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Il termine aparchē (ἀπαρχή), che designa il primo frutto della terra, richiama con ogni probabilità le prescrizioni cultuali della Legge mosaica secondo cui il sabato successivo alla Pasqua si doveva sacrificare al Signore il primo covone come segno dell’offerta dell’intero raccolto (cf. Lv 23,10-11). Definire il Risorto come “primizia” significa che la sua risurrezione non solo precede quella di tutti i cristiani, ma ne è anche la causa e il modello.
Letteralmente, “nel proprio ordine”: questa unica occorrenza neotestamentaria del termine tagma (τάγμα) – derivante dal verbo tassō (τάσσω) che significa “mettere in ordine” – significa appunto ciò che è ordinato o l’ordine in sé. Paolo utilizza qui la concezione corporativa del capo, bene attestata nella letteratura biblica, per descrivere il legame infrangibile tra Cristo e i cristiani. Come i progenitori formano una realtà unica con i loro discendenti, così il legame tra il Risorto e chi crede in lui non si infrange nemmeno con la morte, ma tutti sono destinati a risorgere.
“La fine” della storia è espressa qui con il termine telos (τέλος), che indica anche “il fine”, il fatto che Cristo porterà a termine la sua missione, sconfiggendo persino la morte.
Come sostantivo, τελείωσις (telèiosis) è l’unica occorrenza nei Vangeli. La sua chiave di lettura sta nell’aggettivo τέλειος (tèleios), che letteralmente descrive ciò che è “adatto a conseguire lo scopo per cui è stato fatto”. Per questo τελείωσις (telèiosis) si può tradurre con “realizzazione, compimento, pienezza”, e in questo senso anche con “perfezione”. Qui è possibile ammettere due traduzioni e altrettante sfumature: Maria “ha creduto nell’adempimento” della promessa di Dio come già avvenuto nella duplice gravidanza, oppure Maria mostra una fede assoluta: “ha creduto, perché vi sarà un compimento”.
Il verbo μακαρίζω (makarìzo), unica occorrenza nei Vangeli, significa “considerare qualcuno particolarmente benedetto, felice, fortunato (μακάριος, makàrios)”. Maria è definita così da Elisabetta in Lc 1,45 e da Gesù stesso in Lc 11,28. In questo versetto è lei stessa a prefigurarsi, con consapevole audacia, in questa condizione davanti alle generazioni future. Ma occorre prestare attenzione alla ragione per cui Maria è detta beata: non tanto per il suo essere la madre di Dio, quanto per aver creduto in Lui e aver messo in pratica la parola ascoltata. Quindi, per il suo essere discepola.
Ultimo della serie di verbi all’aoristo che si susseguono nei versetti 51-54, ἀντιλαμβάνω (antilambàno) letteralmente significa “prendere il posto di qualcuno”, quindi assisterlo, venire in suo aiuto. Mentre le molte vicissitudini della sua storia sembrano smentire che Israele sia stato soccorso da Dio, l’uso dell’aoristo come forma di passato che non indica tanto un’azione compiuta ma un’azione puntuale o all’inizio del suo svolgersi, suggerisce come Dio capovolga le logiche umane, poiché soccorre Israele non facendone il vincitore della storia, ma conservandolo in vita come figlio e in alleanza come “servo”.
Commento alla Liturgia
Assunzione B.V. Maria
Prima lettura
Ap 11,19a.12,1-6a.10ab
19Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l'arca della sua alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine. 1Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. 2Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. 5Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. 6La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. 10Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 44(45)
R. Risplende la regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir. R.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre. R.
Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio. R.
Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re. R.
Seconda Lettura
1Cor 15,20-27a
20Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. 21Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. 22Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. 23Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. 24Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 25È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, 27perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa.
