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Il verbo parakalèō (παρακαλέω) ha il significato di "supplicare, consolare" oppure (come qui), "impegnare vivamente a qualcosa". Il termine ritorna spesso negli Atti e ha come oggetto il restare nella fede, il perseverare nella vita cristiana.
In Luca, il regno di Dio, legato alla persona di Gesù Cristo, atteso e misteriosamente accessibile, è una grandezza temporale e una realtà spaziale. Per Luca, l’ingresso in esso avviene alla fine dei tempi: il regno di Dio è “escatologico”.
Il destino della Chiesa viene affidato al Signore, alla sua parola e non a strutture. Il verbo paratithēmi (παρατίθημι) nella Bibbia dei Settanta e in Lc-At ha tre utilizzi diversi: a. presentare qualcosa a qualcuno nel contesto di un pasto; b. esporre un discorso o prescrivere dei comandamenti; c. presentare o affidare a qualcuno.
Il termine usato qui è forte: paradìdōmi (παραδίδωμι), verbo della consegna di Gesù alla passione, ha il significato di “consegnare/rimettere al potere di qualcuno”. L’autore reinterpreta il gesto di imposizione delle mani di 13,3 come affidamento alla grazia di Dio: la comunità ha inviato, lo Spirito ha spinto, la grazia divina ha protetto.
Commento alla Liturgia
V Domenica di Pasqua
Prima lettura
At 14,21b-27
21Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, 22confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede "perché - dicevano - dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni". 23Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. 24Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia 25e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; 26di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l'opera che avevano compiuto. 27Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 144 (145)
R. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. R.
Seconda Lettura
Ap 21,1-5a
1E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: "Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. 4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate". 5E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e vere".
Vangelo
Gv 13,31-33a.34-35
31Quando fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri".
Note
Approfondimenti
Il verbo doxàzō (δοξάζω) significa "accrescere la reputazione di qualcuno", “rivestirlo di splendore”. Questa complessa nozione di “gloria” appartiene al Secondo Isaia, che si richiama a Es 14, il “passaggio del mare” in cui il Signore Dio dichiara di voler mostrare la sua gloria verso il faraone. Con una differenza importante: lì il Signore è stato glorificato a spese dei suoi nemici, qui il Figlio dell’uomo non è glorificato a spese di nessuno, ma lo è a favore di tutti. Lì la gloria di Dio è la salvezza che egli opera, qui è il modo in cui Gesù ama chi lo consegna.
Il termine ricorre anche nel libro di Daniele, e per questo appartiene anche al genere apocalittico. Come i tre giovani nella fornace (Dn 55,51ss), anche Gesù è descritto nella posizione di colui che celebra la lode per la rivelazione che in lui si manifesta. In questo è pienamente Figlio: permette a Dio di essere glorificato in lui, perché Dio lo glorifichi con la sua paternità. Il Figlio è Figlio quando permette al Padre di essere Padre. È uomo quando è trasparente verso Dio. Così si rivela il Dio che si nasconde nell’uomo Gesù, perché l’uomo Gesù riveli l’amore di Dio.
Le cose nuove
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