Il verbo existēmi (ἐξίστημι) indica un eccesso, una perdita della ragione: “non si possiede più, è pazzo” (cf. 2,12). Né Matteo né Luca lo hanno confermato. Poichè Marco lo riferisce, vuol dire che lo ha sentito; dunque, siamo davanti a qualcosa che la comunità cristiana non ha potuto inventare.
Anche di Giovanni battista si afferma che fosse pazzo o indemoniato (Lc 7,33), e ancora di Gesù nel Quarto Vangelo (Gv 10,20). Lo stesso Paolo è definito tale (St 26,24; 2Cor 5,13). L’uomo di Dio è considerato pazzo anche nell’Antico Testamento (Os 9,7; Sap 5,4).
Per Marco, chi cammina al seguito di Gesù si espone a essere maltrattato e perseguitato dalla famiglia, dai “teologi” e dalle persone del proprio ambiente. Ma l’uomo spirituale non può essere veramente fermato.
Commento alla Liturgia
Sabato della II settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
2Sam 1,4.11-12.17.19.23-27
4Davide gli domandò: "Come sono andate le cose? Su, dammi notizie!". Rispose: "È successo che il popolo è fuggito nel corso della battaglia, molti del popolo sono caduti e sono morti; anche Saul e suo figlio Giònata sono morti". 11Davide afferrò le sue vesti e le stracciò; così fecero tutti gli uomini che erano con lui. 12Essi alzarono lamenti, piansero e digiunarono fino a sera per Saul e Giònata, suo figlio, per il popolo del Signore e per la casa d'Israele, perché erano caduti di spada. 17Allora Davide intonò questo lamento su Saul e suo figlio Giònata 19"Il tuo vanto, Israele, sulle tue alture giace trafitto! Come sono caduti gli eroi? 23O Saul e Giònata, amabili e gentili, né in vita né in morte furono divisi; erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni. 24Figlie d'Israele, piangete su Saul, che con delizia vi rivestiva di porpora, che appendeva gioielli d'oro sulle vostre vesti. 25Come son caduti gli eroi in mezzo alla battaglia? Giònata, sulle tue alture trafitto! 26Una grande pena ho per te, fratello mio, Giònata! Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna. 27Come sono caduti gli eroi, sono perite le armi?".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 79(80)
R. Fa’ splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi.
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
tu che guidi Giuseppe come un gregge.
Seduto sui cherubini, risplendi
davanti a Èfraim, Beniamino e Manasse.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. R.
Signore, Dio degli eserciti,
fino a quando fremerai di sdegno
contro le preghiere del tuo popolo?
Tu ci nutri con pane di lacrime,
ci fai bere lacrime in abbondanza.
Ci hai fatto motivo di contesa per i vicini
e i nostri nemici ridono di noi. R.
Vangelo
Mc 3,20-21
20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".
Approfondimenti
Il verbo existēmi (ἐξίστημι) indica un eccesso, una perdita della ragione: “non si possiede più, è pazzo” (cf. 2,12). Né Matteo né Luca lo hanno confermato. Poichè Marco lo riferisce, vuol dire che lo ha sentito; dunque, siamo davanti a qualcosa che la comunità cristiana non ha potuto inventare.
Anche di Giovanni battista si afferma che fosse pazzo o indemoniato (Lc 7,33), e ancora di Gesù nel Quarto Vangelo (Gv 10,20). Lo stesso Paolo è definito tale (St 26,24; 2Cor 5,13). L’uomo di Dio è considerato pazzo anche nell’Antico Testamento (Os 9,7; Sap 5,4).
Per Marco, chi cammina al seguito di Gesù si espone a essere maltrattato e perseguitato dalla famiglia, dai “teologi” e dalle persone del proprio ambiente. Ma l’uomo spirituale non può essere veramente fermato.
