Commento alla Liturgia

Sabato della XXII settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Col 1,21-23

21Un tempo anche voi eravate stranieri e nemici, con la mente intenta alle opere cattive; 22ora egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui; 23purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo, sono diventato ministro.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 53 (54)

R. Dio è il mio aiuto.

Dio, per il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. R.
 
Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore sostiene la mia vita.
Ti offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il tuo nome, Signore, perché è buono. R.

Vangelo

Lc 6,1-5

1Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 2Alcuni farisei dissero: "Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?". 3Gesù rispose loro: "Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?". 5E diceva loro: "Il Figlio dell'uomo è signore del sabato".

Commento alla Liturgia

Purché

MichaelDavide Semeraro

La liturgia della Parola con cui concludiamo l’ascolto di questa settimana ci offre un versetto incandescente, che dovremmo imparare a memoria e ripetere come un autentico mantra per lasciarci radicalmente abitare dalla sua forza:

«purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo» (Col 1,23).

Quella che Paolo definisce come la «speranza del Vangelo» diventa sulle labbra del Signore Gesù un’attestazione rivoluzionaria:

«Il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (Lc 6,5).

Laddove i farisei si fanno difensori acerrimi dei diritti dell’Altissimo, di cui la pratica del sabato è una delle forme più proprie alla tradizione ebraica, il Signore Gesù prende le difese dei suoi discepoli, sorpresi a cogliere e sfregare tra le mani alcune spighe di grano per mangiarne i semi. È come se si venisse accusati di mancanza di devozioni per il fatto di cogliere dei mirtilli o fragoline selvatici durante una passeggiata in un bosco montano durante una vacanza estiva. Rimanere «irremovibili nella speranza del Vangelo» per il Signore Gesù significa guardare sempre le persone che compiono i gesti senza accontentarsi di registrare ciò che avviene sotto i nostri occhi, cedendo troppo facilmente alla malevolenza.
Per fare questo – proprio per fare questo! – il Signore sembra essersi preparato a lungo, attraverso una rinnovata lettura dei testi della tradizione, che gli permettono di farsi interprete dei testi sacri in uno spirito genuinamente profetico:

«Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame?» (Lc 6,3).

In tal modo, la novità del Vangelo non è una semplice e comoda trasgressione dei precetti della tradizione, che inquietano e incattiviscono anche i farisei dei nostri giorni e delle nostre comunità cristiane, ma è il frutto di una lettura intelligente e cordiale di ogni singolo passo delle Scritture, perché possa diventare il germe di un vero cammino di santificazione: «per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui» (Col 1,22). Per il Signore Gesù, interpretare le Scritture e inaugurare spazi sempre più ampi di speranza sono la stessa cosa. Se l’apostolo Paolo, evocando il dono del Vangelo, dice che:

«è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo, sono diventato ministro» (Col 1,23),

allora anche ciascuno di noi è chiamato a essere testimone e fautore appassionato di questo incremento di speranza.
Ogni volta che il Vangelo ritrova il suo posto d’onore non solo liturgico, ma esistenziale nella vita della Chiesa, come pure nel vissuto di ogni singolo credente, le cose, pur rimanendo uguali nella sostanza, sono avvertite in modo profondamente diverso. Si ritrova infatti la forza di decidere nuovamente, ogni giorno, di diventare discepoli e testimoni, di farlo non in modo servile e intimorito, ma liberale e signorile. Accanto a Gesù, loro giovane e affascinante maestro, i discepoli sembrano aver ritrovato la gioia di giocare e comunque la possibilità di essere per un attimo spensierati. Ogni volta che il Vangelo viene annunciato come possibilità di incremento di speranza e di felicità per tutti – soprattutto per i più poveri e i più piccoli – l’effetto è sempre duplice: qualcuno si sente consolato e qualcuno si sente minacciato. Da parte nostra, cerchiamo di rimanere «irremovibili» e giocosi.

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