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Questa espressione approfondisce la prospettiva escatologica, introdotta dalla citazione della “ricompensa” al v. 41, che invoca una crescita del discepolo nella vita dello Spirito. Il passaggio dalla “vita” al “regno di Dio” al v. 47 conferma che entrare in questo regno non significa accedere a uno spazio geografico, ma entrare nella vita eterna, quella che Dio dona: la vita nello Spirito, la vita dei figli, la vita dei piccoli che hanno fiducia in Dio.
Questa espressione approfondisce la prospettiva escatologica, introdotta dalla citazione della “ricompensa” al v. 41, che invoca una crescita del discepolo nella vita dello Spirito. Il passaggio dalla “vita” al “regno di Dio” al v. 47 conferma che entrare in questo regno non significa accedere a uno spazio geografico, ma entrare nella vita eterna, quella che Dio dona: la vita nello Spirito, la vita dei figli, la vita dei piccoli che hanno fiducia in Dio.
Commento alla Liturgia
XXVI Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Nm 11,25-29
25Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. 26Ma erano rimasti due uomini nell'accampamento, uno chiamato Eldad e l'altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell'accampamento. 27Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: "Eldad e Medad profetizzano nell'accampamento". 28Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: "Mosè, mio signore, impediscili!". 29Ma Mosè gli disse: "Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 18 (19)
R. I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice. R.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. R.
Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti. R.
Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato. R.
Seconda Lettura
Gc 5,1-6
1E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! 2Le vostre ricchezze sono marce, 3i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! 4Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. 5Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. 6Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.
Vangelo
Mc 9,38-43.45.47-48
38Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva". 39Ma Gesù disse: "Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40chi non è contro di noi è per noi. 41Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. 42Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. 43Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. [ 45E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. [ 47E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, 48dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Note
Approfondimenti
La fiducia nella forza del nome è molto antica nelle religioni e Israele la associa al nome di Dio. In questa pericope di Marco ne troviamo tre occorrenze ravvicinate con l’espressione “nel nome di” riferita a Gesù in qualità di Maestro e di Cristo.
Si possono notare due diverse sfumature: strumentale nei v. 38.41 con la preposizione “in” (en tō onòmati, ἐν τῷ ὀνόματί), di fondamento su cui ci si basa nel v. 39 con la preposizione “su” (epì tō onòmati, ἐπὶ τῷ ὀνόματί).
Il tema sottostante è la relazione fra confessione cristologica (“nel nome di Cristo”) e appartenenza ecclesiale: il Gesù di Marco mostra una fiducia nel Nome come forza che opera il bene al di là della comunità. Letteralmente, al v. 41 si legge “nel nome del fatto che voi siete di Cristo”, “a titolo di” discepoli del Messia, a conferma che il criterio dell’appartenenza non è ecclesiologico ma cristologico.
La fiducia nella forza del nome è molto antica nelle religioni e Israele la associa al nome di Dio. In questa pericope di Marco ne troviamo tre occorrenze ravvicinate con l’espressione “nel nome di” riferita a Gesù in qualità di Maestro e di Cristo.
Si possono notare due diverse sfumature: strumentale nei v. 38.41 con la preposizione “in” (en tō onòmati, ἐν τῷ ὀνόματί), di fondamento su cui ci si basa nel v. 39 con la preposizione “su” (epì tō onòmati, ἐπὶ τῷ ὀνόματί).
Il tema sottostante è la relazione fra confessione cristologica (“nel nome di Cristo”) e appartenenza ecclesiale: il Gesù di Marco mostra una fiducia nel Nome come forza che opera il bene al di là della comunità. Letteralmente, al v. 41 si legge “nel nome del fatto che voi siete di Cristo”, “a titolo di” discepoli del Messia, a conferma che il criterio dell’appartenenza non è ecclesiologico ma cristologico.
La fiducia nella forza del nome è molto antica nelle religioni e Israele la associa al nome di Dio. In questa pericope di Marco ne troviamo tre occorrenze ravvicinate con l’espressione “nel nome di” riferita a Gesù in qualità di Maestro e di Cristo.
Si possono notare due diverse sfumature: strumentale nei v. 38.41 con la preposizione “in” (en tō onòmati, ἐν τῷ ὀνόματί), di fondamento su cui ci si basa nel v. 39 con la preposizione “su” (epì tō onòmati, ἐπὶ τῷ ὀνόματί).
