In Matteo la congiunzione de (δὲ) indica la necessità di cambiare prospettiva, più che un’azione avversativa (ma).
Per interpretare questo misterioso detto di Gesù, si può tenere conto che l’aggettivo polloi (πολλοὶ) allude probabilmente all’Israele di Dio, il popolo “chiamato”, in linea con altri due detti: 20,28, sul Figlio dell’uomo venuto per dare la vita “in riscatto per molti”, e 26,28, sul calice come “sangue dell’alleanza, che sarà versato per molti”. Inoltre, la Scrittura ci insegna che, quando Dio sembra escludere qualcuno – parlando di “molti” invece che di “tutti” – lo fa perché sta cominciando a offrire la sua salvezza a qualcuno nella prospettiva di non escludere nessuno.
D’altra parte, l’aggettivo oligoi (ὀλίγοι) è un semitismo che significa “meno di”, “non tutti”, in linea con l’idea di chiamata su cui si gioca tutta la parabola delle nozze.
Sembra esserci un gioco di parole tra l’aggettivo klētos (κλητός), che deriva dal verbo più ricorrente in questi versetti – e cioè kaleō (καλέω), “chiamare” – e l’aggettivo eklektos (ἐκλεκτός), che è un composto del verbo legō (λέγω) e significa “scegliere”.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gdc 11,29-39a
29Allora lo spirito del Signore venne su Iefte ed egli attraversò Gàlaad e Manasse, passò a Mispa di Gàlaad e da Mispa di Gàlaad raggiunse gli Ammoniti. 30Iefte fece voto al Signore e disse: "Se tu consegni nelle mie mani gli Ammoniti, 31chiunque uscirà per primo dalle porte di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vittorioso dagli Ammoniti, sarà per il Signore e io lo offrirò in olocausto". 32Quindi Iefte raggiunse gli Ammoniti per combatterli e il Signore li consegnò nelle sue mani. 33Egli li sconfisse da Aroèr fin verso Minnit, prendendo loro venti città, e fino ad Abel-Cheramìm. Così gli Ammoniti furono umiliati davanti agli Israeliti. 34Poi Iefte tornò a Mispa, a casa sua; ed ecco uscirgli incontro la figlia, con tamburelli e danze. Era l'unica figlia: non aveva altri figli né altre figlie. 35Appena la vide, si stracciò le vesti e disse: "Figlia mia, tu mi hai rovinato! Anche tu sei con quelli che mi hanno reso infelice! Io ho dato la mia parola al Signore e non posso ritirarmi". 36Ella gli disse: "Padre mio, se hai dato la tua parola al Signore, fa' di me secondo quanto è uscito dalla tua bocca, perché il Signore ti ha concesso vendetta sugli Ammoniti, tuoi nemici". 37Poi disse al padre: "Mi sia concesso questo: lasciami libera per due mesi, perché io vada errando per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne". 38Egli le rispose: "Va'!", e la lasciò andare per due mesi. Ella se ne andò con le compagne e pianse sui monti la sua verginità. 39Alla fine dei due mesi tornò dal padre ed egli compì su di lei il voto che aveva fatto. Ella non aveva conosciuto uomo; di qui venne in Israele questa usanza:
Salmo Responsoriale
Dal Sal 39 (40)
R. Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Beato l'uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore
e non si volge verso chi segue gli idoli
né verso chi segue la menzogna. R.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo. R.
Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». R.
Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. R.
Vangelo
Mt 22,1-14
1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2"Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".
Note
Approfondimenti
In Matteo la congiunzione de (δὲ) indica la necessità di cambiare prospettiva, più che un’azione avversativa (ma).
