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Letteralmente, “petra” (πέτρᾳ) significa “roccia”, non “pietra” (traduzione del termine “lithos”). Gli studiosi hanno molto discusso su cosa sia questa roccia su cui la Chiesa di Gesù è fondata, e che non coincide con Gesù stesso. In Oriente, come base per la Chiesa si considera la fede di Pietro, manifestata nell’atto della confessione. In Occidente, si considera la persona di Pietro, al quale Gesù ha partecipato il suo potere e la sua autorità.
Il termine ekklēsìa (ἐκκλησία) appare nei vangeli solo in Matteo (qui e in 18,17). Deriva da ek + kalèō, cioè “chiamare fuori da”, quindi alla lettera significa “assemblea” e presume l’ebraico qāhāl. In ebraico, l’espressione “l’assemblea di YHWH” indica la schiera dei fedeli alla fine dei tempi.
Gesù affida a Pietro un’autorità, mentre nel libro dell’Apocalisse è il Risorto a possedere le chiavi della morte. Il discepolo non è investito, quindi, di un’autorità assoluta, ma relativa al regno presente, in cui Dio già è operante. Se lo sfondo di questa autorità è la figura di Eliakìm (Is 22,22), il potere di Pietro sarebbe quello di “aprire e chiudere” – cioè consentire – l’accesso al Regno, per esempio facendo discepoli mediante la predicazione. Nella Bibbia le chiavi sono anche un simbolo della conoscenza, non solo del potere. Secondo le parole di Gesù, tuttavia, si tratta del potere di “legare e sciogliere”.
Il verbo deî (δεῖ) significa “dovere, essere necessario”, Matteo lo riprende da Marco 8,31 e lo utilizzerà di nuovo nel Getsemani (26,54: così deve avvenire). Il destino di sofferenza e morte che Gesù annuncia non è il frutto di un capriccio divino, ma di una volontà misteriosa eppure paterna. Accogliendola Gesù mostra un modo di essere Messia diverso da quello atteso, e per questo in entrambi i casi questo “dovere” non è compreso.
Dalla precedente traduzione del v. 23 si poteva capire che Gesù allontanasse Pietro da sé, invece lo invita ad andare dietro (opisō, ὀπίσω) di lui: “dietro” Gesù è il posto del discepolo, che Pietro ha abbandonato per mettersi davanti, divenendo così un ostacolo, un inciampo, una pietra di “scandalo” rispetto al progetto del Padre. Dunque Pietro viene redarguito per essere confermato nella sequela. Proprio come tutti coloro che, nel v. 24, vogliono andare “dietro” Gesù.
Commento alla Liturgia
Giovedì della XVIII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
Ger 31,31-34
31Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore -, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. 32Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. 33Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. 34Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: "Conoscete il Signore", perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato".
Salmo Responsoriale
Dal Sal 50(51)
R. Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno. R.
Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.
Vangelo
Mt 16,13-23
13Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: "La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". 14Risposero: "Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". 15Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". 16Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". 17E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. 21Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai". 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!".
Note
Approfondimenti
Alla lettera, il testo dice “le porte dell’Ade”, un’espressione semitica che il lettore di Matteo doveva conoscere, sebbene difficile da definire perché l’evangelista la usa solo due volte (qui e in 11,23). Le porte sono metonimia per “città”, perché nell’antichità abbattere le porte significava aver conquistato la città, e quindi simboleggiano l’intero regno dei morti.
Il greco “hadēs” (ᾅδης) traduce nella Settanta l’ebraico “še’ôl” e indica solo una parte degli inferi, senza identificarsi con essi: un luogo indistinto per tutti i defunti, un luogo solo per i destinati alla risurrezione, un luogo dove sono puniti i malvagi, un luogo dei morti e di quanto sta sotto terra contrapposto al regno dei viventi sulla terra.