Il tema sottostante è la relazione fra confessione cristologica (“nel nome di Cristo”) e appartenenza ecclesiale: il Gesù di Marco mostra una fiducia nel Nome come forza che opera il bene al di là della comunità. Letteralmente, al v. 41 si legge “nel nome del fatto che voi siete di Cristo”, “a titolo di” discepoli del Messia, a conferma che il criterio dell’appartenenza non è ecclesiologico ma cristologico.
Non impedire
L’apostolo Giovanni è persuaso di avere una buona ispirazione, manifestando a Gesù quel sentimento di intolleranza che è possibile provare di fronte a qualcuno che esprime qualcosa di bello pur non facendo parte dei “nostri”:
«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38).
Mentre Giovanni si lascia turbare dal fatto che esiste qualcuno che sembra manifestare la potenza di Dio senza far parte del gruppo dei discepoli, Giosuè, «figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza», sembra adirarsi di fronte a un’improvvisa capacità di profetizzare che due uomini maturano restando nell’accampamento, senza nemmeno fare la fatica di uscire per andare alla tenda dell’incontro col Signore:
«Mosè, mio Signore, impediscili!» (Nm 11,28).
Ogni volta che non sappiamo apprezzare la manifestazione della vita di Dio in forme diverse da quelle a cui siamo abituati o affezionati, assomigliamo a bambini capricciosi che puntano i piedi e chiudono gli occhi mentre risplende la luce. Dio, da parte sua, non vuole che includere tutti e partecipare a tutti i suoi doni, ma si scontra puntualmente contro la nostra tendenza a pensare tendenzialmente sempre male dell’altro: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!» (11,29). La risposta del Signore Gesù di fronte al desiderio di eliminare chi non appartiene alla cerchia dei discepoli è perfettamente in linea con quella di Mosé:
«Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,39-40).
La scelta dell’Incarnazione del Verbo coincide con la rinuncia ad avere un diritto di monopolio e di controllo sul bene e sulle sue possibili manifestazioni. Avendo abbracciato tutto il mistero della nostra umanità, Dio ha dichiarato che il suo principale interesse non è quello di mettere la firma ovunque, ma che ovunque ci possa essere la firma dell’amore, di cui egli è la gratuita e generosa origine:
«Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
Chi fa esperienza di questa serena apertura di fiducia non può più indulgere in atteggiamenti di selezione o di esclusione. Nemmeno quando le azioni degli altri mettono in discussione o in ombra la fatica della nostra fedeltà. È molto facile, infatti, includere gli altri quando ci sentiamo ben saldi e confermati nelle nostre posizioni di potere. Meno scontato è scegliere di includere l’altro quando, improvvisamente, siamo privati di quel prestigio e di quelle sicurezze a cui, col passare del tempo, ci siamo affezionati. Eppure, proprio quando veniamo improvvisamente relativizzati e smontati nelle nostre certezze, possiamo imparare a gioire e a godere della vita come un dono che Dio ha deciso di fare a tutti con grande generosità.
Se c’è qualcosa da tagliare, sembra dire Gesù nella seconda parte del vangelo, bisogna invece cercarla anzitutto in noi stessi: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala» (9,43); «E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo» (9,45); «E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via» (9,47). Piuttosto che escludere l’altro, dobbiamo imparare a escludere quella parte di noi ancora così rabbiosa e intollerante perché incapace di trovare la strada per «entrare nella vita» (9,43.45) e «nel Regno di Dio» (9,47).
Scegliendo di non escludere mai niente e nessuno, bensì di includere tutti, persino «mentre eravamo ancora peccatori» (Rm 5,8), il Signore Gesù ci ha mostrato quanta misericordia può scaturire da un cuore che si lascia raggiungere e trafiggere dal volto del fratello, fino ad averne compassione. Per abbracciare questo modo di vivere, bisogna essere disposti a pagare qualsiasi prezzo. Soprattutto occorre non avere paura di rimanere nel numero di «questi piccoli» (Mc 9,42) che, bisognosi di «bere un bicchiere d’acqua» (9,41), attestano il cuore accogliente di Dio, rendendolo accessibile a tutti.
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