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Il termine archē (ἀρχή), sia in greco che in ebraico, non rinvia solo a un aspetto cronologico, ma anche a un principio, a un’autorità, a qualcosa che governa tutto ciò che segue.
Marco ama il termine euaggelion (εὐαγγέλιον): lo usa 7 volte, di cui 6 in bocca a Gesù, il che fa pensare che possa risalire proprio a lui. Condivide la predilezione per il termine con Paolo (60 occorrenze su 72 nel NT), mentre Luca e Giovanni nel loro vangelo lo ignorano e in Matteo ricorre solo 4 volte. L’espressione “vangelo di Gesù, Cristo” indica che è lui stesso questo vangelo: un annuncio di perdono, consolazione, vittoria sul male, pace, in linea con la citazione di Isaia.
Nella tradizione ebraica, l’acqua simboleggia la Torah. Il battesimo d’acqua ci colloca quindi nella dimensione della vita, tanto che Gesù stesso si è lasciato battezzare nell’acqua. Al di là della Torah vi è l’immersione nello Spirito, passaggio che i profeti hanno intravisto e annunciato e il NT attesta parlando dello Spirito di colui che è stato unto dall’alto.
Che lo si traduca letteralmente con “immergere” o in senso traslato con “lavare per purificare” o nella traslitterazione a noi nota “battezzare”, ciò che balza agli occhi qui è la forma passiva di βαπτίζω (baptìzo), avente Gesù come soggetto che riceve su di sé una forte azione simbolica, capace di richiamare sia la morte sia la nascita. Eppure, il Battista lo presenta subito prima come colui che avrebbe amministrato un nuovo battesimo nello Spirito Santo. Marco sembra suggerire che Gesù, il cui nome significa “Salvatore” o “Dio salva”, vuole anzitutto essere salvato. È con la sua discesa nelle acque, solidale con quella di tutti gli uomini sommersi dalla realtà del peccato, che diventa il loro salvatore.
Con il verbo σχίζω (skìzo), Marco si differenzia dagli altri sinottici nel descrivere quanto appare agli occhi di Gesù mentre riemerge dall’acqua del Giordano: egli vede i cieli “strapparsi”, mentre per gli altri vangeli i cieli “si aprono”. La differenza sta nella portata di questo evento: mentre ciò che si apre potrebbe richiudersi, lo strappo è invece irrimediabile. Così Marco preannuncia quel compimento del tempo che Gesù sta per proclamare (cf. 1,15), il tempo in cui Dio ha scelto definitivamente di visitare i suoi figli, di lasciare il cielo strappato, di restare con loro per sempre.
Il verbo ekballō (ἐκβάλλω) ricorre spesso in Marco (16 volte in 12 capitoli). È il verbo con il quale Marco dice che Gesù “caccia” i demoni e gli spiriti impuri. Gesù, che qui è espulso, eserciterà attivamente questa azione di espulsione.
Letteralmente, “fu consegnato” (paradidōmi, παραδίδωμι). In realtà, da quanto sappiamo Giovanni non è stato tradito/consegnato, ma è stato arrestato da Erode. Il verbo paradidōmi, tuttavia, ricorre spesso nel NT e serve specificamente per esprimere ciò che Gesù ha sperimentato. Giovanni quindi è il precursore fino alla morte, e questo comune destino che lo lega a Gesù dona una grande profondità al racconto di Marco, fin dall’inizio.
Qui la Galilea ha una doppia risonanza: è il luogo da cui Gesù proviene e a cui ritorna, ma il termine evoca anche la regione dei “goyim”, i pagani. La terra che per Gesù è casa propria risuona anche come un altrove, un luogo aperto agli altri. Qui Gesù inizia la sua missione, senza peraltro ritornare nella casa paterna a Nazaret.
È un verbo di movimento – ἐγγίζω (enghìzo) – a evocare le categorie dello spazio e del tempo a cui fa riferimento l’intero versetto per esprimere, nel linguaggio biblico, l’idea di totalità. L’espressione si potrebbe rendere non solo con “sta per venire”, ma anche con “si è avvicinato”, quindi in qualche misura è presente. Nello stesso tempo, però, il verbo denota prossimità, il non definitivo raggiungimento di un punto di arrivo. Marco conduce così il lettore sulla soglia di una tensione irrisolta tra un tempo compiuto e un regno di Dio che deve ancora compiersi, tensione che esige una conversione nel modo di pensare la realtà e la presenza di Dio dentro la storia.
Immergersi
Mc 1,1-15
Mc 1,1-15
1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. 2Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. 3Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri , 4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo". 9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento". 12E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. 14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".
Note
Approfondimenti
Nei versetti 2-4 risuonano diverse citazioni della Scrittura, secondo una modalità corrente al tempo di Marco per cui si potevano associare più versetti aventi un’espressione in comune e interpretare l’uno mediante l’altro:
L’intreccio di queste tre citazioni allude all’identità di colui che Giovanni precede e annuncia: un altro Mosè.
Che cos’è il deserto (erēmos, ἔρημος), perché lo Spirito scelga di cacciarvi Gesù subito dopo il battesimo? Nella Scrittura, il deserto è simbolo di molte cose, non tutte conciliabili fra loro: il tempo del fidanzamento di Dio con il suo popolo (Os 216), il tempo della prova e dell’educazione (Dt 8,2-5), il segno di un giudizio spaventoso (Lv 26; Ez 35).
Di certo, quando prende possesso di qualcuno, lo Spirito lo attira a sé e lo isola da tutto, dunque l’esperienza del deserto separa e unisce allo stesso tempo (cf. l’invio di Filippo in At 8,26 oppure la fuga della donna in Ap 12, dove il deserto è un luogo di rifugio dal male).
In questo caso, la successione battesimo – deserto – vita pubblica di Gesù richiama apertamente la successione Egitto – esodo – passaggio del Mar Rosso – deserto – terra promessa per il popolo di Israele.
Da tutto questo si può dedurre che non è indicato andare nel deserto senza che prima il cielo si sia aperto un po’, senza una spinta dello Spirito.
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