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Il titolo cristologico archēgòs (ἀρχηγός) è piuttosto raro e proviene dal giudaismo ellenistico. In 3,15 lo si legge nella forma “iniziatore della vita”. L’archēgòs, dunque, è la causa prima, il fondatore, l’iniziatore, il capo. La cristologia di Luca, secondo cui l’autore della vita è Dio, concepisce Gesù come il primo risuscitato dai morti, liberato da Dio. Il significato del termine oscilla tra la sfumatura di “autorità” presente in archē e quella di “guida” presente in agō, tra la tipologia del nuovo Adamo, primo risuscitato dai morti, e la tipologia di Mosé, per cui il Cristo innalzato è visto come la guida escatologica del suo popolo nel nuovo esodo.
Solo in questo brano è usato il verbo phaneròō (φανερόω), che significa “rivelare, rendere visibile, evidente”, per indicare il modo in cui Gesù si rivela come risorto, in una sorta di inclusione tra il v. 1 e il v. 14. Nel cap. 20, Giovanni usa o il verbo “stare” o il verbo “venire”. Ma il verbo “manifestare” è usato in molti passi importanti del Quarto vangelo (da 1,31 a 17,6), il che indica come la manifestazione di Gesù risorto sia il punto di arrivo e un criterio di spiegazione di quanto era stato preparato prima della Pasqua.
Con il vocativo “bambini”, paidìa, paidìon (παιδία, παιδίον) vengono interpellati i discepoli. Questo vocativo richiama la nascita del bambino (paidìon) dai dolori del parto in 16,21. Con questa reminiscenza, il legame tra Gesù e i discepoli appare ancora più stretto: essi nascono dalla sua risurrezione. Si sta realizzando anche la promessa di 14,18: “non vi lascerò orfani”, pur riferita allo Spirito Santo, l’“altro Paraclito”. L’“altro” dopo Gesù, che è il primo e, da risorto, si presenta come una madre.
Solo in questo brano è usato il verbo phaneròō (φανερόω), che significa “rivelare, rendere visibile, evidente”, per indicare il modo in cui Gesù si rivela come risorto, in una sorta di inclusione tra il v. 1 e il v. 14. Nel cap. 20, Giovanni usa o il verbo “stare” o il verbo “venire”. Ma il verbo “manifestare” è usato in molti passi importanti del Quarto vangelo (da 1,31 a 17,6), il che indica come la manifestazione di Gesù risorto sia il punto di arrivo e un criterio di spiegazione di quanto era stato preparato prima della Pasqua.
Commento alla Liturgia
III Domenica di Pasqua
Prima lettura
At 5,27b-32.40b-41
27Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò 28dicendo: "Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest'uomo". 29Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. 30Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. 31Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. 32E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono". 40e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. 41Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 29
R. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. R.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia. R.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. R.
Seconda Lettura
Ap 5,11-14
11E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia 12e dicevano a gran voce: "L'Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione". 13Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli". 14E i quattro esseri viventi dicevano: "Amen". E gli anziani si prostrarono in adorazione.
Vangelo
Gv 21,1-19
1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. 4Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No". 6Allora egli disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. 9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: "Portate un po' del pesce che avete preso ora". 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. 15Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli". 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pascola le mie pecore". 17Gli disse per la terza volta: "Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: "Mi vuoi bene?", e gli disse: "Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi". 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: "Seguimi".
Note
Approfondimenti
Dio chiede obbedienza. Infatti, il verbo peitharchèō (πειθαρχέω) fa inclusione in apertura e in chiusura del discorso di Pietro. Questo verbo, con una sfumatura semantica diversa dal verbo teologico e abituale dell’obbedienza (hupakoúō), esprime la rigida sottomissione a un ordine sociale. Perciò gli apostoli trasgrediscono l’autorità ma a causa di un comando di Dio.
