www.nellaparola.it
Il termine hypomonē (ὑπομονή) potrebbe anche tradursi con “attesa perseverante”, per esprimere l’atteggiamento di chi, nonostante le prove e le avversità del tempo presente, resta saldo nella speranza del compimento di Dio al suo disegno di salvezza.
Alla lettera, il testo dice “sappiamo bene… della vostra elezione”: il termine eklogē (ἐκλογή) ha le sue radici nella tradizione biblica, dove si parla di Dio che per amore ha eletto/scelto Israele. Nelle sue lettere, Paolo riserva questo sostantivo all’elezione “per grazia” dei patriarchi o di Israele da parte di Dio. Con questa categoria, perciò, i cristiani di Tessalonica sono assimilati a Israele, il popolo eletto e consacrato a Dio.
Per la prima volta in uno scritto cristiano compare il termine euaggelion (εὐαγγέλιον). Nei testi greci, come anche nei Settanta, il termine ricorre per lo più al plurale per indicare l’annuncio di eventi favorevoli. Il lessico “evangelico” prevale negli scritti paolini, dove si trovano 60 occorrenze sulle 76 del NT. Probabilmente, è con la sua attività missionaria che Paolo ha favorito l’uso cristiano di questo termine. Da tenere presente che “Vangelo” non indica uno scritto, ma l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù. Questa lettera ci offre quindi una testimonianza diretta della prima diffusione del Vangelo.
Il verbo exēcheō (ἐξηχέω) ricorre solo qui in tutto il NT. In 1Cor 13,1 Paolo paragona il parlare in lingue senza carità a un “bronzo che rimbomba”, usando il verbo ēchō. Quindi il composto usato in questo versetto dà l’idea di un suono squillante, che si fa sentire lontano. La forma verbale al perfetto indica che si tratta di un effetto duraturo.
Commento alla Liturgia
Lunedì della XXI settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Ts 1,1-5.8b-10
1Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. 2Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere 3e tenendo continuamente presenti l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. 4Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. 5Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. 8Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. 9Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero 10e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall'ira che viene.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 149
R. Il Signore ama il suo popolo.
Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion. R.
Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria. R.
Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca:
questo è un onore per tutti i suoi fedeli. R.
Vangelo
Mt 23,13-22
13Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. [ 14] 15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. 16Guai a voi, guide cieche, che dite: "Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l'oro del tempio, resta obbligato". 17Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? 18E dite ancora: "Se uno giura per l'altare, non conta nulla; se invece uno giura per l'offerta che vi sta sopra, resta obbligato". 19Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? 20Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; 21e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. 22E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.
Note
Approfondimenti
Per la prima volta è utilizzato il termine ekklēsia (ἐκκλησία) per parlare di un gruppo di cristiani.
Nel linguaggio amministrativo delle città greche l’ekklēsia è l’assemblea dei cittadini della polis che hanno diritto di prendere le decisioni.
Non è escluso che qui Paolo richiami anche la versione greca della Bibbia, dove con questo termine si traduce l’ebraico qehāl JHWH. Tanto il vocabolo ebraico quanto quello greco si rifanno al verbo “chiamare, convocare”.
Inoltre, la scelta di ekklēsia invece che synagōgê, che indicava le aggregazioni religiose ebraiche, potrebbe essere motivata dal fatto di voler distinguere il gruppo dei credenti cristiani.
Paolo unisce qui il saluto epistolare greco – charis, grazia – con il saluto biblico ebraico – šalôm, pace. Il termine charis è tipico dell’epistolario paolino, in cui ricorre 100 volte sulle 156 occorrenze totali del NT.
La combinazione dei due vocaboli nel saluto – charis kai eirēnē (χάρις καὶ εἰρήνη) – non ha precedenti nell’ambiente giudaico e greco, ma è tipica dell’epistolario paolino e potrebbe essere l’eco di formule liturgiche di benedizione delle assemblee cristiane.
Con il termine charis Paolo evoca l’iniziativa gratuita ed efficace di Dio Padre che, per mezzo di Gesù Cristo Signore, comunica il dono della pace. Nella pace sono racchiusi tutti i beni salvifici.
Il termine kopos (κόπος) è usato nella lettera per presentare l’impegno di Paolo per annunciare il vangelo ai tessalonicesi. Nelle lettere paoline, dove compare con lo stesso significato, si trovano 11 delle 18 ricorrenze del NT.
Il sostantivo agapē (ἀγάπη) predomina nell’epistolario paolino e designa l’amore del prossimo in tutte le sue articolazioni (a differenza del verbo corrispondente che è usato anche per indicare l’amore verso Dio). Dunque la fatica, che implica anche impegno duro e penoso, trae la sua forza dall’amore.
Grazia e pace
Cerca nei commenti