Commento alla Liturgia

Natività della B.V. Maria

Prima lettura

Mi 5,1-4a

1E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. 2Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele. 3Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. 4Egli stesso sarà la pace! Se Assur entrerà nella nostra terra e metterà il piede nei nostri palazzi, noi schiereremo contro di lui sette pastori e otto capi di uomini,

oppure

Rm 8,28-30

28Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. 29Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; 30quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 12 (13)

R. Gioisco pienamente nel Signore.

Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi. R.

Io nella tua fedeltà ho confidato;
esulterà il mio cuore nella tua salvezza,
canterò al Signore, che mi ha beneficato. R.

Vangelo

Mt 1,1-16.18-23

1Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. 18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". 22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele , che significa Dio con noi.

Commento alla Liturgia

Preludio

MichaelDavide Semeraro

La festa della natività della Madre di Dio è una sorta di grande preludio alla gioia della natività del Signore. Fare memoria della natività di Maria non è semplicemente un atto di omaggio alla madre del Signore, ma è una rinnovata occasione per prendere coscienza che la nostra stessa vita di discepoli è chiamata a diventare un preludio e un’intima preparazione al radicarsi del Verbo, attraverso l’ospitalità della nostra carne, nella storia della nostra umanità. Le parole del profeta Michea ci portano direttamente al cuore del mistero di questa festa: «così piccola» (Mi 5,1). Il profeta parla di Betlemme, la città di Davide, ove il più piccolo dei figli di Jesse sarà unto come re di Israele. A Betlemme, Maria dovrà recarsi per mettere al mondo il Figlio dell’Altissimo, in un mistero di piccolezza che fa la differenza da tutte le altre attese messianiche unte di grandezza e di maestà. Tutto ciò non riguarda solo Maria, ma ciascuno di noi, nella misura in cui vogliamo essere discepoli di Cristo.
L’apostolo Paolo ce lo ricorda con accenti forti:

«noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28).

Essere creati fa tutt’uno con l’essere chiamati e il sentirsi chiamati significa fare della propria vita una culla in cui il Verbo ancora si possa fare carne, per manifestare al mondo il disegno amoroso di cui ogni uomo e ogni donna fa parte. La nascita della Vergine Maria rimanda ciascuno di noi a meditare sulla propria nascita e su ogni nascita: quando ci sporgiamo su una culla, dobbiamo aprirci alla sorpresa di una vita che è una traccia nella storia della stessa vita di Dio.
Quella della Liturgia è una felice intuizione, con la scelta di leggere l’elenco delle nascite a rappresentare i momenti in cui la creatività di Dio si insinua, in modo discreto ma decisivo, dentro le pieghe della storia. In ogni nascita umana si manifesta una forza straordinaria, incontenibile: il miracolo della vita si impone contro qualsiasi resistenza e difficoltà. Proprio in virtù della sua piccolezza, il nascituro è capace di afferrare la vita come diritto che gli spetta, come promessa che lo attende. Una speciale presenza di Dio accompagna il momento in cui una vita umana viene alla luce. Naturalmente tutto ciò risulta particolarmente vero per la nascita di Maria, la «madre» (Mt 1,18) del Signore. Come scrive Andrea di Creta: «Questo infatti è il giorno in cui il Creatore dell’universo ha costruito il suo tempio, oggi il giorno in cui, per un progetto stupendo, la creatura diventa la dimora prescelta del Creatore». Maria viene scelta da Dio per diventare «partecipe della radice» (Rm 11,17) santa, «dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16). «Per opera dello Spirito Santo» (1,18) questa sua umanità, ben radicata nella storia di Israele, diviene il luogo in cui si adempie «ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta» (1,22): si compie il mistero del «Dio con noi» (1,23).
La vicenda di Maria, il fiorire della sua umile esistenza, ci ricorda quale gioia oggi ci è lecito celebrare. Siamo anche noi umanità piccola, gettata in un fiume di storia che ci precede e ci sospinge. Ogni uomo e ogni donna che viene al mondo è un minuscolo ramo innestato – senza alcun preavviso – sul più grande tronco della generazione umana. Eppure, proprio dentro questo impasto di piccolezza e ordinarietà, germina qualcosa di unico e grande, perché ogni nascita è chiamata a realizzare uno «stupendo progetto», un frutto buono e gradito a Dio, che rimane fino a vita eterna. Questa fecondità viene «prima» (1,18) di ogni nostra pianificazione e di ogni nostra paura, anticipa qualsiasi successo o fallimento possiamo sperimentare. È un seme che a suo tempo «sarà grande» e saprà dilatarsi «fino agli estremi confini della terra» (Mic 4,3), che invano cerchiamo di raggiungere con le nostre forze.

