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Letteralmente il verbo παραδίδωμι (paradìdomi) significa “consegnare”, e in altri passi del Nuovo Testamento assume una valenza positiva (per esempio, quando è riferito a Gesù che “consegna” liberamente e volontariamente il suo spirito sulla croce). Ma nel caso di Giuda prevale la connotazione negativa di tradimento, del “consegnare qualcuno nelle mani di altri”. Sorprende poi l’uso del verbo al passato, invece che al futuro come quando si racconta una storia nel suo svolgimento: l’intento di Marco è evocarne in anticipo l’esito finale, già noto, per indurre il lettore a chiedersi se corre il rischio di essere tra gli intimi di Gesù capaci di tradirlo.
Commento alla Liturgia
Venerdì della II settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Sam 24, 3-21
3Saul scelse tremila uomini valorosi in tutto Israele e partì alla ricerca di Davide e dei suoi uomini di fronte alle Rocce dei Caprioli. 4Arrivò ai recinti delle greggi lungo la strada, ove c'era una caverna. Saul vi entrò per coprire i suoi piedi, mentre Davide e i suoi uomini se ne stavano in fondo alla caverna. 5Gli uomini di Davide gli dissero: "Ecco il giorno in cui il Signore ti dice: "Vedi, pongo nelle tue mani il tuo nemico: trattalo come vuoi"". Davide si alzò e tagliò un lembo del mantello di Saul, senza farsene accorgere. 6Ma ecco, dopo aver fatto questo, Davide si sentì battere il cuore per aver tagliato un lembo del mantello di Saul. 7Poi disse ai suoi uomini: "Mi guardi il Signore dal fare simile cosa al mio signore, al consacrato del Signore, dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore". 8Davide a stento dissuase con le parole i suoi uomini e non permise loro che si avventassero contro Saul. Saul uscì dalla caverna e tornò sulla via. 9Dopo questo fatto, Davide si alzò, uscì dalla grotta e gridò a Saul: "O re, mio signore!". Saul si voltò indietro e Davide si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. 10Davide disse a Saul: "Perché ascolti la voce di chi dice: "Ecco, Davide cerca il tuo male"? 11Ecco, in questo giorno i tuoi occhi hanno visto che il Signore ti aveva messo oggi nelle mie mani nella caverna; mi si diceva di ucciderti, ma ho avuto pietà di te e ho detto: "Non stenderò le mani sul mio signore, perché egli è il consacrato del Signore". 12Guarda, padre mio, guarda il lembo del tuo mantello nella mia mano: quando ho staccato questo lembo dal tuo mantello nella caverna, non ti ho ucciso. Riconosci dunque e vedi che non c'è in me alcun male né ribellione, né ho peccato contro di te; invece tu vai insidiando la mia vita per sopprimerla. 13Sia giudice il Signore tra me e te e mi faccia giustizia il Signore nei tuoi confronti; ma la mia mano non sarà mai contro di te. 14Come dice il proverbio antico: "Dai malvagi esce il male, ma la mia mano non sarà contro di te". 15Contro chi è uscito il re d'Israele? Chi insegui? Un cane morto, una pulce. 16Il Signore sia arbitro e giudice tra me e te, veda e difenda la mia causa e mi liberi dalla tua mano". 17Quando Davide ebbe finito di rivolgere a Saul queste parole, Saul disse: "È questa la tua voce, Davide, figlio mio?". Saul alzò la voce e pianse. 18Poi continuò rivolto a Davide: "Tu sei più giusto di me, perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male. 19Oggi mi hai dimostrato che agisci bene con me e che il Signore mi aveva abbandonato nelle tue mani e tu non mi hai ucciso. 20Quando mai uno trova il suo nemico e lo lascia andare sulla buona strada? Il Signore ti ricompensi per quanto hai fatto a me oggi. 21Ora, ecco, sono persuaso che certamente regnerai e che sarà saldo nelle tue mani il regno d'Israele.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 56(57)
R. Pietà di me, o Dio, pietà di me.
Oppure:
R. A te mi affido: salvami, Signore.
Pietà di me, pietà di me, o Dio,
in te si rifugia l’anima mia;
all’ombra delle tue ali mi rifugio
finché l’insidia sia passata. R.
Invocherò Dio, l’Altissimo,
Dio che fa tutto per me.
Mandi dal cielo a salvarmi,
confonda chi vuole inghiottirmi;
Dio mandi il suo amore e la sua fedeltà. R.
Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
Grande fino ai cieli è il tuo amore
e fino alle nubi la tua fedeltà. R.
Vangelo
Mc 3,13-19
13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. 14Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15con il potere di scacciare i demòni. 16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè "figli del tuono"; 18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.
Note
Nominati
Con un linguaggio contemporaneo, potremmo dire che oggi nel Vangelo ci viene raccontata la “nomina” dei discepoli ad «apostoli» (Mc 3,14). Un po’ come avviene quando il Papa nomina, appunto, dei nuovi cardinali. Ma è proprio così nella logica e nel cuore del Signore Gesù? Stranamente nel testo abbiamo l’elenco dei nomi con un cambiamento che però riguarda radicalmente solo «Simone, al quale impose il nome di Pietro» (3,16). Il testo continua così: «poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”» (3,17). Degli altri il Signore si accontenta, in certo modo, di confermare il loro nome o di accogliere il soprannome che già portano: «Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì» (3,18-19). Sembra proprio che l’essere nominati apostoli sia, per i discepoli, non un evento di carriera e, per molti aspetti, neppure un’intensificazione, per così dire, di ministero, ma prima di tutto una radicalizzazione della loro personalità, che avviene con la semplice conservazione del loro nome di sempre o con un cambiamento, come nel caso di Simone, o con un ampliamento come per Giacomo e Giovanni.
Magnificamente, quando «Gesù salì sul monte, chiamò a sè quelli che voleva» (3,13), non si circonda di ombre senza nomi e senza volti il cui ruolo sarebbe quello di aumentare e rendere più efficace il suo ministero, ma vuole attorno a sé “persone” chiamate non a scomparire, perché inghiottite dalla luce abbagliante del loro ineguagliabile Maestro, ma con la possibilità di diventare sempre più se stesse per aiutare gli altri a fare altrettanto di quanto hanno visto da Lui. Le ragioni della scelta sono elencante minuziosamente dall’evangelista:
«perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni» (Mc 3,14-15).
Scacciare i demòni significa, nel linguaggio evangelico, liberare in ogni persona la possibilità di essere se stessa senza essere agita da altri, senza essere appunto posseduto e inghiottito in una impersonalità caotica e avvilente che caratterizza ogni diabolica operazione.
Nella prima lettura viene evocato uno dei momenti più commoventi della storia di Davide che, proprio quando ha la possibilità di liberarsi del suo persecutore, rivela fino in fondo il suo cuore capace di coraggio, ma sempre attento ad avere rispetto della dignità e della persona dell’altro nel suo mistero e nel suo ruolo:
«Mi guardi il Signore dal fare simile cosa al mio signore, al consacrato del Signore, dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore» (1Sam 24,7).
Davide è un uomo libero da se stesso nonostante tutte le sue contraddizioni e per questo la sua cetra era stata più volte capace di placare l’animo turbato del re Saul. Ora, nelle mani del giovane e affermato prode, non vi è più la cetra, ma un coltello, eppure, inconsapevolmente ed efficacemente, la sola presenza di Davide è capace di risvegliare nel re il meglio, facendo assopire il demone che lo tormenta con la paura e il sospetto:
«È questa la tua voce, Davide, figlio mio?» (1Sam 24,17).
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