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Come sostantivo, τελείωσις (telèiosis) è l’unica occorrenza nei Vangeli. La sua chiave di lettura sta nell’aggettivo τέλειος (tèleios), che letteralmente descrive ciò che è “adatto a conseguire lo scopo per cui è stato fatto”. Per questo τελείωσις (telèiosis) si può tradurre con “realizzazione, compimento, pienezza”, e in questo senso anche con “perfezione”. Qui è possibile ammettere due traduzioni e altrettante sfumature: Maria “ha creduto nell’adempimento” della promessa di Dio come già avvenuto nella duplice gravidanza, oppure Maria mostra una fede assoluta: “ha creduto, perché vi sarà un compimento”.
Commento alla Liturgia
IV Domenica di Avvento
Prima lettura
Mi 5,1-4a
1E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. 2Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele. 3Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. 4Egli stesso sarà la pace! Se Assur entrerà nella nostra terra e metterà il piede nei nostri palazzi, noi schiereremo contro di lui sette pastori e otto capi di uomini,
Salmo Responsoriale
Dal Sal 79 (80)
R. Signore, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
Tu, pastore d'Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. R.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell'uomo che per te hai reso forte. R.
Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. R.
Seconda Lettura
Eb 10,5-10
5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. 6Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. 7Allora ho detto: "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà". 8Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato , cose che vengono offerte secondo la Legge, 9soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà . Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. 10Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.
Vangelo
Lc 1,39-45
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto".
Note
Un corpo come offerta
Nel Vangelo della quarta domenica di Avvento l’evangelista Luca registra l’audacia di Maria che, all’inizio della sua gravidanza, senza preoccuparsi affatto per se stessa, affronta i pericoli del viaggio e fa visita a Elisabetta sua parente. Nell’incontro gioioso tra le due gestanti, i loro corpi, divenuti ricettacolo della divina onnipotenza, celebrano festosi la bellezza di una maternità che sa far spazio a Dio e riconoscere la sua opera. I due grembi registrano il passaggio dello Spirito che ad Elisabetta rivela la verità su Maria. Solo lo Spirito, che conosce le profondità di Dio e dell’essere umano, consegna l’ermeneutica corretta degli eventi. La gravidanza di Maria non è una tra tante ma rappresenta l’orizzonte verso cui si protendono le scritture profetiche:
«… fino a quando partorirà colei che deve partorire» (Mi 5,2).
Nella storia dell’alleanza risuona la speranza di una nascita speciale, segno che qualcuno di cui si desidera la guida è vivamente atteso da sempre. Ora, però, considerare la nascita di un bambino come l’orizzonte della storia sconvolge, manifesta la vulnerabilità cui essa è soggetta e il capovolgimento dei sistemi di forza su cui si regge il mondo. La piccolezza, vista dal mondo come un’onta, si fa strada nell’agire di Dio per destabilizzare e confondere. Colui che deve esercitare il dominio in Israele proviene, infatti, da un umile villaggio:
«E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele» (Mi 5,1).
Questa umiltà si amplifica quando il Figlio dell’Altissimo, il cui regno non avrà fine, prende dimora in un giovane corpo di donna e a coglierne la presenza è un’altra donna che sa ascoltare il linguaggio del suo corpo e della vita che è sbocciata in lei, che sa riconoscere che il suo piccolo non scalcia per gioco ma per intuizione profetica, allenandosi già dal grembo materno a riconoscere le orme del Messia nella storia:
«A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1,43).
Nel grembo gravido di Maria, Elisabetta riconosce la presenza del Signore perché la vita che germoglia in lei le parla inequivocabilmente, le comunica un’ebbrezza incontenibile propria di chi percepisce l’avvento della salvezza, l’inizio di una stagione nuova, ardentemente attesa:
«appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1,44).
Maria parla e non viene riferito il contenuto del suo saluto ma solo l’effetto: la gioia che risuona in Elisabetta, nel suo corpo di madre e nel tenero germoglio di vita che in quel corpo è accolto. Il corpo di una donna, Maria, registra l’ingresso di Dio nella storia e la sua umiltà nel lasciarsi ospitare da quella miscela di polvere e soffio che egli stesso ha creato. Dall’interno del tempio, dove avvenivano sacrifici e offerte e dove il Vangelo di Luca si era aperto puntando l’obiettivo su Zaccaria, Dio si trasferisce nel corpo di una donna per essere ospitato e nutrito. Concepito di Spirito Santo, il Figlio di Dio, infatti, sboccia nella storia come corpo accolto e tessuto nel grembo di una madre:
«entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato» (Eb 10,5).
Ricettacolo di tutte le facoltà umane, il corpo è la possibilità di prendere posizione nello spazio, di esercitare la libertà, di vivere all’insegna del dono. E Dio sceglie di entrare nel mondo così: nell’umile segno di un corpo che si coinvolge nella storia con tutta la sua concretezza relazionale. È il fascino del Natale, è la dinamica dell’incarnazione. Inizia così il tempo nuovo: non più l’offerta continua di animali realizza la riconciliazione con Dio ma l’offerta unica del corpo di Cristo. Questo corpo completamente donato, fonte della nostra santificazione, inaugura il nuovo culto di chi, come Maria, non offre a Dio delle cose ma gli dona il proprio corpo, cioè tutto se stesso.
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