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Il verbo composto aparnèomai (ἀπαρνέομαι) ricorre una sola volta nella versione greca della Bibbia (la Settanta), in Is 31,7, dove sono gli uomini a rinnegare il creatore. Il Nuovo Testamento ne fa un uso frequente, nel senso di “rifiutare di riconoscere, ignorare” il Cristo. Qui l’uso è originale, perché il rinnegamento è applicato a sé e introduce una sottile tensione: se uno vuole seguire la propria inclinazione personale di seguire Gesù, cominci a rifiutare proprio l’idolatria di sé. Non una semplice decisione ascetica quindi, ma una costosa adesione di fede, per donare interamente la vita.
Commento alla Liturgia
Venerdì della VI settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Gc 2,14-24.26
14A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? 15Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano 16e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? 17Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. 18Al contrario uno potrebbe dire: "Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede". 19Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! 20Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore? 21Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? 22Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta. 23E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia , ed egli fu chiamato amico di Dio. 24Vedete: l'uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. 26Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 111 (112)
R. La tua legge, Signore, è fonte di gioia.
Beato l’uomo che teme il Signore
e nei suoi precetti trova grande gioia.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza degli uomini retti sarà benedetta. R.
Prosperità e ricchezza nella sua casa,
la sua giustizia rimane per sempre.
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto. R.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto. R.
Vangelo
Mc 8,34–9,1
34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. 36Infatti quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? 37Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? 38Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi". 1Diceva loro: "In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza".
Note
Unificarci
Continuando a riflettere sulla necessità di essere attenti ai bisogni degli altri, soprattutto dei più poveri, sprovvisti dei vestiti e del cibo quotidiano, l’apostolo Giacomo denuncia il rischio di un’adesione al vangelo che non si esprima in fatti e gesti concreti. Non si tratta solo di raggiungere la ragionevole e auspicabile soglia di coerenza tra quanto si dice e quello che si fa, ma di assicurare una certa unità al nostro esistere, per non ritrovarci, fatalmente, a indossare i panni di un “visconte dimezzato”.
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? (Gc 2,14).
Secondo il vangelo, questo processo di unificazione — che altro non è se non il compimento della nostra umanizzazione — passa attraverso momenti di clamorosa discontinuità tra quello che vorremmo fare, fidandoci dei nostri sensi, e quello che in alcuni momenti siamo invece chiamati a fare. Le esigenze che Gesù pone davanti ai discepoli, per poter essere seguaci e imitatori della logica delle beatitudini, semplicemente, tolgono il fiato.
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35).
La nostra croce non coincide con le continue sofferenze, piccoli o grandi, che la vita a tutti chiede di attraversare, ma con la realtà quotidiana dove siamo chiamati a riconoscere, per poi assumere liberamente, tutto il peso e le conseguenze del nostro essere figli di Dio e fratelli del nostro prossimo. Questo, in fondo, è l’unico vantaggio che la fede ci garantisce: la capacità di essere talmente liberi da noi stessi da non poter concepire una vita che sia veramente “nostra”, senza aver provato a incontrarsi — talvolta a scontrarsi — fino in fondo con quella degli altri.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? (Mc 8,36-37).
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