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Unica occorrenza del termine Israēlitēs (Ἰσραηλίτης) in tutto il quarto vangelo. Accostato all’avverbio alēthōs (ἀληθῶς), che invece ricorre 7 volte – di cui 5 in riferimento a Gesù – caratterizza Natanaele, come i discepoli, in riferimento al campo semantico della “verità”.
Stare sotto il fico può evocare la situazione di pace e tranquillità scaturita dalla venuta del Messia, come annunciato dai profeti, oppure alludere alla consuetudine dei dottori della Legge, attestata nei testi rabbinici, di studiare e insegnare la Scrittura all’ombra di un albero di fico. L’aggettivo meizō (μείζω), comparativo di megas (μέγας, grande) non intende stabilire un confronto tra la rivelazione cristologica e l’AT, ma tra l’esperienza di fede iniziale di Natanaele e la rivelazione che il Padre realizzerà con la missione del Figlio. La solenne formula amēn amēn legō humin (ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν), che nel quarto vangelo ricorre 25 volte, introduce dichiarazioni particolarmente autorevoli, sottolineando l’autonomia di Gesù, che fonda il proprio insegnamento non sull’autorità di altri maestri, ma sulla propria intima relazione con il Padre.
La visione riguarda un tempo futuro ma l’evento di cui si parla è espresso al perfetto – aperto, dal verbo anoigō (ἀνοίγω) – che indica un evento accaduto in passato ma i cui effetti perdurano fino al presente. Nella letteratura profetica e apocalittica, l’aprirsi dei cieli indica l’apertura di una via di comunicazione tra il mondo di Dio e il mondo degli uomini. In questo caso, la missione terrena del Figlio dell’uomo, il Logos fatto carne.
Stare sotto il fico può evocare la situazione di pace e tranquillità scaturita dalla venuta del Messia, come annunciato dai profeti, oppure alludere alla consuetudine dei dottori della Legge, attestata nei testi rabbinici, di studiare e insegnare la Scrittura all’ombra di un albero di fico. L’aggettivo meizō (μείζω), comparativo di megas (μέγας, grande) non intende stabilire un confronto tra la rivelazione cristologica e l’AT, ma tra l’esperienza di fede iniziale di Natanaele e la rivelazione che il Padre realizzerà con la missione del Figlio. La solenne formula amēn amēn legō humin (ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν), che nel quarto vangelo ricorre 25 volte, introduce dichiarazioni particolarmente autorevoli, sottolineando l’autonomia di Gesù, che fonda il proprio insegnamento non sull’autorità di altri maestri, ma sulla propria intima relazione con il Padre.
La visione riguarda un tempo futuro ma l’evento di cui si parla è espresso al perfetto – aperto, dal verbo anoigō (ἀνοίγω) – che indica un evento accaduto in passato ma i cui effetti perdurano fino al presente. Nella letteratura profetica e apocalittica, l’aprirsi dei cieli indica l’apertura di una via di comunicazione tra il mondo di Dio e il mondo degli uomini. In questo caso, la missione terrena del Figlio dell’uomo, il Logos fatto carne.
Commento alla Liturgia
Ss. Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele
Prima lettura
Dn 7,9-10.13-14
9Io continuavo a guardare, quand'ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. 10Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. 13Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. 14Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.
oppure
Ap 12,7-12a
7Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, 8ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. 9E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. 10Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. 11Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire. 12Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è disceso sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 137 (138)
R. Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo. R.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza. R.
Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore! R.
Vangelo
Gv 1,47-51
47Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità". 48Natanaele gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi". 49Gli replicò Natanaele: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!". 50Gli rispose Gesù: "Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!". 51Poi gli disse: "In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo".
Note
Lotta
Quando pensiamo agli angeli viene da pensare a qualcosa che sia, quasi per incanto, esente dalla fatica di vivere ed estraneo alla nostra umana esperienza di lotta. Tutti noi conosciamo almeno la lotta nella vita, mentre non pochi devono, ogni giorno, misurarsi duramente anche nella lotta per la vita. Il testo dell’Apocalisse scelto per accompagnare la nostra meditazione in questa festa ci consola e ci orienta:
«Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Ap 12,7).
Gli angeli e in modo del tutto particolare gli arcangeli, di cui oggi facciamo memoria, sono radicalmente coinvolti nelle nostre lotte. Michele, Gabriele e Raffaele possono essere definiti come una sorta di “trinità angelica” che si pone al nostro fianco di uomini e donne perché sappiamo portare avanti con coraggio e decisione il nostro combattimento spirituale, per essere all’altezza della nostra umanità. Certamente l’arcangelo Michele, spesso rappresentato con la sua corazza, il suo scudo e la sua spada, ci fa subito pensare alla sua protezione nella guerra contro tutto ciò che può indebolire, fino a spezzare, la nostra duplice fedeltà al mistero di Dio e alla realtà umana di cui siamo impastati e con cui siamo chiamati a entrare in relazione continuamente nella nostra vita quotidiana. In una parola, nella lotta contro il male.
In realtà, anche l’arcangelo Gabriele ci aiuta nella lotta. Si tratta in questo caso del combattimento, non meno impegnativo, del discernimento e della decisione libera e responsabile, che non esige di certo meno forza. Ricordiamo bene il ruolo di Gabriele nel momento dell’annunciazione a Maria nella semplice casa di Nazaret, come pure in quello dell’annunciazione a Zaccaria nella cornice più sacra del tempio. In ambedue i casi, Gabriele porta un annuncio di vitalità che esige riflessione prima di trasformarsi in libero consenso per Maria e in una sofferta attesa per Zaccaria. Ogni volta che ci capita un evento così atteso da non essere più sperato, come per i genitori del Battista, oppure così imprevisto da turbare profondamente il cuore della giovane fidanzata di Giuseppe, abbiamo bisogno di essere forti per combattere contro la tentazione di far prevalere la rassegnazione e la tendenza a rimanere attaccati ai nostri sogni e ai nostri progetti, come avrebbe potuto fare Maria.
Così pure l’arcangelo Raffaele, presente nel cammino tracciato nel libro di Tobia, ci è accanto ogni volta in cui ci rendiamo conto di dover intraprendere un cammino di guarigione. Nessuno è sano come un pesce sia nel corpo che nell’anima. Talora le malattie del corpo sono la somatizzazione dei disagi dell’anima, come pure i tormenti dell’anima creano delle disarmonie che fanno ammalare il corpo. Contro la paura di vivere in pienezza e contro ogni forma di cecità sulla complessa bellezza del viaggio della vita, siamo sostenuti e guidati per essere vittoriosi nella lotta. Questa immagine così battagliera fa cadere tutte le sdolcinature e le inutili dorature con cui ci immaginiamo gli angeli di Dio. Il loro ruolo è proprio quello di aiutarci, sostenerci e guidarci nel combattimento spirituale che si oppone al compimento del mistero dell’incarnazione nella nostra vita. La parola del Signore Gesù che conclude il vangelo scelto per questa festa ci ricorda il mistero della scala che continuamente mette in relazione la vita di Dio con la vita dell’uomo:
«In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo» (Gv 1,51).
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