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Con l’espressione kat’idìan (κατ̓ ἰδίαν) si esprime qualcosa di più di una guarigione che avviene lontano dalla folla, come si trova altrove nei Vangeli. In Marco, il superamento del punto di vista della folla è indispensabile per comprendere il mistero di Gesù. Inoltre, nel secondo Vangelo prendere qualcuno fuori dalla folla, “a parte”, è un’espressione tipica per indicare la formazione del discepolo.
Dal gemito di Gesù, che è insieme emozione e preghiera, scaturisce con invincibile forza l’azione di aprire, espressa dal verbo dianòigō (διανοίγω), connotato da una sorprendente polisemia nel Nuovo Testamento: aprire gli occhi, la mente, il cuore, le Scritture. Tutto il Vangelo di Marco è un aprire, dai cieli strappati nel momento del Battesimo al sepolcro aperto, passando per tutte le persone bloccate da malattie e impurità che Gesù non solo ha guarito ma ha liberato. Le ha riaperte alla vita, come in una nascita, che il verbo stesso evoca in una delle sue sfumature, che indica l’apertura del grembo materno al primo parto.
Commento alla Liturgia
Venerdì della V settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Re 11,29-32.12,19
29In quel tempo Geroboamo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo, che era coperto con un mantello nuovo; erano loro due soli, in campagna. 30Achia afferrò il mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi. 31Quindi disse a Geroboamo: "Prenditi dieci pezzi, poiché dice il Signore, Dio d'Israele: "Ecco, strapperò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci tribù. 32A lui rimarrà una tribù a causa di Davide, mio servo, e a causa di Gerusalemme, la città che ho scelto fra tutte le tribù d'Israele. 19Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 80(81)
R. Sono io il Signore, tuo Dio: ascolta, popolo mio.
Oppure:
R. Fa' che ascoltiamo, Signore, la tua voce.
Ascolta, popolo mio, non ci sia in mezzo a te un dio estraneo
e non prostrarti a un dio straniero.
Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d'Egitto. R.
Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti! R.
Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano. R.
Vangelo
Mc 7,31-37
31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: " Effatà ", cioè: "Apriti!". 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!".
Note
La concretezza della realtà
Uno dei sintomi del male della nostra vita è proprio l’isolamento. Soprattutto l’isolamento dalla realtà e dagli altri. Ci si rinchiude dentro la nostra testa, i nostri ragionamenti, le nostre autopsie celebrali e si confonde la realtà con ciò che invece è solo dentro la nostra testa. La cosa peggiore, poi, è quando non riusciamo nemmeno più a chiedere aiuto, a farci aiutare per venir fuori da questo isolamento. Il Vangelo di oggi parla esattamente di questo. La storia di questo sordomuto non è semplicemente la guarigione fisica di un uomo, ma bensì il segno racchiuso proprio in esso. Gesù riapre i sensi. Riapre, cioè, le vie di comunicazione con la realtà. Ci fa tornare con i piedi per terra. Ridà valore alle cose che esistono e non alle nostre elucubrazioni mentali che sono la prima benzina delle nostre depressioni. Oggi Gesù pronuncia “Effata” cioè “Apriti” su tutte le nostre chiusure e isolamenti. E lo fa con una fisicità estrema:
“E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!».”.
Dita, saliva, lingua, toccare, sono cose di una concretezza estrema. È il contatto concreto della vita l’occasione che molto spesso il Signore ci dà per guarire. Non i ragionamenti ma il lasciarsi “toccare” concretamente nelle cose, è lì che troviamo anche guarigione. Non basta riordinare le idee a volte abbiamo bisogno dell’incontro/scontro con la concretezza della realtà.
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