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Con i termini “taglia”, “pota”, “puri”, assistiamo in greco a un gioco di parole, fatto di verbi composti e di assonanze: àirō (αἴρω), nel senso di “togliere via, eliminare”; kathàirō (καθαίρω), qui nel senso di “rimuovere il superfluo”, ma ha anche il significato di “pulire”; katharòs (καθαρός), che vuol dire genericamente “pulito” ma anche moralmente puro, cioè libero dal peccato. Sembra di poter essere puri per il solo ascolto di una Parola (lògon) e allo stesso tempo liberi di usare la parola, che così manifesta una sorprendente efficacia (cf. v. 7, hrēma).
Con i termini “taglia”, “pota”, “puri”, assistiamo in greco a un gioco di parole, fatto di verbi composti e di assonanze: àirō (αἴρω), nel senso di “togliere via, eliminare”; kathàirō (καθαίρω), qui nel senso di “rimuovere il superfluo”, ma ha anche il significato di “pulire”; katharòs (καθαρός), che vuol dire genericamente “pulito” ma anche moralmente puro, cioè libero dal peccato. Sembra di poter essere puri per il solo ascolto di una Parola (lògon) e allo stesso tempo liberi di usare la parola, che così manifesta una sorprendente efficacia (cf. v. 7, hrēma).
Con i termini “taglia”, “pota”, “puri”, assistiamo in greco a un gioco di parole, fatto di verbi composti e di assonanze: àirō (αἴρω), nel senso di “togliere via, eliminare”; kathàirō (καθαίρω), qui nel senso di “rimuovere il superfluo”, ma ha anche il significato di “pulire”; katharòs (καθαρός), che vuol dire genericamente “pulito” ma anche moralmente puro, cioè libero dal peccato. Sembra di poter essere puri per il solo ascolto di una Parola (lògon) e allo stesso tempo liberi di usare la parola, che così manifesta una sorprendente efficacia (cf. v. 7, hrēma).
Commento alla Liturgia
S. Brigida
Prima lettura
Gal 2,19-20
19In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, 20e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 33(34)
R. Benedirò il Signore in ogni tempo.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato. R.
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce. R.
L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia. R.
Temete il Signore, suoi santi:
nulla manca a coloro che lo temono.
I leoni sono miseri e affamati,
ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene. R.
Vangelo
Gv 15,1-8
1"Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Note
Approfondimenti
La vite (ampelos, ἄμπελος), insieme all’ulivo, fa parte della vegetazione della terra di Canaan e per il suo intrinseco valore assume nella Scrittura un forte significato simbolico: viene menzionata subito dopo il diluvio come indizio di vita nuova (Gen 9,20), e come primo frutto che gli Israeliti trovano al momento dell’ingresso nella terra promessa (Nm 13,23).
È anche immagine della Sapienza (Sir, 24,17) e metafora della sposa (Sal 128, 3; Ez 19,10; Ct 7,9-10; 8,12). La metafora della sposa viene applicata al rapporto tra Dio e Israele, la sposa che YHWH ha trapiantato dall’Egitto (Sal 80,9 e soprattutto gli scritti profetici, a cominciare da Os 10,1).
Nella stessa accezione simbolica la vigna compare spesso anche nei vangeli sinottici. Nel quarto vangelo, essa è applicata a Cristo, che si definisce “la vite, quella vera”. Non vi è alcuna contrapposizione tra Gesù – la vita autentica – e Israele – la vigna piantata e amata da Dio ma infedele – anzi la continuità tra la vigna Israele e la vite Cristo è confermata dal fatto che entrambe hanno il medesimo agricoltore: il Padre.
Tagli
Non abbiamo certamente bisogno del dono della fede per accorgerci di come la vita a volte opera dei tagli drastici che ci segnano in maniera indelebile. La grande domanda che dobbiamo porci però è quanto peso essi hanno nella nostra esistenza. Il Vangelo di oggi sembra voler rispondere proprio a questa domanda:
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”.
Gesù sembra dire che non c’è un modo per evitare “i tagli”; la fede non è un portafortuna che ci tiene lontani dalle sventure della vita. L’esperienza della fede è poter vivere “un taglio” con una finalità più grande: diventare più fecondi di quanto eravamo prima. Infatti certe volte prima di alcune cose che ci sono accadute vivevamo di apparenza, dando importanza a cose futili, ma dopo alcune esperienze forti e molto spesso drammatiche abbiamo smesso di dare importanza a certe cose inutili e abbiamo cominciato a vivere per ciò che conta. Certamente questo non è un meccanismo automatico: non basta soffrire per un taglio per dire che ciò porta un miglioramento. Delle volte certe cose ci portano a sperimentare un’autentica morte interiore perché non abbiamo nessun vero valido motivo per cui vivere. Incontrare Cristo significa incontrare un fondamento abbastanza grande da poter trasformare una perdita in una potatura. Ma anche questo è dono, non tecnica. E i doni si possono chiedere e attendere con molta umiltà.
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