Cerca nei commenti

Il termine utilizzato è summorphos (σύμμορφος): “che ha la stessa forma, la stessa natura”. Si dice del credente che è “conosciuto in anticipo” (proghinōskō, προγινώσκω). La prescienza di Dio, così come la predestinazione alla somiglianza con il suo Figlio, riguarda coloro che amano Dio e lo scelgono, ma non coloro che lo rifiutano, perché il rifiuto di Dio non può che essere un atto di libertà dell’uomo. Lo osservava anche Origene nel III secolo, nel suo commento alla Lettera ai Romani. L’espressione βίβλος γενέσεως (bìblos ghenèseos), che letteralmente significa “libro dell’origine (γένεσις, ghènesis)”, deriva da Genesi 2,4 e 5,1, in cui si parla delle “origini del cielo e della terra” e del “libro della discendenza di Adamo”, secondo una modalità propria dell’Antico Testamento di raccontare e avvalorare la storia attraverso lunghi elenchi o “genealogie”. In realtà, questo incipit solenne del Vangelo di Matteo sembra non solo esprimere la genealogia di Gesù in senso tecnico, ma anticipare l’intero Vangelo, il “libro” che racconta come Gesù di Nazaret sia il Messia d’Israele. Troviamo qui il verbo γεννάω (ghennào) al passivo, che letteralmente andrebbe tradotto “fu generato”. Alcuni codici antichi riportano invece una traduzione del verbo in forma attiva: “Giuseppe generò Gesù”. Le implicazioni teologiche della scelta adottata dalla traduzione attuale, che segue i codici più accreditati, sono importanti, poiché attestano la paternità legale e non naturale di Giuseppe, richiamando la dichiarazione che segue pochi versetti dopo, secondo cui Maria “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,18). È la prima occorrenza di un termine caratteristico di Matteo: δίκαιος (dìkaios). Nel primo Vangelo non riguarda solo la giustizia sociale, ma esprime l’attitudine ad agire secondo la Legge di Dio. In Giuseppe sembra radicalizzarsi questa qualità di “uomo giusto”, fedele alla legge di Dio anche a costo di superarla, per rimanere “giusto” anche nei confronti di se stesso, della vita di Maria e della storia che si sta compiendo. In una sorta di inclusione, alla fine del Vangelo (27,19), “quel giusto” sarà Gesù stesso. Il significato del verbo deigmatìzō (δειγματίζω), raro nel Nuovo Testamento, è “compromettere, esporre al disonore”. Ma si potrebbe leggere in questa espressione una maggiore drammaticità, come suggeriscono alcuni testi datati intorno alla fine del II secolo, come il Protovangelo di Giacomo, che parlano di un “giudizio di morte” a cui sarebbe esposta Maria. Si tratta dell’interpretazione del versetto secondo Dt 22,20-21, che parla della giovane non trovata dal marito in stato di verginità e per questo condannabile alla lapidazione. In questo aoristo passivo del verbo ghennàō (γεννάω) si trova l’idea della generazione da parte di Dio. Matteo potrebbe essersi ispirato al Sal 2,7, da cui si potrebbe evincere una cristologia su Gesù erede di David, oppure al cantico di Mosè di Dt 32, in cui è Israele a essere generato da Dio: in questo caso la figura di Gesù, figlio obbediente, si pone in contrasto con il comportamento opposto del popolo d’Israele. L’originale ebraico di questo versetto di Isaia 7,14 usa un termine generico, ‘alma, che semanticamente non sottolinea la verginità, ma l’età di una giovane donna che ha raggiunto la pubertà. La traduzione greca della Bibbia ebraica (detta Settanta) traduce questo termine con parthènos (παρθένος), che significa “vergine”, termine che Matteo usa qui per tradurre il medesimo versetto di Isaia, per sottolineare la coincidenza con la situazione di Maria. Questo nome Emmanouēl (Ἐμμανουήλ) compare solo nel libro di Isaia, ma si avvicina all’espressione di fiducia rivolta a Dio in Sal 46,8: “yhwh ‘immānû”, YHWH con noi. In una sorta di inclusione, in Mt 28,20 Gesù dirà ai suoi discepoli “io sono con voi”, una formula molto simile a quella con cui Matteo spiega qui il secondo nome di Gesù: “Dio con noi”.

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