. Ma come fare a convincere gli altri di questo? L’unica cosa che possiamo realmente fare è convincere noi stessi. Le parole di Giuseppe, prima di essere un balsamo per i suoi fratelli impauriti, sono il segno di un cammino interiore compiuto interamente:
«Non temete. Tengo io forse il posto di Dio?» (Gen 50,19).
L’elemento essenziale nella vita è quello che viviamo nell’intimità e nel segreto del cuore come cammino di conversione e di trasformazione, aldilà e, talora, persino nonostante quello che avviene attorno a noi e talora contro di noi:
«Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32-33).
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