www.nellaparola.it
Questo termine πραΰς (praùs) è proprio solo di Matteo in tutto il Nuovo Testamento, se si esclude una occorrenza in 1Pt 3,4. La mitezza è presentata come una beatitudine (Mt 5,5) e come una caratteristica peculiare di Gesù. Esplicito il richiamo alla descrizione del re messianico fatta dal profeta Zaccaria (21,5), che Matteo cita al momento dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme subito prima della Passione. Mitezza e umiltà erano infatti le prerogative del Messia atteso nella tradizione ebraica, che riferisce queste qualità anche a Mosè.
L’immagine del ζυγός (zugòs), strumento ben noto alle antiche attività agricole, nella letteratura neotestamentaria assume essenzialmente un senso figurato, in riferimento al peso della schiavitù oppure, come in questo caso, interpretato come il peso dell’osservanza della Legge, che nella tradizione giudaica l’ebreo accettava di portare per servire Dio. Gesù può definirlo “dolce” e “leggero” perché lui stesso si offre di condividerlo.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XV settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Is 26,7-9.12.16-19
7Il sentiero del giusto è diritto, il cammino del giusto tu rendi piano. 8Sì, sul sentiero dei tuoi giudizi, Signore, noi speriamo in te; al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio. 9Di notte anela a te l'anima mia, al mattino dentro di me il mio spirito ti cerca, perché quando eserciti i tuoi giudizi sulla terra, imparano la giustizia gli abitanti del mondo. 12Signore, ci concederai la pace, perché tutte le nostre imprese tu compi per noi. 16Signore, nella tribolazione ti hanno cercato; a te hanno gridato nella prova, che è la tua correzione per loro. 17Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida nei dolori, così siamo stati noi di fronte a te, Signore. 18Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori quasi dovessimo partorire: era solo vento; non abbiamo portato salvezza alla terra e non sono nati abitanti nel mondo. 19Ma di nuovo vivranno i tuoi morti. I miei cadaveri risorgeranno! Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere. Sì, la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 104(105)
R. Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.
Oppure:
R. Il Signore è fedele per sempre.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca. R.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. R.
Dio rese molto fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi oppressori.
Cambiò il loro cuore perché odiassero il suo popolo
e agissero con inganno contro i suoi servi. R.
Mandò Mosè, suo servo,
e Aronne, che si era scelto:
misero in atto contro di loro i suoi segni
e i suoi prodigi nella terra di Cam. R.
Vangelo
Mt 11,28-30
28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".
Note
Rugiada
Le parole del Signore Gesù che, ancora una volta, tocca il nostro cuore attraverso il Vangelo, scendono come quella «rugiada luminosa» (Is 26,19) di cui ci parla il profeta Isaia nella prima lettura. Quella del Signore Gesù suona come una protesta d’amore:
«Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,30).
Parlare di un «peso leggero» significa fare ricorso alla figura retorica dell’ossimoro che accosta parole che rimandano a un significato opposto. Da una parte, il Signore Gesù ci invita a prendere su di noi il «giogo» (11,29) e, dall’altra, ci rassicura che il «peso» del cammino che porta ad avere un cuore «mite ed umile» come il suo è un «peso leggero». La domanda viene spontanea: «come può essere leggero un peso?». La risposta dipende da noi ed è consegnata, per così dire, alla nostra intelligenza di discepoli. Noi tutti sappiamo per esperienza che ogni volta che un peso pesa sulla nostra vita e, soprattutto, sul nostro cuore, tutto, o almeno molto dipende da come lo portiamo, lo sentiamo, lo avvertiamo.
Ogni volta che la vita ci impone di portare dei pesi, talora oggettivamente non solo pesanti ma persino ingombranti, subito insorge nel cuore una domanda: «Con chi posso condividere questo peso perché non mi schiacci?». Il Signore Gesù intercetta questa domanda fondamentale del nostro cuore umano e cerca appunto di darci la risposta non della liberazione dal peso che può schiacciare il cuore e l’anima, ma la disponibilità a portarlo con noi fino a renderci disponibili a portare con quanti incontriamo sul nostro cammino almeno un po’ del peso che li grava. L’immagine della «rugiada luminosa» è un invito alla dolcezza del cuore e a coltivare un animo leggero per evitare di trovarci a nostra volta nella dura condizione evocata dal profeta:
«Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori quasi dovessimo partorire: era solo vento» (Is 26,18).
Cosa c’è di più leggero del «vento», eppure quanto può essere disastrosa la furia del vento? Davanti a questo pericolo non possiamo che fare nostre le parole del salmo: «Ti alzerai e avrai compassione di Sion, è tempo di averne pietà, l’ora è venuta» (Sal 101,14). Laddove ci sentiamo come una terra arida che ha bisogno di essere consolata dalla rugiada della compassione di Dio e degli uomini, l’invito del Signore Gesù ci consola e ci impegna:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28).
Così si compie la speranza e il sogno del profeta: «Signore, ci concederai la pace, perché tutte le nostre imprese tu compi per noi» (Is 26,12). In realtà il peso che, ogni giorno, dobbiamo saper accollarci è quello della dolcezza e della tenerezza che, pur non cambiando il peso delle cose, delle persone, delle situazioni, ne cambia radicalmente la percezione, proprio come la rugiada che fa scintillare i prati di luce inattesa.
Cerca nei commenti