L’espressione “legare e sciogliere” è un’endiadi che non si trova nella Settanta, ma solo nella letteratura rabbinica. Tuttavia, ritorna nel cap. 18 di Matteo, a indicare un potere conferito a tutta la comunità. Nella storia dell’interpretazione, sono state avanzate 5 ipotesi principali sulla natura di questo potere:
1. Un potere di esorcismo;
2. Il potere dei rabbi di sciogliere dai voti;
3. Il potere di perdonare e non perdonare;
4. Il potere di infliggere o togliere una scomunica;
5. Il potere degli scribi di interpretare la Torah, stabilendo le azioni proibite e quelle lecite.
L’interpretazione prevalente per questo versetto è quest’ultima, quella di un potere dottrinale, didattico, secondo la nuova ermeneutica di Gesù: la carità fraterna, la “giustizia più grande”.
Da dentro
Tre testi di rara bellezza che accompagnano spesso il cammino del credente nel suo pellegrinaggio di fede: Geremia, Davide e Gesù… infine Pietro. Sembra che ci siano tutti e, cosa ancora più essenziale, al livello più importante: quello del cuore. Nel salmo responsoriale ripetiamo ancora una volta le parole di Davide, che sono la preghiera di ogni uomo e donna con un minimo di consapevolezza:
«Crea in me, o Dio un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Sal 50,12).
Ripetendo la preghiera di Davide in uno dei momenti più difficili e significativi del suo percorso di uomo, di credente e di re, siamo invitati non solo a chiedere la purificazione del nostro cuore e della nostra vita intera ma a impetrarla come rafforzamento del nostro essere persone. Nessuna purezza angelicata, dis-incarnata o de-storicizzata. Al contrario, siamo di fronte a una santità che affonda le sue radici nel reale concreto e si eleva al di sopra di ogni tentazione di ripiegamento o – peggio ancora – di “impettimento” spirituale. La preghiera di Davide è come la regola sempre «nuova» (Ger 31,31) del nostro rapportarci al desiderio di Dio:
«porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore» (Ger 31,33).
Un versetto sicuramente conosciuto, ruminato e particolarmente amato dal Signore Gesù. Questo versetto di Geremia è uno dei capisaldi del rinnovamento spirituale in seno a Israele, di cui il Signore Gesù fu dapprima discepolo e poi insigne e autorevole maestro. L’eterno conflitto tra religione esteriore, fatta di pratiche e di convenzioni, e vita di fede interiore, tutta centrata sull’adesione del cuore a un Dio che si comporta come uno sposo amante di ogni sua creatura… è sempre sotto i nostri occhi e nelle intime pieghe della nostra intima ricerca spirituale. Un raggio di questo conflitto lo possiamo cogliere nella domanda che il Signore Gesù pone ai suoi discepoli a «Cesarea di Filippo» (Mt 16,13). Una domanda che lo stesso «Maestro e Signore» (Gv 13,13) pone, in realtà, ai suoi discepoli-amici per comprendere se stesso e abbracciare fino in fondo la sua vocazione e la sua missione. Alla prima domanda circa quello che dice «la gente» (16,13) segue una domanda assai più impegnativa:
«Voi chi dite che io sia?» (Mt 16,15).
Il Signore ha bisogno di una risposta che venga “da dentro”, dal cuore dei suoi discepoli e che sia il frutto della loro esperienza di intimità. La risposta di Pietro è importante e fondamentale, non perché “dogmaticamente” esatta, ma perché spontanea, immediata, di cuore: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (16,16). Si potrebbe parafrasare senza tradire: “Tu sei tutto!”.
Con il linguaggio dei nostri giovani si potrebbe trascrivere: “Sei grande” e con ancora più effetto “Sei un Mito”. Su «questa pietra» (16,18) si fonda la Chiesa! Sono queste le «chiavi del regno» (16,19) con cui possiamo aprire tutto e mettere così a disposizione dell’umanità la totalità dei doni di Dio per ogni uomo e donna: la nostra adesione di cuore e la nostra risposta da dentro al mistero di Gesù come rivelazione di Dio. Naturalmente, come per Pietro, anche per ciascuno di noi, dopo questo passo di adesione “di cuore”, è necessario fare un altro passo, quello di accettare tutte le conseguenze dell’intimità, imparando a pensare «secondo Dio» e non «secondo gli uomini» (16,23). Non basta «riconoscere il Signore» (Ger 31,34), bisogna anche imitare il Signore, cominciando a pensare con il cuore senza timore e «apertamente» (Mt 16,21).
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