Per interpretare questo misterioso detto di Gesù, si può tenere conto che l’aggettivo polloi (πολλοὶ) allude probabilmente all’Israele di Dio, il popolo “chiamato”, in linea con altri due detti: 20,28, sul Figlio dell’uomo venuto per dare la vita “in riscatto per molti”, e 26,28, sul calice come “sangue dell’alleanza, che sarà versato per molti”. Inoltre, la Scrittura ci insegna che, quando Dio sembra escludere qualcuno – parlando di “molti” invece che di “tutti” – lo fa perché sta cominciando a offrire la sua salvezza a qualcuno nella prospettiva di non escludere nessuno.
D’altra parte, l’aggettivo oligoi (ὀλίγοι) è un semitismo che significa “meno di”, “non tutti”, in linea con l’idea di chiamata su cui si gioca tutta la parabola delle nozze.
Sembra esserci un gioco di parole tra l’aggettivo klētos (κλητός), che deriva dal verbo più ricorrente in questi versetti – e cioè kaleō (καλέω), “chiamare” – e l’aggettivo eklektos (ἐκλεκτός), che è un composto del verbo legō (λέγω) e significa “scegliere”.
Ammutolì
In realtà, la parabola che il Signore Gesù rivolge ai capi dei sacerdoti e ai farisei ne contiene un’altra ancora più tagliente. Alla prima immagine degli invitati che rifiutano di partecipare al banchetto di nozze e sono sostituiti da «tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni», tanto che «la sala di nozze si riempì di commensali» (Mt 22,10), segue quella di «un uomo che non indossava l’abito nuziale» (22,11). Il testo ci dice che alla domanda postagli dal padrone di casa, «Quello ammutolì» (22,12). Si tratta di un silenzio greve, in cui si manifesta l’inconsapevolezza e la superficialità nell’accogliere il dono senza lasciarsi veramente cambiare dal dono di un invito che dovrebbe sorprendere fino a trasformare radicalmente. Al cuore dell’intera parabola campeggia una sorta di primo piano su quelli che sono i sentimenti profondi di questo padrone di casa, totalmente intento a organizzare «una festa di nozze» (22,2). Il sentimento suona così:
«Allora il re si indignò» (Mt 22,7).
La parabola nella parabola ci mette di fronte all’indignazione da una parte e a un drammatico mutismo dall’altra!
Ciò che il Signore Gesù sembra volerci comunicare con questa parabola è la necessità di rendersi conto di ciò che riceviamo e di ciò che ci viene donato come opportunità. Questo riguarda certamente coloro che «non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari», e peggio ancora «altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero» (22,6). Ma riguarda pure quell’invitato dell’ultima ora che è rimasto tale e quale a come era prima, senza lasciarsi veramente toccare e cambiare dall’invito ricevuto. La parabola di quest’oggi sembra completare quella che la precede nella sequenza liturgica dell’ascolto dei testi. Essere chiamati alla prima o all’ultima ora, essere i primi destinatari di un invito o di un annuncio o essere i sostituti di quanti hanno declinato non è la cosa più importante. Ciò che fa la differenza è quello che avviene nell’intimo del nostro cuore come cammino e processo di crescita e di trasformazione che, se disatteso, può trasformarsi in invidia rovente o in una sorta di algida inconsapevolezza.
In questo senso, la figura non facile della figlia di Iefte, con la sua disponibilità a essere sacrificata per compiere il voto forse affrettato di suo padre, acquista tutta la sua profondità:
«Padre mio, se hai dato la tua parola al Signore, fa’ di me secondo quanto è uscito dalla tua bocca» (Gdc 11,36).
Di certo non possiamo giustificare nessun sacrificio umano né, tantomeno, l’immolazione cruenta di nessuna parte né di noi stessi né degli altri, ma questo racconto ci ricorda quanto una relazione liberamente accolta può coinvolgerci totalmente e serenamente. Con la liturgia bizantina, chiediamo al Signore «di illuminare l’abito indossato dalla nostra anima», perché ci lasciamo rivestire dall’invito che ci viene rivolto per essere collaboratori della gioia di un Dio sempre intento a preparare una festa di nozze, che dia a tutti speranza e slancio per un di più di vita e di corresponsabilità per l’allegrezza di tutti.
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