Commento alla Liturgia

Lunedì della XXX settimana di Tempo Ordinario

Prima lettura

Rm 8,12-17

12Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, 13perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. 14Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. 15E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà! Padre!". 16Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. 17E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 67 (68)

R. Il nostro Dio è un Dio che salva.

Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici
e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.
I giusti invece si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia. R.

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri. R.

Di giorno in giorno benedetto il Signore:
a noi Dio porta la salvezza.
Il nostro Dio è un Dio che salva;
al Signore Dio appartengono le porte della morte. R.

Vangelo

Lc 13,10-17

10Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. 11C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. 12Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei liberata dalla tua malattia". 13Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. 14Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato". 15Il Signore gli replicò: "Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? 16E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?". 17Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Commento alla Liturgia

Guidati

Roberto Pasolini

Tanto per impedirci troppo facili — e tanto inutili — schematizzazioni, dopo la restituzione della vista al cieco di Gerico, dove Gesù non dice e non fa nulla affinché la guarigione si compia, nel vangelo di oggi ascoltiamo la storia di un prodigio di amore e di attenzione, dove l’iniziativa e l’opera di salvezza avvengono senza che nessuna richiesta di aiuto esplicita sia formulata. La donna curva e inferma da diciotto anni catalizza lo sguardo e il cuore del Signore Gesù che, in giorno di sabato, decide di restituire il giorno di sabato all’uomo.

Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio (Lc 13,12-13).

Lo sguardo di Paolo, che oggi inabissa — anche il nostro sguardo — nelle profondità del mistero di Dio che ci abita e ci possiede, ci offre una chiave davvero inedita per cogliere il segreto di questo miracolo privo di qualsiasi richiesta di aiuto. Essere partecipi dei processi di guarigione a cui il Signore vuole condurci e collaborare con la sua grazia attraverso l’invocazione della preghiera sono, certamente, punti indiscutibili della vita spirituale. Tuttavia, non dovremmo mai dimenticare che la preghiera non è un’opera nostra, ma l’opera dello Spirito che in noi, incessantemente, si rivolge al Padre per mezzo del Figlio. 

«E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15).

Con un pizzico di audacia, potremmo dire che, prima ancora di aver donato lo Spirito attraverso la sua Pasqua, il Signore Gesù ne percepisce il gemito nel corpo silenzioso e prigioniero di «questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni». Questo atteggiamento di compassione e di ascolto gli consente di non badare alle circostanze formali che, secondo le tradizioni giudaiche, impedirebbero di compiere ogni attività di lavoro. Questo, in fondo, è sempre il grande rischio a cui si espone una vita “religiosa”: cominciare a fare più attenzione all’errore che al dolore, diventare più sensibili alle imperfezioni che alla sofferenza.

«[...] non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?» (Lc 13,16).

La domanda di Gesù non è certo scontata né retorica. La reazione del capo della sinagoga è sdegnata, ma piena di ipocrisia, solo perché è guidata dai «desideri carnali» e dallo stesso «spirito da schiavi» che teneva la donna con gli occhi rivolti verso il basso e «non riusciva in alcun modo a stare diritta». Solo se ci lasciamo guidare dallo Spirito di Dio possiamo entrare nella vita dei «figli di Dio». Infatti figli — cioè amati — non lo si è per motivi anagrafici, ma perché ci si scopre capaci — e disposti — ad abbracciare lo stesso destino e ad accogliere la stessa eredità. Nella gioia e nel dolore.

E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,17).

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