Più che amore
Per il lettore attento dei libri di Samuele, consapevole di come la notizia che «Saul e suo figlio Giònata sono morti» (2Sam 1,4) rappresenti per Davide l’annuncio che la strada verso il «potere» regale è ormai spianata, non può che destare una certa meraviglia la prima lettura di oggi. Anziché abbandonarsi a un modesto cordoglio, il passionale (futuro) pastore d’Israele si rivela incapace di trattenere lo sfogo emotivo che divampa improvviso nel suo cuore, non appena riceve il dispaccio proveniente dal campo di battaglia:
«Davide afferrò le sue vesti e le stracciò; così fecero tutti gli uomini che erano con lui» (2Sam 1,11).
Nell’elegìa funebre che l’autore dei libri di Samuele compone in forma poetica, per celebrare degnamente la morte del primo re di Israele, la voce del cuore di Davide non sembra trovare alcuna consolazione, imprigionata in una sofferta domanda che non attende risposta: «Come sono caduti gli eroi?» (2Sam 1,19.25.27). In realtà, non è l’eroismo di Saul e di suo figlio a provocare i sentimenti di compassione di Davide, ma la relazione profonda e affettuosa costruita con Gionata:
«Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna» (2Sam 1,26).
Il valore di questa amicizia tra Davide e Gionata è diventato proverbiale, non solo all’interno del canone biblico, ma anche in tutta la tradizione spirituale che da esso attinge i riferimenti e gli approfondimenti per elaborare un’antropologia compatibile con il Vangelo. Un grande abate medioevale ha scritto parole indimenticabili e lucidissime sul valore inestimabile dell’amicizia nello Spirito: «Questa è l’amicizia vera, perfetta, stabile ed eterna: non la corrompe l’invidia, non la riduce il sospetto, non la dissolve l’ambizione. Questa amicizia messa alla prova non cadde; assalita non crollò; colpita da tanti insulti rimase inflessibile, provocata da tante ingiurie restò irremovibile. Va, dunque, e anche tu fa lo stesso. Se però pensi che sia duro o perfino impossibile preferire colui che ami a te stesso, cerca almeno di metterlo sul tuo stesso piano se ci tieni ad essere un amico. Chi infatti non mantiene l’uguaglianza con l’altro non pratica l’amicizia in modo giusto. “Sii rispettoso verso l’amico come con un tuo eguale”, dice Ambrogio, “e non aver vergogna ad anticiparlo nel rendere un servizio. L’amicizia infatti non conosce la superbia. L’amico fedele è davvero una medicina per la vita, una grazia d’immortalità”» (Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale).
Citando il vescovo di Milano, il monaco anglosassone coglie un punto decisivo per definire la qualità di una vera amicizia nello Spirito: la capacità di mantenere «l’uguaglianza con l’altro». Senza questa condizione di necessaria simmetria ogni relazione di amicizia rischia di sbilanciarsi in dinamiche di possesso e non riesce a maturare fino al dono – libero e pieno – di sé per l’altro.
L’amicizia come via di una nuova umanità – quella dei figli Dio – è la prospettiva da cui possiamo contemplare anche la brevissima pericope di Marco che la chiesa ascolta oggi come Vangelo. Nell’immagine di Gesù che entra «in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare» (3,20) è possibile scorgere i lineamenti essenziali di quella comunione di amicizia che Dio ha voluto stabilire con noi, quando ha deciso di porre la sua dimora in mezzo alla nostra storia umana. I suoi parenti, tuttavia, non sembrano capaci di accogliere positivamente questo spazio di nuove relazioni:
«… sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”» (Mc 3,21).
Questo giudizio – certamente comprensibile, ma anche un po’ temerario – diventa per i parenti di Gesù un auto-giudizio con cui si condannano a restare, essi stessi, «fuori» da una certa comprensione del mistero di Dio che si sta rivelando nel suo Verbo incarnato. Facciamo attenzione anche noi a non rimanere chiusi dentro una schematica visione della nostra relazione con Dio, fondata su sensi di appartenenza o scelte consolidate. La volontà di comunione che Dio nutre per ciascuno di noi è un dinamismo prezioso, più che amore (cf. Gv 15,13): è eterna amicizia.
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