Vangelo
Lc 1,39-56
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". 46Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore 47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; 50di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. 51Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. 54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre". 56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Note
Tutti riceveranno
Il grande mistero che celebriamo in questa solennità della Madre di Dio non attinge i suoi fondamenti dalle Scritture Sacre. L’Apocalisse presenta un «segno grandioso», «una donna vestita di sole» (Ap 12,1), che combatte contro un «enorme drago rosso» (12,3), ma sappiamo bene che si tratta di una figura simbolica che la Chiesa ha riferito tanto a Maria quanto alla stessa comunità dei credenti. Più adeguate e pertinenti possono risultare forse le parole dell’apostolo Paolo:
«Come tutti muoiono in Adamo, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,22)
che specifica anche: «Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo» (15,23). Essendo “di Cristo” in un modo unico e irripetibile, Maria avrebbe già ricevuto – in modo definitivo – quella partecipazione alla vita eterna che il Padre vuole donare a tutti i suoi figli.
Tuttavia, l’Assunzione non sarebbe una festa cristiana se questo speciale destino riservato a Maria non si traducesse in una rivelazione e in un appello anche per la nostra vita. Il vangelo ci ricorda che lo speciale destino di Maria si radica in un atteggiamento di ascolto profondo e attento della parola di Dio, che ha reso manifesto in lei ciò che Dio intende operare nell’umanità di tutti:
«Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45).
Ciò che ha potuto proiettare la vita della Vergine Madre nel cielo stesso di Dio non è altro che la sua paziente disponibilità a camminare nella penombra della fede, collocando le misteriose tessere di una storia «impossibile» nel disegno d’amore di Dio. Maria ha contemplato nelle profondità del suo cuore la creatività di un Dio che ama scrivere la storia al contrario, cominciando sempre dagli ultimi: «Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (1,53). Con «umiltà» (1,48) – cioè con una continua adesione a se stessa e alla realtà – Maria si è lasciata guidare fino ai pascoli del cielo e, oggi, risplende come una stella, capace di orientare il cammino di ogni credente e dell’intera comunità ecclesiale.
Non è diversa la strada che ciascuno di noi è chiamato a percorrere, dopo aver ricevuto la grazia del dono battesimale: ascoltare la parola di Dio, aderirvi con umile obbedienza e camminare nella speranza che le promesse di Dio non siano mai impossibili. Certo, le smentite a quello che il nostro cuore intuisce e desidera sono innumerevoli nel viaggio della vita, tanto che talvolta ci trasformiamo in spettatori rassegnati e cinici di un disegno di Dio che tarda a realizzarsi. Gli incontri e gli eventi della vita hanno la capacità di gettarci ora in momenti di grande euforia, ora in abissi di interminabile tristezza, lasciandoci nel cuore l’amara sensazione che sul palcoscenico del mondo non sia stata riservata a noi una parte importante. Guardando all’itinerario di Maria Vergine, oggi possiamo tutti assumere di nuovo la nostra vita senza prenderci né troppo sul serio, né troppo superficialmente. La forza che ci proietta dalla terra al cielo è una povertà di cuore che si traduce poi nella libertà di poter riconoscere tanto i nostri peccati, quanto le «grandi cose» (1,49) che l’Onnipotente sta facendo in noi e nel mondo intero.
La gioia di cui la Chiesa oggi è ricolma sta proprio nella fiducia che il sogno di Dio non possa essere più piccolo della risurrezione di tutti,
«perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti» (1Cor 15,21).
Si tratta di accettare l’idea che la vita – con le sue sofferenze e le sue gioie — non sia qualcosa che si conquista o si produce, ma sia soltanto un dono che Dio desidera farci gratuitamente e per sempre. «Tutti riceveranno la vita» (15,22): questo è il destino meraviglioso che ci attende nell’eternità, là dove la Madre di Dio è già stata assunta per essere «un segno di consolazione e di sicura speranza» (prefazio) per tutti noi che ancora camminiamo in questo mondo nell’attesa di giungere «alla gloria della risurrezione» (preghiera dopo la comunione), dove la vita, con i suoi profumi e i suoi sapori, sarà gustata da tutti, per sempre.
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