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Il concetto di zōē aiōnios (ζωὴ αἰώνιος) compare solo in 13,46.48 nel libro degli Atti. Si tratta di una formula giudaica per indicare la salvezza nell’epoca benedetta dell’eone futuro, dal quale gli antiocheni giudei si autoescludono. Il tono non è ironico, ma mira alla loro responsabilità (“non vi giudicate degni”).
Il concetto di zōē aiōnios (ζωὴ αἰώνιος) compare solo in 13,46.48 nel libro degli Atti. Si tratta di una formula giudaica per indicare la salvezza nell’epoca benedetta dell’eone futuro, dal quale gli antiocheni giudei si autoescludono. Il tono non è ironico, ma mira alla loro responsabilità (“non vi giudicate degni”).
Letteralmente, “disposti, ordinati a”, da non leggere troppo nel senso di una predestinazione. Il verbo tassō (τάσσω), infatti, che significa “assegnare, disporre, ordinare”, non viene usato qui in senso teologico. Si tratta di una formulazione giudaica e Luca, attento a preservare il libero arbitrio, mette l’accento sul fatto che Dio, contro ogni aspettativa, concede ai pagani l’accesso alla salvezza. Teologicamente, questa apertura alle nazioni realizza la chiamata più alta rivolta a Israele secondo la citata profezia di Is 49,6. Paolo cercherà fino alla fine di convincerne i giudei.
L'espressione «figlio della pace» è idiomatica. Con questo genere di costruzioni, in ebraico, si allude a qualcuno appartenente a una certa classe o genere di persone. In questo caso Gesù allude a qualcuno che appartiene alla categoria dei pacifici, cioè di quanti restano aperti all'accoglienza dell'altro e della parola di cui è portatore.
Si può notare che lo strumento di guarigione offerto da Gesù ai discepoli non è altro che l'annuncio del regno e della sua vicinanza alla nostra umanità.
Commento alla Liturgia
Santi Cirillo e Metodio
Prima lettura
At 13,46-49
46Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: "Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. 47Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra ". 48Nell'udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. 49La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 116 (117)
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode. R.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre. R.
Vangelo
Lc 10,1-9
1Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio".
Note
Alfabeto
La festa dei santi Cirillo e Metodio ripropone ogni anno alla Chiesa universale la memoria radicale della sua cattolicità non semplicemente confessionale, ma evangelica. Nel modo di “provvedere” alle crescenti e differenziate esigenze dell’annuncio del Regno di Dio, il Signore Gesù non si sente assolutamente legato alla scelta dei Dodici, ma davanti alla necessità
«designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1).
Cirillo e Metodio tengono viva la memoria del fondamento apostolico secondo il criterio usato da Gesù: la scelta dei primi discepoli cade su due coppie di fratelli, e l’invio dei «settantadue» comporta che vadano «a due a due». Talora una gloriosa ed eroica idea della vocazione fa pensare piuttosto al “talento” personale da investire in modo attraente e attrattivo. Non sembra questo il criterio usato dal Signore Gesù nella scelta e nella consegna data ai suoi apostoli e ai suoi discepoli. Mentre in modo un po’ superficiale pensiamo a costoro come capi e guide di comunità, nel Vangelo li troviamo invece alle prese con il quotidiano compito di saper camminare insieme, annunciare insieme, discernere insieme dando testimonianza di saper vivere in prima persona e sulla propria pelle la sfida della fraternità che sono chiamati ad annunciare.
È proprio nel crogiolo della fraternità discepolare che si affina e si amplifica l’alfabeto necessario ad annunciare il Vangelo in modo comprensibile a facile da recepire da tutti, in ogni luogo e a partire da culture diverse, le quali non devono necessariamente essere omologate. Proprio a partire da questa attitudine radicalmente evangelica, i fratelli Cirillo e Metodio sono stati capaci di inventare creativamente un alfabeto – quello cirillico appunto – per poter accogliere le parole delle persone che incontravano e restituirle loro con la doratura del Vangelo di Cristo, soprattutto attraverso i testi liturgici. Possiamo ben immaginare la reazione del popolo a questo immenso dono:
«si rallegravano e glorificavano la parola del Signore» (At 13,48).
Le parole del profeta Isaia si possono ben applicare a tutti coloro che si fanno mediatori appassionati e umili dell’annuncio gioioso di una fraternità e di una carità sempre possibile anche nelle situazioni apparentemente impossibili: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annunzia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza» (Is 52,7). Celebrare festivamente la memoria di Cirillo e Metodio è un modo per ricordarci della bellezza e della esigenza di imparare la lingua dell’altro per poter comunicare a tutti la gioia di essere fratelli in quella diversità arricchente che può rendere la nostra Europa un segno per il mondo intero di speranza e di gioia possibili per tutti gli uomini e le donne, soprattutto i meno fortunati.
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