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Questo è il primo riferimento, nella Lettera ai Romani, all’amore di Dio come agapē (ἀγάπη), cioè un tipo di amore in cui Dio esce da sé e si dona. Il sostantivo agapē non compare in nessuno scritto greco non biblico che ci sia pervenuto. Tale modo di intendere l’amore è distintivo del NT, dove compare circa 120 volte, di cui 75 nelle lettere di Paolo. Gli scritti greci classici e anche quelli della koinè utilizzavano il termine generico philìa, il termine erōs per l’amore sessuale, il termine storghē per l’amore fra i membri di una famiglia.
Il verbo odēghèō (ὁδηγέω) contiene il sostantivo “hodòs, via” e può essere tradotto con “farà camminare”. Rimandando a Gesù, il Figlio, che è la “via” (cf. 14,6), qui è lo Spirito di Gesù (lo Spirito della verità che è Gesù) diventa il cammino.
Questo è un punto controverso per gli interpreti. Letteralmente, l’espressione en tē alēthèia (ἐν τῇ ἀληθείᾳ πάσῃ) significa “in” tutta la verità, nel senso che la verità non è una mèta da raggiungere ma una vita già in parte donata. Tuttavia lo Spirito ne darà piena intelligenza.
Il verbo anaggèllō (ἀναγγέλλω) assume, nella Bibbia greca, il significato di “svelare il senso nascosto di una visione, di un mistero”. In questo senso, ripreso dal Quarto Vangelo, spiega come lo Spirito “introdurrà alla verità tutta intera”: dopo la rivelazione definitiva avvenuta con Cristo, che è già la verità, verrà il tempo dell’interpretazione, in cui questa rivelazione sarà spiegata dallo Spirito. Questo verbo ricorre solo 3 volte nel Vangelo di Giovanni (qui e in 4,25, 5,15) e vuole esprimere l’appropriazione, da parte dei discepoli, delle “cose” dello Spirito. Per questo una buona traduzione è “comunicare”.
Il verbo anaggèllō (ἀναγγέλλω) assume, nella Bibbia greca, il significato di “svelare il senso nascosto di una visione, di un mistero”. In questo senso, ripreso dal Quarto Vangelo, spiega come lo Spirito “introdurrà alla verità tutta intera”: dopo la rivelazione definitiva avvenuta con Cristo, che è già la verità, verrà il tempo dell’interpretazione, in cui questa rivelazione sarà spiegata dallo Spirito. Questo verbo ricorre solo 3 volte nel Vangelo di Giovanni (qui e in 4,25, 5,15) e vuole esprimere l’appropriazione, da parte dei discepoli, delle “cose” dello Spirito. Per questo una buona traduzione è “comunicare”.
Il verbo anaggèllō (ἀναγγέλλω) assume, nella Bibbia greca, il significato di “svelare il senso nascosto di una visione, di un mistero”. In questo senso, ripreso dal Quarto Vangelo, spiega come lo Spirito “introdurrà alla verità tutta intera”: dopo la rivelazione definitiva avvenuta con Cristo, che è già la verità, verrà il tempo dell’interpretazione, in cui questa rivelazione sarà spiegata dallo Spirito. Questo verbo ricorre solo 3 volte nel Vangelo di Giovanni (qui e in 4,25, 5,15) e vuole esprimere l’appropriazione, da parte dei discepoli, delle “cose” dello Spirito. Per questo una buona traduzione è “comunicare”.
Commento alla Liturgia
Ss. Trinità
Prima lettura
Pr 8,22-31
22Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. 23Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. 24Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; 25prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, 26quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. 27Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso, 28quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, 29quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, 30io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, 31giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 8
R. O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi? R.
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi. R.
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari. R.
Seconda Lettura
Rm 5,1-5
1Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. 2Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. 3E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, 4la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. 5La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Vangelo
Gv 16,12-15
12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Note
Giocare
Normalmente la nostra è un’immagina assai “seriosa” di Dio e, invece, la prima lettura di quest’oggi ci permette di cogliere il tratto più giocoso che è proprio di ogni relazione amorosa la quale trova, infatti, la sua origine nella stessa vita divina. Meravigliosamente, il libro dei Proverbi si fa interprete della Sapienza mettendo sulla sua bocca delle parole che ci toccano il cuore:
«giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo» (Pr 8,30-31).
L’immagine di una vita divina intenta da sempre e per sempre a giocare è un’apertura che ci permette di uscire da un timore impaurito dell’Altissimo, per aiutarci a entrare in relazione con la sua vita, come quando si accetta e si ama di partecipare a un gioco che è già iniziato da tempo, e a cui non ci è impedito di aggiungerci, nella speranza che tutti si possano divertire di più. Questa visuale ci permette di gettare uno sguardo non solo più sereno, ma anche più attraente, sulla vita di Dio lasciandoci guidare dalla parola del Signore Gesù:
«Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13).
Mettendo insieme la suggestione che ci viene dalla prima lettura e le parole del Signore Gesù, potremmo immaginare la vita trinitaria come un continuo gioco al telefono senza fili. Al cuore della vita di Dio vi è una passione continua di comunione che si cura della relazione attraverso quella che potremmo definire una comunicazione continua. Un messaggio sembra rifluire continuamente all’interno della vita divina, un messaggio che, confluendo dal Padre nel Figlio per opera dello Spirito, raggiunge ciascuna creatura come un invito solenne a entrare nella stessa dinamica e nello stesso stile di comunione. L’apostolo Paolo, fissando l’attenzione del suo cuore su questo mistero di intima comunione divina, sembra esserne estasiato:
«La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Si tratta di entrare nel dinamismo dell’amore, accettando le regole del gioco portandolo fino in fondo, proprio come il Padre ci ha rivelato nel dono del suo Figlio, nel cui mistero pasquale riceviamo in dono una presenza ancora più profonda – lo Spirito Santo - che è consolatore e correttore di ogni nostra paura, per così procedere oltre ciò che abbiamo già sperimentato e ciò che ci sembra rassicurare i nostri passi. Celebrando la solennità della Trinità a coronamento del tempo pasquale, professiamo la nostra fede in un Dio che si è messo e continuamente si mette in gioco, per donarci l’accesso alla «grazia» (5,2) di sentirci «in pace» (5,1) con Lui, con noi stessi e con il mondo intero. Tocca ora a noi di giocarci dimostrando così di essere “persone” capaci di riprodurre nella nostra vita la stessa immagine di Dio, che è unità proprio perché è assoluta e amorosa differenza nella sua Trinità. Così scrive Giovanni della Croce: «La trasparenza mai viene offuscata, so che di qui ogni luce è originata: eppure è ancora notte. E so tanto copiose le correnti che inferno e cielo rigano e le genti: eppure è ancora notte. Fiume perenne vien dalla sorgente so che altrettanto è ricco e onnipotente: eppure è ancora notte. Terza corrente dalle due procede, so che né l'una né l'altra la precede: eppure è ancora notte» (GIOVANNI DELLA CROCE, Poema: La fonte sono io!). Nelle notti ricorrenti che offuscano le nostre giornate, spesso affaticate da relazioni sempre da curare e da re-inventare, il mistero della Trinità è per noi, non solo motivo di «speranza» (5,5), ma anche di creativa ispirazione.
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