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Il suono di questo participio passivo, declinato al vocativo, è molto musicale: κεχαριτωμένη (kecharitomène). Si tratta del verbo χαριτόω (charitòo), che significa “rendere oggetto di favore, di benedizione”. In esso è incluso il termine “grazia” (χάρις, chàris), ma il senso non si esaurisce in uno statico “essere contenitore di” qualche speciale favore divino. Poiché in greco il participio passivo indica l’esito di un evento già avvenuto, può essere tradotto in modo più dinamico con “riempita di grazia”: un breve e denso versetto esprime come la grazia di Dio abbia già raggiunto Maria fino a mettere in movimento la gioia della sua relazione con il Signore.
Il verbo ἐπισκιάζω (episkiàzo) letteralmente significa “fare ombra, interporre qualcosa tra una sorgente di luce e un oggetto”. La versione greca della Bibbia ebraica traduce con questo verbo Es 40,35, dove si descrive la nube, cioè la presenza di Dio, che sosta sopra la tenda dell’incontro. È un richiamo esplicito e forte: ormai è Maria la nuova tenda dell’incontro, la nostra umanità la definitiva dimora di Dio.
Commento alla Liturgia
20 Dicembre
Prima lettura
Is 7,10-14
10Il Signore parlò ancora ad Acaz: 11"Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall'alto". 12Ma Acaz rispose: "Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore". 13Allora Isaia disse: "Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? 14Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 23(24)
R. Ecco, viene il Signore, re della gloria.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l'ha fondato sui mari
e sui fiumi l'ha stabilito. R.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli. R.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.
Vangelo
Lc 1,26-38
26Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: "Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te". 29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". 34Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?". 35Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio". 38Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei.
Note
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Il racconto dell’incarnazione del Verbo, attraverso l’esperienza della Vergine Madre che si lascia raggiungere, nelle profondità della sua carne umana, dal soffio potente dello Spirito, è introdotto in questa feria prenatalizia dalla profezia dell’Emmanuele, contenuta nel libro di Isaia. Acaz, il pavido re di Giuda, si trova a dover gestire una situazione di politica estera molto delicata. Il re di Aram e il re di Israele vorrebbero coinvolgere il regno del Sud di Israele in un’improbabile coalizione militare per sfidare la potente Assiria, che intende estendere la sua egemonia fino alle coste del Mediterraneo. Il profeta Isaia viene inviato da Dio a infondere un po’ di fiducia nel cuore del re Acaz, che probabilmente ha già maturato di intraprendere la scelta di non entrare nella coalizione e di allearsi con l’Assiria – per poi diventarne inevitabilmente vassallo – e per questo si paralizza di fronte alla richiesta di coinvolgersi più personalmente in una situazione che lo atterrisce:
«Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto» (Is 7,11).
Il riferimento agli inferi e all’alto dei cieli – potremmo dire alla morte e alla vita – manca in modo esplicito nel messaggio che l’angelo Gabriele rivolge alla Vergine di Nazaret, la quale però intuisce che la proposta di diventare madre del Messia sia molto rischiosa perché, oltre a farla uscire rapidamente e definitivamente dal progetto di vita matrimoniale verso il quale stava orientando i suoi passi, la espone al rischio di essere considerata una donna adultera:
«Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31-32).
Mentre il re Acaz si chiude dentro la roccaforte delle proprie paure e rinuncia a porre domande – arrivando a «stancare» (Is 7,13) la pazienza di Dio – Maria interroga il suo turbamento interiore e, soprattutto, interroga colui che lo ha generato, per verificare la provenienza di una parola così bella e «impossibile» (Lc 1,37) da udire:
«Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34).
L’interrogativo di Maria è tutto diverso da quello che ha reso muto il sacerdote Zaccaria. Pur avendo molte più ragioni di invocare spiegazioni e di cercare rassicurazioni, la giovane fanciulla non chiede al Signore di essere esonerata dal peso della sua libertà, ma cerca solo strumenti per poter aderire con fiducia e speranza a quanto le sta capitando. A differenza di Acaz, che dice di non voler chiedere nulla perché non vuole «tentare il Signore» (Is 7,12), Maria invece prende la parola e interroga proprio per non cadere nella tentazione di continuare a credere in Dio senza iniziare a credere anche in se stessa. A differenza di Zaccaria, Maria non vuole affatto «conoscere» (Lc 1,18), ma unicamente scoprire come potersi aprire a questa sconvolgente novità di vita. Il frutto di questa fiducia diventa la grande possibilità di mettere la propria firma in un progetto non suo, considerandolo come la cosa più bella che le potesse capitare:
«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).
Dopo aver udito dalle sue labbra il segno di un’adesione libera, intima e piena al disegno di Dio, l’angelo può finalmente congedarsi dalla Vergine: «E l’angelo si allontanò da lei» (1,38).
Non avendo chiesto di conoscere cosa ma soltanto come avverrà il compimento della parola di Dio, Maria diventa lei stessa quel segno che Acaz non ha osato invocare dal cielo:
«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14)
Un segno di speranza per il mondo intero e per ogni storia umana. La speranza del Vangelo è sempre quella che Dio non sia un volto da cui nascondersi, né un concetto in cui perdersi, ma qualcuno con cui poter costruire insieme il sogno di una condivisione di umanità, fraterna e accessibile a tutti. Il vertice di questa speranza è la scoperta che la nostra vita – così com’è realmente – può essere una tenda capace di accogliere e generare un eccesso di vita e di vitalità in cui si rivela il grande mistero dell’Emmanuele: «Dio è con noi».
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