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Nella prima occorrenza, il verbo ergàzomai (ἐργάζομαι) esprime il significato di “acquisire mediante il lavoro”. Nella seconda occorrenza, lo stesso verbo è usato in un gioco di parole: “operare le opere” (èrga, ἔργα) di Dio, che in ultima analisi corrispondono alla vita eterna, al cibo che rimane, alla fede stessa. L’essenziale, dunque, è passare dalla nostra opera all’opera di Dio in noi, che è un dono. Gli ascoltatori sono semplicemente preparati all’affermazione che devono accettare ciò che è dato gratuitamente.
Nella prima occorrenza, il verbo ergàzomai (ἐργάζομαι) esprime il significato di “acquisire mediante il lavoro”. Nella seconda occorrenza, lo stesso verbo è usato in un gioco di parole: “operare le opere” (èrga, ἔργα) di Dio, che in ultima analisi corrispondono alla vita eterna, al cibo che rimane, alla fede stessa. L’essenziale, dunque, è passare dalla nostra opera all’opera di Dio in noi, che è un dono. Gli ascoltatori sono semplicemente preparati all’affermazione che devono accettare ciò che è dato gratuitamente.
Sir 24,19-21 (“Quanti si nutrono di me avranno ancora fame”) sembra contraddire le parole di Gesù in questo versetto. In realtà, Giovanni dichiara che il pane della sapienza fa cessare la fame di qualunque altra cosa e il libro del Siracide proclama che il desiderio di quel cibo non avrà mai più fine.
Commento alla Liturgia
XVIII Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Es 16,2-4.12-15
2Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. 3Gli Israeliti dissero loro: "Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine". 4Allora il Signore disse a Mosè: "Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. 12"Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: "Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio"". 13La sera le quaglie salirono e coprirono l'accampamento; al mattino c'era uno strato di rugiada intorno all'accampamento. 14Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c'era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. 15Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro: "Che cos'è?", perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: "È il pane che il Signore vi ha dato in cibo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 77(78)
R. Donaci, Signore, il pane del cielo.
Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto. R.
Diede ordine alle nubi dall’alto
e aprì le porte del cielo;
fece piovere su di loro la manna per cibo
e diede loro pane del cielo. R.
L’uomo mangiò il pane dei forti;
diede loro cibo in abbondanza.
Li fece entrare nei confini del suo santuario,
questo monte che la sua destra si è acquistato. R.
Seconda Lettura
Ef 4,17.20-24
17Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, 20Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, 21se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, 22ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l'uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, 23a rinnovarvi nello spirito della vostra mente 24e a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.
Vangelo
Gv 6,24-35
24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?". 26Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". 28Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?". 29Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato". 30Allora gli dissero: "Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo ". 32Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". 34Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". 35Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!
Note
Approfondimenti
L’espressione si può tradurre anche “il pane della vita sono io”, per evidenziare che il pane, secondo la cristologia dell’incarnazione propria di Giovanni, riproduce le caratteristiche di chi lo dona, in particolare il fatto di avere un’origine celeste (6,33) e la capacità di trasmettere la vita divina (zōē, ζωή). Il cibo di cui Gesù sta parlando è la sua persona: egli è il pane che Dio, suo Padre, dona al presente.
Si possono individuare due ispirazioni della cristologia giovannea:
Il cibo che rimane
Il segno dei pani e dei pesci è una parola difficile da accogliere, dura da assimilare. Dopo essersi miracolosamente saziata coi pani e coi pesci, la folla è convinta che Dio abbia finalmente restituito a Israele il suo vero re. Gesù è costretto a fuggire e a ritirarsi sul monte in preghiera, prendendo le adeguate distanze sia dalle aspettative nei suoi confronti sia dal tumulto di emozioni suscitate dal prodigio. Raggiunto da una folla che desidera assicurarsi in modo stabile i benefici appena gustati, Gesù offre un netto chiarimento:
«In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (Gv 6,26).
La voce del Signore tenta di elevare la comprensione del mistero di dono e di condivisione appena celebrato, per non appiattire ma dilatare il desiderio del popolo:
«Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,27).
Gesù sa bene come la nostra vita sia mossa da appetiti istintivi e superficiali, a cui leghiamo il nostro gusto e la nostra memoria. È l’insegnamento perenne dell’Esodo, dove un popolo condotto fuori dalla schiavitù dell’Egitto si scopre divorato dalla nostalgia di quei cibi gustati nel tempo della schiavitù: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà!» (Es 16,3). Il dono di libertà e di vita offerto da Dio si trasforma, nella precarietà del deserto, in un percorso di morte in cui ci si lamenta e si cede allo scoraggiamento:
«Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine» (Es 16,3).
Dio non si arrende a questa capricciosa reazione e concede a Israele la manna, andando incontro al bisogno di un popolo non ancora consapevole di dover nutrire più la fame di libertà che l’istinto di sopravvivenza:
«Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: “Che cos’è?”, perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: “È il pane che il Signore vi ha dato in cibo”» (Es 16,15).
Anche noi, nel viaggio della nostra vita, siamo continuamente e costantemente sostenuti dalla generosità e dalla bontà di Dio. Eppure, spesso non riusciamo a custodire il filo di questa relazione e ricominciamo a comportarci «come i pagani» (Ef 4,17), pensando che, in fondo, siano le nostre mani e la nostra iniziativa a poterci salvare:
«Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?» (Gv 6,28).
Persuasi che il valore di una persona coincida con la sua produttività, dimentichiamo di avere tutti un bisogno fondamentale da soddisfare, che si colloca a un livello più profondo degli altri: essere riconosciuti e amati, al di là di qualsiasi impegno e ruolo assunto nella vita. Fortunatamente questa fame non può mai estinguersi, anzi si fa sentire ancora più forte ogni volta che tentiamo di foraggiarla con un cibo troppo leggero, «che non dura» (6,27).
In questa domenica siamo invitati a ritrovare il desiderio e il bisogno di un altro cibo, di un pane sostanzioso «secondo la verità» (Ef 4,21), capace di darci «la vita» (Gv 6,33) e non i suoi surrogati. Questo è il nutrimento che Gesù intende donare con la sua amicizia:
«In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane del cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane del cielo, quello vero» (Gv 6,32).
Non è facile accettare di lasciarsi amare e accompagnare dal pane dell’amore di Dio, rinunciando a doverlo sudare o conquistare con le nostre forze. Ogni giorno bisogna lottare contro i «vani pensieri» (Ef 4,17) che affollano la mente, «abbandonare» le «passioni ingannevoli» (4,22) che tante volte ci mordono lo stomaco, rivestire «l’uomo nuovo» (4,24) e rinnegare quello «vecchio» (4,22). Però ne vale assolutamente la pena, perché la promessa di Cristo mette l’acquolina in bocca e accende tutto il desiderio del cuore:
«Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Gv 6,35).
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