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Il sostantivo bàptisma (βάπτισμα) è un vocabolo raro rispetto a baptismòs (βαπτισμός). Il battesimo cristiano è inteso senz’altro anche come una fine, una morte, a partire dal significato letterale di “immersione”, ma qui Gesù non allude né a questo battesimo né al successivo battesimo di Spirito. Mediante l’immagine dell’acqua, Gesù intende una prova severa, in particolare un’anticipazione del Getsemani, la propria prova personale.
Unica occorrenza in tutta la Scrittura in cui è usato in senso assoluto, il verbo sunechō (συνέχω), oltre al significato letterale di “tenere insieme”, assume quello di “opprimere, pressare” e, al passivo, “essere tormentato, sollecitato”. In questo caso, sembra opportuno non limitare questa oppressione interiore di Gesù alla paura della morte: si tratta dell’insieme del progetto di vita da attuare prima di morire.
Rispetto al parallelo del Vangelo di Matteo (10,34), che usa il termine “spada”, Luca preferisce il termine più astratto diamerismòs (διαμερισμός), che richiama aspetti diversi: la divisione è provocata da più volontà che detengono ciascuna una parte di responsabilità; inoltre la divisione si inscrive nella durata ed è suscitata da una passione più che da una scelta intellettuale.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XXIX settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Rm 6,19-23
19Parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza. Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità, per l'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia, per la santificazione. 20Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. 21Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Il loro traguardo infatti è la morte. 22Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. 23Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 1
R. Beato l’uomo che confida nel Signore.
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte. R.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene. R.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina. R.
Vangelo
Lc 12,49-53
49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! 51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre , madre contro figlia e figlia contro madre , suocera contro nuora e nuora contro suocera ".
Note
Approfondimenti
L’espressione non è greca (di solito nella Scrittura si getta qualcuno o qualcosa “nel fuoco”) e ha un’origine complessa. Tuttavia, evoca molte reminiscenze bibliche sul fuoco che cade dal cielo come punizione di Dio (cf. Gen 19,24; 2Re 1,10-24) e per questo fa pensare al giudizio escatologico.
Nell’Antico Testamento il fuoco è una forza distruttrice, che indica il giudizio di Dio, ma consente anche a Dio di rivelarsi (cf. il roveto ardente) o di guidare il suo popolo (colonna di fuoco).
Luca pensa qui piuttosto al fuoco della buona notizia e dello Spirito Santo.
Per il Gesù storico, probabilmente il detto fa parte di quel linguaggio parabolico e a volte enigmatico da lui prediletto. Egli è consapevole di venire ad accendere un fuoco, ma che sia benefico o malefico dipende dall’atteggiamento che gli uomini assumono di fronte a lui.
Sentirsi vivi
“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!(…) Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione”.
Come uno schiaffo che all’improvviso ci piomba in faccia per svegliarci da un torpore, così le parole del Vangelo di oggi sembrano avere il medesimo effetto su ciascuno di noi. Basta guardarsi intorno e accorgersi della totale mancanza di passione da cui siamo circondati. Sembra che in fondo ci manca qualcosa per cui “bruciare”. Bruciare di passione, di iniziative, e perché no, anche di cadute. La pace che aneliamo è una pace finta, fatta con tutti gli antidolorifici che scoviamo. L’importante è non sentire dolore e fatica e non importa se non sono felice, l’importante è che non mi stanco troppo, che non soffro troppo, che non mi scomodo troppo. Abbiamo tirato su una generazione di infelici perché ci siamo convinti che non abbiamo le capacità di risolvere i problemi. Ci siamo dimenticati che delle volte per diventare noi stessi bisogna fare la fatica di dividersi dalla massa, di distinguerci.
“D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”.
Non è rinnegare un padre o una madre, ma saper essere noi stessi anche al di là di loro. Non è mettere tutti d’accordo ma essere tutti vivi e sentire la vita come qualcosa di vivo. Cerchiamo sempre situazioni dove abbiamo il controllo, ma la vita per definizione sfugge il controllo. La vita non è un museo da tenere in ordine e ben catalogato. La vita invece è fatta di scelte, tentativi, sogni per cui lottare, sofferenze da affrontare, incomprensioni da digerire. In questo senso Gesù è venuto a mettere in discussione tutto affinché tutto divenga ciò che è per davvero. Gesù è venuto a portare il fuoco, quello per cui vale la pena svegliarsi ogni mattina.
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