L’assioma etico che giustifica la loro scelta richiama alla memoria greca il ricordo di Socrate (Platone, Apologia di Socrate), che pronuncia una frase simile davanti ai giudici che gli vietano di cercare la sapienza: “obbedirò a Dio piuttosto che a voi”.
A Luca interessa questo parallelismo per screditare le autorità religiose, il cui accanimento contro gli apostoli rivela l’opposizione a Dio.
Il tuo nome è Mangiare, alleluia!
L’invito che sta al cuore della liturgia di oggi è quello che il Signore fa ai suoi discepoli e che rivolge anche a noi:
«Venite a mangiare» (Gv 21,12).
Proprio come fa una madre con i membri della propria famiglia. Mentre tutti sono dispersi dietro alle loro occupazioni e capricci, risuona la sua voce: «è pronto, venite a mangiare». L’aggiunta giovannea al suo Vangelo è come se fosse una risposta possibile a una domanda ricorrente nel cuore dei discepoli di ogni tempo e che, certamente, si affaccia pure al nostro cuore: «Come riconoscere il Risorto?». Il racconto evangelico che evoca «la terza volta» nella quale il Signore «si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti» (21,14) è una sorta di rivelazione della tenerezza, e di una tenerezza contagiosa. Come una madre che nutre i propri figli e li raduna attorno alla tavola di casa ristabilendo, attraverso i profumi della cucina, i legami più intimi e aiutando a superare le inevitabili fatiche e tristezze, così il Signore cerca di creare l’occasione per i suoi discepoli, occasione non solo di lavorare insieme, ma pure di prendere cibo e riposo insieme.
I simboli e i gesti che attraversano questo Vangelo ci riportano alle cose più essenziali, facendoci passare attraverso le più primordiali, come possono essere la necessità e la gioia di mangiare e di mangiare insieme. Come spesso accade in una famiglia, soprattutto se numerosa o allargata, non è raro che la padrona di casa sia l’ultima a mangiare, o a non mangiare affatto, tanto è sazia della gioia di vedere i suoi cari riuniti attorno alla mensa, come un tempo erano stati attaccati dolcemente al proprio seno. Così anche il Signore Gesù prepara «il fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane» (21,9), ma non sembra mangiare e sembra accontentarsi di nutrire. Solo «quand’ebbero mangiato» (21,15) e dopo essere stati così rassicurati e aver avuto la conferma del suo amore e della sua tenerezza, il Signore Risorto prende la parola per interrogare e ri-orientare la vita di Simon Pietro. Anche da questa sequenza dobbiamo imparare: prima è necessario saziare e, solo in seguito, passare a interrogare. Questo perché le domande e le risposte siano date nella più grande serenità possibile, che è l’unica condizione di una certa verità… quella che è realizzabile.
Solo dopo i gesti della tenerezza e della bontà, così com’era già accaduto alla vigilia della sua passione nel cenacolo, il Signore Gesù può parlare persino, e ancora una volta, di «morte» e rinnovare il suo appello: «Seguimi» (21,19). A questo punto non ci resta che unirci ai «quattro esseri viventi» per dire a nostra volta:
«Amen» (Ap 5,14).
Solo se avremo potuto ritrovare interamente la nostra intima familiarità con il Maestro e il Signore della nostra vita potremo, come i discepoli, accettare persino di essere maltrattati e flagellati senza, per questo, smettere di essere «lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù» (At 5,40). Chissà se ci siamo accorti che Gesù ci aspetta sulla «riva» (Gv 21,4) con lo stesso atteggiamento – forse persino con lo stesso grembiule – della vigilia di Pasqua e ci chiede di mangiare con lui, di mangiare di lui per fare finalmente il punto sulla verità e intensità del nostro amore. Se, infatti, c’è una «terza volta» (21,14) per Gesù di venirci incontro, prima o poi, c’è pure una «terza volta» (21,17) perché noi diciamo, in verità, chi siamo diventati:
«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene»! (Gv 21,17)
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