L’espressione greca (τί ἡμῖν καὶ σοί) è idiomatica: «Che c’è in comune tra noi?», oppure «Perché ci dai noia?». Questa forma ha un’origine semitica, anche se è entrata nel greco del tempo di Gesù. La sua equivalente nell’Antico Testamento ha solitamente due significati.
- Quando una persona è ingiustamente infastidita da un’altra, la parte offesa può usarla per dire «Cosa ti ho fatto per meritarmi questo trattamento da parte tua?» (cf. Gdc 11,12; 2Cr 35, 21; 1Re 17,18).
- Quando qualcuno viene coinvolto in una faccenda che non avverte come pertinente alle sue responsabilità, può usarla per dire «Questi sono affari tuoi, che cosa c’entro io?» (2Re 3,13; Os 14,8).
La prima sfumatura implica ostilità, la seconda solo la volontà di non rimanere coinvolto in una situazione.
Commento alla Liturgia
Martedì della XXII settimana di Tempo Ordinario
Prima lettura
1Cor 2,10b-16
10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. 12Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. 13Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. 14Ma l'uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. 15L'uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. 16Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 144(145)
R. Giusto è il Signore in tutte le sue vie.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. R.
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. R.
Vangelo
Lc 4,31-37
31Poi scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. 32Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. 33Nella sinagoga c'era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: 34"Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". 35Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!". E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. 36Tutti furono presi da timore e si dicevano l'un l'altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?". 37E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
Approfondimenti
L’espressione greca (τί ἡμῖν καὶ σοί) è idiomatica: «Che c’è in comune tra noi?», oppure «Perché ci dai noia?». Questa forma ha un’origine semitica, anche se è entrata nel greco del tempo di Gesù. La sua equivalente nell’Antico Testamento ha solitamente due significati.
La prima sfumatura implica ostilità, la seconda solo la volontà di non rimanere coinvolto in una situazione.
Profondità
Nel Vangelo di Luca, di cui abbiamo cominciato la lettura corsiva annuale, siamo catapultati da una sinagoga all’altra, da quella di Nazaret, in cui le cose per il Signore Gesù non sono andate poi così bene, a quella di Cafarnao, in cui sembrano andare persino peggio. Se a Nazaret sono i compagni di gioco del Signore Gesù a oscillare tremendamente tra l’ammirazione e il rifiuto, a Cafarnao le cose si fanno ancora più chiare e per certi aspetti definitive. In quest’ultimo caso, a prendere la parola è «un demonio impuro» che
«cominciò a gridare forte: “Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?» (Lc 4,34).
Il demonio sembra voler dare l’impressione di saperne molto più degli abitanti di Nazaret, che pure conoscono il Signore Gesù da sempre. Mentre a Nazaret si parla della famiglia di Gesù e di suo padre «Giuseppe», qui si fa riferimento, invece, alla sua origine divina: «Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Sembra di poter dire che, paradossalmente, il Maligno ne sa più di tutti.
Sì, sembra che il demonio ne sappia di più e non si sbaglia affatto sull’identità essenziale e profonda del Signore Gesù, eppure non basta sapere se non si è disposti a lasciarsi cambiare profondamente dalla presenza di Cristo. Non basta poter definire se non ci si lascia toccare fino a stravolgere talmente le cose da arrivare a considerare la presenza salvifica e “graziante” del Signore Gesù come un pericolo di essere rovinati. Paolo sembra reagire a questo scontro tra il principio di grazia, reso presente dalla sola presenza di Gesù in mezzo a noi, e quel principio di sospettoso veleno che anima il modo maligno di ammorbare ogni cosa con la paura di essere rovinato dall’amore e di essere scomodato dalle sue logiche schiavizzanti che tengono prigionieri, fino a rendere innocui, il bene e il meglio che pure ci abitano. L’apostolo sembra dire: No! Non è il demonio a conoscere le dinamiche e i processi della grazia, ma è «lo Spirito» che «conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio» (1Cor 2,10).
È proprio vero che «l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio» tanto che «esse sono follia» (2,14). Siamo solo all’inizio del ministero profetico del Signore Gesù, eppure è già chiarissimo lo scontro tra due logiche che non potranno mai incontrarsi: quella della grazia che salva, e quella del sospetto, della paura e della vergogna che rovinano. Eppure, il demonio sembra dire proprio il contrario. Quando Luca ci dice che Gesù
«scese a Cafarnao… e insegnava» (Lc 4,31)
non ci dà una notizia superficiale che riguarda gli spostamenti del Signore, ma ci rivela il senso profondo e ultimo della sua missione in mezzo a noi e a nostro favore: scendere tra di noi fino a condividere la nostra stessa condizione, aiutandoci così a comprendere il mistero della vita che radica nello stesso mistero di Dio con una «profondità» completamente nuova e, per molti aspetti, inedita. Eppure, lo sappiamo, vivere in profondità non è mai una cosa comoda, anche perché esige e comporta di lasciarci zittire in tutto ciò che, nel nostro cuore, continua a blaterare e spesso e volentieri rischia di dire le cose al contrario per lasciarci uguali e superficiali.
Cerca nei commenti