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Ci si riferisce qui all’area del tempio, ieròn (ἱερόν) e non al santuario (naòs, ναός). Questo luogo dove Gesù si trova indica lo “stare presso” il Padre suo (cf. v. 49). Tuttavia, il tempio per Gesù è un luogo provvisorio, o meglio simbolico, visto che subito dopo torna a Nazaret con i genitori e spenderà la maggior parte della sua vita fuori dal tempio, in Galilea. L’intimità con il Padre: questo è il vero luogo di Gesù, anche quando sta in mezzo agli uomini.
Con il termine sunesis (σύνεσις), Luca non definisce solo la natura delle risposte di Gesù ai saggi, ma tutta la sua persona. Il termine indica la facoltà intellettuale di cogliere i rapporti tra le cose e di trarre conclusioni. Nella Bibbia dei LXX e nella letteratura sapienziale, indica spesso la giustezza di vedute nutrita dalla fede: nella tradizione biblica, infatti, l’uomo non possiede la sapienza da sé, ma la riceve quando fa propria la volontà di Dio. Qui la sapienza di Gesù è associata sia a quella dei maestri, per la conoscenza delle Scritture, sia a quella dei profeti, per la rivelazione escatologica e cristologica che Luca mette in bocca a Gesù subito dopo.
Commento alla Liturgia
Cuore Immacolato della B.V. Maria
Prima lettura
Is 61,9-11
9Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, la loro discendenza in mezzo ai popoli. Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore. 10Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. 11Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.
Salmo Responsoriale
Da 1Sam 2,1.4-8
R. Il mio cuore esulta nel Signore, mio salvatore.
Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia forza s'innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici,
perché io gioisco per la tua salvezza. R.
L'arco dei forti s'è spezzato,
ma i deboli si sono rivestiti di vigore.
I sazi si sono venduti per un pane,
hanno smesso di farlo gli affamati.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita. R.
Il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire.
Il Signore rende povero e arricchisce,
abbassa ed esalta. R.
Solleva dalla polvere il debole,
dall'immondizia rialza il povero,
per farli sedere con i nobili
e assegnare loro un trono di gloria. R.
Vangelo
Lc 2,41-51
41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". 49Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.
Note
Approfondimenti
Sono possibili tre interpretazioni di questa espressione:
1) un luogo, “nella proprietà di mio padre”, cioè nel tempio, presso il Padre celeste e non presso il padre terreno;
2) εἶναί ἐν, “essere in”, ma anche “occuparsi di” con τά seguito dal genitivo, nel senso di “ciò che appartiene a”;
3) una risposta enigmatica che farebbe riferimento a una partecipazione di Gesù agli affari del Padre celeste.
“Bisogna” (δεῖ), verbo che Luca ama usare, annuncia il destino di Gesù come assunto da lui e voluto da Dio, nel senso che la relazione tra il padre e il figlio si inscrive nella storia della salvezza, una salvezza relazionale di amore e conoscenza reciproci.
Custodire
Le Scritture scelte per la festa del cuore immacolato di Maria ci conducono dentro la comprensione profonda di cosa possa essere un’umanità pienamente spalancata alla realtà e all’iniziativa di Dio. La storia di questa ricorrenza liturgica è abbastanza recente, il suo significato straordinariamente pregnante. Infatti, nel linguaggio biblico il cuore rappresenta la totalità della dimensione interiore e invisibile di una persona. Se nel mondo contemporaneo è soprattutto la realtà dei sentimenti e delle passioni a essere evocata dalla parola ‘cuore’, nel mondo antico il suo significato era estremamente più ampio, dal momento che indicava la sede della volontà, del pensiero, delle emozioni di ogni essere vivente.
Sorge allora la domanda: com’era fatto, come funzionava il cuore di Maria, un cuore puro, affrancato dal peso e dalle conseguenze del peccato originale? Ascoltando il festante cantico di Isaia, potremmo avere già una prima risposta. Il popolo liberato dal timore dell’esilio percepisce la presenza di Dio come uno splendido abito che allontana la vergogna di trovarsi in terra ostile e disperde la paura verso un futuro avvertito come precario e inquietante:
«Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia» (Is 61,10).
Un cuore senza macchia è un’interiorità priva del sospetto che Dio non sia, ostinatamente, dalla parte dell’uomo come un alleato fedele, «come uno sposo», «come una sposa» (61,10).
Il vangelo rende ancora più interessante la nozione di purezza del cuore, che corre sempre il rischio di essere da noi avvertita come un’esenzione dalle sbavature del pensare e del vivere. Il racconto di come e quando Maria — insieme a Giuseppe — reagisce di fronte alla scomparsa del bambino Gesù, che si intrattiene a Gerusalemme a parlare con i maestri del tempio, rivela tratti sorprendenti dell’intimo di Maria. Il suo è un cuore che crede di sapere dove sia il Signore, mentre invece ignora che egli non è più negli ambienti familiari, «tra i parenti e i conoscenti» (Lc 2,44). Un cuore libero di provare angoscia, che non si vergogna di dover tornare indietro, di convertirsi. Un cuore capace di «stupore» (2,47), che accoglie volentieri il compito di dover porre domande:
«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48)
e accetta la fatica di ricevere ulteriori interrogativi come risposte: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (2,49). Un cuore che non pretende di dover sempre capire o condividere i disegni di Dio, ma accetta di camminare umilmente nel chiaroscuro della fede — «Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro» (2,50) — nell’attesa che «spunti il giorno e la stella del mattino illumini» (2Pt 1,19) ogni ombra. Un cuore che sa attendere proprio perché non disperde, ma tutto raccoglie e serba dentro di sé:
«Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51).
Un simile cuore è ciò che ogni figlio di Dio è chiamato ad avere, perché ciò che Maria — sin dalla sua nascita — ha ricevuto in dono da Dio come privilegio è l’invisibile realtà che il mistero pasquale non cessa mai di edificare nella carne di ogni discepolo di Cristo.
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