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Ci si riferisce qui all’area del tempio, ieròn (ἱερόν) e non al santuario (naòs, ναός). Questo luogo dove Gesù si trova indica lo “stare presso” il Padre suo (cf. v. 49). Tuttavia, il tempio per Gesù è un luogo provvisorio, o meglio simbolico, visto che subito dopo torna a Nazaret con i genitori e spenderà la maggior parte della sua vita fuori dal tempio, in Galilea. L’intimità con il Padre: questo è il vero luogo di Gesù, anche quando sta in mezzo agli uomini.
Con il termine sunesis (σύνεσις), Luca non definisce solo la natura delle risposte di Gesù ai saggi, ma tutta la sua persona. Il termine indica la facoltà intellettuale di cogliere i rapporti tra le cose e di trarre conclusioni. Nella Bibbia dei LXX e nella letteratura sapienziale, indica spesso la giustezza di vedute nutrita dalla fede: nella tradizione biblica, infatti, l’uomo non possiede la sapienza da sé, ma la riceve quando fa propria la volontà di Dio. Qui la sapienza di Gesù è associata sia a quella dei maestri, per la conoscenza delle Scritture, sia a quella dei profeti, per la rivelazione escatologica e cristologica che Luca mette in bocca a Gesù subito dopo.
Commento alla Liturgia
Santa Famiglia
Prima lettura
1Sam 1,20-22.24-28
20Così al finir dell'anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, "perché - diceva - al Signore l'ho richiesto". 21Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, 22Anna non andò, perché disse al marito: "Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre". 24Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. 25Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli 26e lei disse: "Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. 27Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. 28Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore". E si prostrarono là davanti al Signore.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 83 (84)
R. Beato chi abita nella tua casa, Signore.
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente. R.
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore. R.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato. R.
Seconda Lettura
1Gv 3,1-2.21-24
1Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. 21Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, 22e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. 23Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. 24Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Vangelo
Lc 2,41-52
41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". 49Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Note
Approfondimenti
Sono possibili tre interpretazioni di questa espressione:
1) un luogo, “nella proprietà di mio padre”, cioè nel tempio, presso il Padre celeste e non presso il padre terreno;
2) εἶναί ἐν, “essere in”, ma anche “occuparsi di” con τά seguito dal genitivo, nel senso di “ciò che appartiene a”;
3) una risposta enigmatica che farebbe riferimento a una partecipazione di Gesù agli affari del Padre celeste.
“Bisogna” (δεῖ), verbo che Luca ama usare, annuncia il destino di Gesù come assunto da lui e voluto da Dio, nel senso che la relazione tra il padre e il figlio si inscrive nella storia della salvezza, una salvezza relazionale di amore e conoscenza reciproci.
Fiducia
Le letture scelte per questa festa che prolunga la gioia del Natale ci aiutano a comprendere quale tipo di santità abbia segnato l’esperienza della famiglia di Nazaret, senza scivolare in quei luoghi comuni con cui potremmo essere tentati di pensare a una comunione di vita aderente al disegno e alla volontà di Dio. Nel Vangelo scopriamo che alla santa famiglia non sono risparmiate quelle esperienze amare e drammatiche che attraversano, fino a ferire, la storia di ogni comunione umana. Nel racconto di Luca, il figlio di Giuseppe e Maria appare libero di prendere una strada diversa da quella che prendono i genitori, senza che questi se ne accorgano (Lc 2,43). Mentre essi credono che egli sia ancora insieme a loro, Gesù sta già sviluppando il suo percorso di vita con originalità, non comparendo più «tra i parenti e i conoscenti» (2,44). Nella famiglia di Nazaret, il figlio esce improvvisamente dallo spettro delle aspettative dei suoi genitori, per cominciare a svolgere il mistero della sua vita in ascolto e in obbedienza alla voce di Dio:
«Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,50).
La santa famiglia si presenta come un luogo dove i genitori devono mettersi in una faticosa e lunga ricerca del loro figlio, in un cammino segnato persino dall’angoscia (2,46.48), senza peraltro arrivare a capire fino in fondo tutto quello che si sta manifestando nella vita del figlio:
«Essi non compresero le sue parole» (Lc 2,50).
Quando il bambino Gesù viene ritrovato nel tempio, l’evangelista Luca lo coglie in un duplice atteggiamento, che sembra definire il suo profilo più rappresentativo:
«Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava» (Lc 2,46).
Normalmente un figlio manifesta in modo molto naturale quello che ha imparato dai genitori, soprattutto quando è piccolo. Possiamo immaginare che questa capacità di sapersi mettere in ascolto e di porre domande il bambino Gesù l’abbia imparata proprio da Maria e da Giuseppe, coloro che si sono messi in ascolto e in dialogo con la volontà di Dio, prima di arrivare a offrire la loro adesione al disegno di salvezza.
Secondo il Vangelo, la santa famiglia appare come una comunità di vita aperta al mistero e al disegno di Dio, dove ciascuno sa ascoltare l’altro e formulare le necessarie domande perché nessuna divisione impedisca la crescita di ciascuno in piena libertà. Di fronte al figlio finalmente ritrovato, Maria non lo rimprovera e non tace, ma lo interroga:
«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48).
Molte tensioni e dolori che sperimentiamo dentro le mura domestiche nascono dall’incapacità di saper comunicare all’altro i sentimenti e le domande che portiamo nel cuore. Maria e Giuseppe, invece, si mostrano capaci di custodire un cuore che non «rimprovera nulla» (1Gv 3,21), ma sa comunicarsi con fiducia, lasciando l’altro libero di continuare a percorrere il proprio cammino: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).
Del resto, come le prime due letture affermano concordi, ogni figlio viene da Dio e a lui appartiene (I lettura) e ogni figlio di Dio non può che essere accolto come una misteriosa realtà in continua trasformazione (II lettura). Una famiglia santa, dunque, è una comunione umana dove non ci si dimentica mai di questa fondamentale appartenenza a Dio che ciascuno è chiamato a scoprire e a vivere. Maria e Giuseppe condividono i sentimenti di paura e angoscia che ogni genitore conosce, ma rimangono sottomessi a Dio, ricordandosi che appartiene a lui questo figlio che hanno ricevuto. Per questo riescono a rimanere uniti di fronte a Gesù e autorevoli nei suoi confronti:
«Gesù partì con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso... E cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,51-52).
Il Cristo bambino si sottomette volentieri a questi genitori che rimangono sottomessi alla volontà di Dio. Così cresce la vita e l’amore in una famiglia umana, attraverso un amore premuroso che non diventa mai ossessivo, perché è radicato in una robusta e viva speranza:
«abbiamo fiducia in Dio» (1Gv 3,21).
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