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Il verbo plērophorèō (πληροφορέω), più complicato e inusuale di plēròō (πληρόω), ammette una connotazione religiosa: gli avvenimenti non hanno semplicemente “avuto luogo”, ma sono stati “compiuti”, sono quello che Dio ha voluto che fossero. In altre parole, le promesse della Scrittura si sono realizzate nella storia. Da notare, in questo senso, che il verbo ricorre al participio perfetto, indicando un evento passato che prolunga i suoi effetti nel presente.
Il sostantivo asphàleia (ἀσφάλεια) significa “sicurezza” e, in senso figurato, la “certezza” in quanto si è imparato. Il verbo σφάλλω da cui deriva si riferisce di frequente all’atto di far cadere o inciampare qualcuno; con l’alpha privativa davanti, asphàleia indica quindi la “sicurezza contro l’inciampo o la caduta”. Luca intraprende qualcosa di nuovo rispetto alle sue fonti: colloca intenzionalmente, accanto alla predicazione, la ricerca storica. Posta in evidenza alla fine della frase, questa solidità è insieme profana e teologica: permette sia una corretta informazione sia l’adesione a un contenuto di fede.
Letteralmente, il testo greco dice che la Scrittura si compie “nei vostri orecchi”. Mentre gli occhi di tutti sono fissi su di lui, Gesù si rivolge al loro udito, cioè alla capacità di intendere, di capire. La parola non si compie per chi semplicemente ascolta, ma più profondamente per chi si coinvolge in prima persona nell’ascolto.
Commento alla Liturgia
III Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Ne 8,2-4a.5-6.8-10
2Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. 3Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d'intendere; tutto il popolo tendeva l'orecchio al libro della legge. 4Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l'occorrenza, e accanto a lui stavano a destra Mattitia, Sema, Anaià, Uria, Chelkia e Maasia, e a sinistra Pedaià, Misaele, Malchia, Casum, Casbaddana, Zaccaria e Mesullàm. 5Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. 6Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: "Amen, amen", alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. 8Essi leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. 9Neemia, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: "Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!". Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. 10Poi Neemia disse loro: "Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 18 (19)
R. Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice. R.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi. R.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. R.
Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore. R.
Seconda Lettura
1Cor 12,12-30
12Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. 13Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. 14E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. 15Se il piede dicesse: "Poiché non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. 16E se l'orecchio dicesse: "Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. 17Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato? 18Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. 19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; oppure la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi". 22Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; 23e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, 24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, 25perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. 26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. 27Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. 28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. 29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? 30Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
Vangelo
Lc 1,1-4.4,14-21
1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. 14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l'anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato".
Note
Oggi
L’evangelista Luca pone l’inizio del ministero di Gesù nel contesto di una liturgia sabbatica, dentro la sinagoga di Nàzaret, dove Gesù «era cresciuto» (Lc 4,16) e dove aveva imparato ad ascoltare, nelle Scritture, la speranza di Israele insieme al suo popolo. Un «sabato» (4,16) come tanti altri, dopo aver ricevuto «il rotolo del profeta Isaia», il figlio del falegname prende una seconda volta la parola e trova il coraggio di dire ai suoi concittadini, «mentre gli occhi di tutti erano fissi su di lui» (4,20), che non è più necessario aspettare un tempo futuro per varcare le porte del Regno di Dio:
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21).
Da una parte, il gesto compiuto da Gesù si inserisce nel solco della tradizione ebraica e della prassi sinagogale, così come in Israele si era soliti fare dai tempi del ritorno dall’esilio, quando «i lèviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura» (Ne 8,8), e Dio era libero di curare e consolare le ferite del suo popolo:
«Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10).
Dall’altra parte, l’audace dichiarazione di Gesù contiene anche un’assoluta novità, perché sancisce l’arrivo della fine dei tempi, l’inizio di un «oggi» nel quale si apre per tutti la possibilità di una pienezza di vita. Questa «grazia», tuttavia, può risuonare come buona notizia soltanto per chi non ha né timore né vergogna di riconoscersi povero e bisognoso davanti a un’offerta gratuita di salvezza:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18).
Indicando se stesso come il «luogo» in cui le promesse di Dio giungono a compimento, il Signore Gesù costringe i suoi ascoltatori non solo ad ammettere uno stato di bisogno, ma anche a riconoscere la necessità di considerarsi come «un corpo solo», in cui le differenze tra le «molte membra» (1Cor 12,12) risultano secondarie rispetto al vincolo di unità. Riflettendo sul realismo battesimale e sulla radicalità del vangelo, san Paolo assume il simbolismo del corpo come la rappresentazione più adeguata a illustrare il destino della vita nuova in Cristo:
«Infatti, noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Cor 12,13).
Per approfondire il mistero di questa «anatomia divino-umana», di cui si è partecipi gratuitamente grazie al dono dello Spirito Santo, l’apostolo precisa che l’appartenenza al corpo di Cristo non dipende in alcun modo dai nostri meriti, dal momento che «proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie» (12,22).
Se vogliamo avere questo sguardo profondo sul mistero della nostra umanità, capace di riconoscere in ciò che è debole la forza di una relazione con Dio sempre possibile, non c’è altra strada se non quella di approfondire personalmente la trasmissione di fede compiuta dagli apostoli, come ha fatto l’evangelista Luca:
«Ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto» (Lc 4,3-4).
Per essere cristiani seri e sereni, dobbiamo affrontare con pazienza la fatica dell’ascolto della Parola contenuta nelle Scritture, compiendo quel lavoro spirituale che spalanca pozzi di acqua viva nei terreni della nostra anima. Per iniziare questo percorso di ascolto e di salvezza non servono troppi requisiti. È sufficiente l’umiltà di riconoscere che poveri e bisognosi lo siamo da un pezzo, e che un tempo migliore di quello presente, semplicemente, non esiste. Lo Spirito che un giorno ha consacrato profeta di salvezza il Signore Gesù si posa, oggi, anche sopra di noi, per aiutarci a rispondere con gioia e insieme alla voce del «Dio grande» e Padre di tutti:
«Amen, amen» (Ne 8,6).
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