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Questa espressione – tòn lògon toū theoū (τὸν λόγον τοῦ θεοῦ) – risuona qui per la prima volta in Luca. Nel cap. 4 si parla della parola di Gesù, nel cap. 5 emerge che Gesù parla in quanto inviato: è Dio che parla attraverso di lui. Ciò che caratterizza Gesù è che, in quanto profeta, è pienamente portavoce di Dio e allo stesso tempo resta se stesso. In questa mediazione scopriamo quanto la relazione sia costitutiva della “parola di Dio”. Con questa espressione, Luca nel suo vangelo indica proprio la predicazione di Gesù, il luogo in cui Dio si manifesta come Dio vivente e misericordioso.
Letteralmente, l’espressione suona “prenderai uomini vivi”. Queste parole di Gesù completano un racconto di rivelazione (e non di apparizione del Risorto, come il Quarto Vangelo inquadra questo episodio). Gesù conclude la sua rivelazione affidando a Pietro una missione, nella forma di una profezia e di una promessa, più che di una vocazione esplicita. Una sfumatura possibile del verbo zōgrèō (ζωγρέω), composto da “vivo” (zōòs, ζωός) e “cacciare” (agrèō, ἀγρέω), oltre che con “prendere vivo” potrebbe rendersi con “rendere alla vita, rianimare”, guadagnare altri uomini per il Regno di Dio.
Commento alla Liturgia
V Domenica Tempo Ordinario
Prima lettura
Is 6,1-2a.3-8
1Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3Proclamavano l'uno all'altro, dicendo: "Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria". 4Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. 5E dissi: "Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti". 6Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. 7Egli mi toccò la bocca e disse: "Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato". 8Poi io udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi: "Eccomi, manda me!".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 137 (138)
R. Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo. R.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza. R.
Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore! R.
La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani. R.
Seconda Lettura
1Cor 15,1-11
1Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi 2e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! 3A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che 4fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture 5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. 6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. 9Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. 10Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
Vangelo
Lc 5,1-11
1Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. 4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". 5Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Note
Dio riempie
Nel racconto della vocazione di Isaia, scelto come prima lettura di questa quinta domenica del tempo ordinario, risuona quattro volte il termine «Signore», con il quale si parla del mistero di Dio. Nel testo ebraico, però, c’è una differenza significativa: nelle due ricorrenze più esterne (vv. 1 e 8) è detto con il sostantivo Adonai, in quelle centrali (vv. 3 e 5) c’è invece il Tetragramma sacro e impronunciabile – YHWH – rivelato da Dio a Mosè presso il roveto ardente (cf. Es 3,14). Con questo modo di narrare, e in particolare di ricorrere a un diverso linguaggio per parlare di Dio, sembra che l’autore voglia suggerire un’idea importante: la propria vocazione personale matura sempre dentro una conoscenza di Dio che si approfondisce, in qualche modo si personalizza. Se comprendo in modo più autentico chi è Dio per me, capisco anche chi sono chiamato a essere io, davanti a lui e davanti alla storia. Ogni vocazione, così come ogni sincero cammino di conversione, si radica necessariamente in una relazione con il Signore che diviene sempre più matura e vera.
Simile è l’esperienza che Pietro vive presso il lago di Gennèsaret, secondo il racconto di Luca. Possiamo infatti suddividere il brano in tre piccole scene, collegate da un filo rosso che ha per protagonista la parola di Dio che in Gesù si fa carne. Nel primo quadro, Gesù annuncia la parola di Dio e le folle la ascoltano. Attorno alla sua parola la gente fa ressa, perché intuisce che non è come le altre parole, ma è capace di donare senso autentico alla vita, riscattandola da ogni illusione o vacuità.
Nel secondo quadro l’evangelista ci conduce più in profondità. Dal volto anonimo e impersonale della folla emergono alcuni volti e alcuni nomi. L’incontro con Gesù è sempre personale ed esige di uscire dall’anonimato della gente per incontrarlo faccia a faccia, lasciando che egli ci chiami con il nostro nome per poterlo a nostra volta chiamare con il suo nome. In particolare per Pietro questo incontro personale si attua attraverso un diverso rapporto con la parola di Dio. Finora l’ha ascoltata, al pari degli altri, confuso nella folla; ora questa parola esige da lui una decisione personale e responsabile, che soltanto Pietro, nella sua libertà e in prima persona, può e deve assumere:
«Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).
Gesù aveva usato un plurale: «gettate le vostre reti»; Pietro risponde in prima persona «io getterò le reti» (cf. Lc 5,4-5). Adesso per Pietro non si tratta più di ascoltare la parola di Gesù come fanno le folle; ora questa parola lo coinvolge personalmente e gli chiede di diventare il criterio ultimo del suo discernimento, del suo giudizio, della sua azione. Pietro decide di fidarsi della parola di Gesù e in questo modo potrà costatarne l’efficacia: le reti, prima vuote, si riempiono di una quantità smisurata di pesci. La nostra relazione con il Signore si personalizza, e noi usciamo dall’anonimato della folla per incontrarlo faccia a faccia, ogni volta che la sua parola diviene per noi criterio di giudizio e di azione, fondamento della nostra vita; oltre ad ascoltarla, su di essa ci decidiamo, anche quando appare inutile, inefficace, contraddetta dalla nostra esperienza.
La vicenda di Pietro non si conclude tuttavia a questo punto, c’è una terza scena, molto breve, in cui risuona ancora la parola di Gesù, che assume un aspetto nuovo e ulteriore. Da criterio di giudizio e di azione, diventa una parola potente che trasforma la vita di Pietro, lo chiama a conversione, gli promette un futuro diverso, per il quale si offre come unica garanzia:
«d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10).
Anche Isaia viene trasformato dall’incontro con il Signore: il carbone ardente che gli tocca la bocca lo fa passare dalle labbra impure, anche perché incapaci di parlare in modo giusto e santo, alla possibilità di dire la parola necessaria, che rende la sua vita obbediente alla parola di Dio e disponibile a compiere la sua volontà:
«Eccomi, manda me!» (Is 6,8).
Analoga è l’esperienza di Paolo, che egli stesso descrive ai Corinzi: lui, che ha perseguitato la Chiesa di Dio, ora diviene un’altra persona, per la grazia di Dio che in lui non rimane vana, inattiva (cf. 1Cor 15,10).
Conoscere più profondamente Dio significa dunque fare esperienza di questa sua fecondità sorprendente, che converte, trasforma, purifica, fa nuove tutte le cose e soprattutto rinnova il nostro cuore e la nostra vita. Dio ci viene oggi rivelato, da questa liturgia della Parola domenicale, come «colui che riempie». Riempie di sé e della sua gloria il tempio (cf. Is 6,1.4), anzi «tutta la terra» (cf. Is 6,2). Riempie le reti vuote di Pietro e dei suoi compagni (cf. Lc 5,6). Riempie della sua grazia la vita di ciascuno di noi, colmandola di stupore – di quello stesso stupore che invade Pietro e tutti coloro che erano con lui (cf. Lc 5,9) – per quanto ci consente di realizzare, nonostante le nostre labbra impure, come esclama Isaia, nonostante il nostro riconoscerci peccatori, come confessa Pietro (cf. Lc 5,8).
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